Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 27158 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 27158 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a Torre del Greco il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza della Corte di assise di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 01/03/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe la Corte di assise di appello di Napoli, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la domanda formulata nell’interesse di NOME COGNOME e diretta ad ottenere l’accertamento della effettiva permanenza del reato associativo ex art. 416-bis cod. pen. di cui al capo A 1) della rubrica della sentenza di condanna emessa nei suoi confronti dalla Corte di appello di Napoli del 15 ottobre 2015 (divenuta irrevocabile il 17 ottobre 2017 e compresa sotto il n. 9 nel provvedimento di cumulo n. 693/2020 emesso dalla Procura generale presso la medesima Corte di appello in data 22 ottobre 2020) che lo aveva condannato alla pena di dieci anni per tale delitto, chiedendo che ne venisse dichiarata la cessazione al momento dell’ultimo arresto avvenuto il giorno 22 dicembre 2009, data dalla quale egli è detenuto senza soluzione di continuità.
La Corte distrettuale ha respinto la domanda in oggetto osservando che, tenuto conto del fatto che la contestazione era di tipo ‘aperto’ e di quanto emergeva dagli atti, si doveva ritenere che il vincolo associativo non era cessato al momento dell’arresto, ma piuttosto alla data del 18 giugno 2014 (data della sentenza di primo grado), come correttamente indicato nel provvedimento di cumulo.
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo RAGIONE_SOCIALE AVV_NOTAIO e NOME AVV_NOTAIO, ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico ed articolato motivo, di seguito riprodotto nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. c proc. pen., insistendo per l’annullamento del provvedimento impugnato.
Il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art.606, comma 1, lett. b) ed e), cod. proc. pen., l’inosservanza ed erronea applicazione RAGIONE_SOCIALE artt. 416-bis cod. pen. e 666 del codice di rito e la manifesta illogicità della motivazione, per avere ritenuto cessata la permanenza del reato associativo alla data della sentenza di primo grado e non già a quella dell’arresto; al riguardo osserva che il giudice dell’esecuzione ha erroneamente ritenuto che compete al condannato l’onere di allegazione di eventuali fatti interruttivi del vincolo associativo e ha escluso, in modo apodittico, che la detenzione non recide tale legame travisando, così, gli elementi ricavabili dalla sentenza di condanna.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato e, pertanto, deve essere respinto.
Deve anzitutto ricordarsi che nei reati permanenti in cui la contestazione sia effettuata nella forma cd. “aperta” o a “consumazione in atto”, senza indicazione
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della data di cessazione della condotta illecita, la regola processuale secondo cui permanenza si considera cessata con la pronuncia della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data, spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrarsi della condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale e all’imputato l’onere di allegazione di eventuali fatti interruttivi della partecipazione al sodalizio (Sez. 2, n. 37104 del 13/06/2023, Rv. 285414 – 01).
Inoltre, nella ipotesi di contestazione ‘aperta’ nel quale la sentenza non abbia precisato la cessazione della permanenza, la individuazione del momento della cessazione compete al giudice dell’esecuzione sulla base RAGIONE_SOCIALE elementi emersi, in primo luogo, in sede cognitiva (Sez. 1, n. 21928 del 17/03/2022, Rv. 283121 01).
Ciò posto si osserva che la Corte territoriale, con motivazione adeguata ed immune da vizi di natura logica, sulla base delle sentenze di primo e di secondo grado ha evidenziato che l’odierno ricorrente è stato, tra l’altro, riconosciuto colpevole e condannato (in via definitiva) per avere partecipato all’associazione RAGIONE_SOCIALE denominata RAGIONE_SOCIALE fino al maggio 2009 (capo A) e, successivamente, di avere promosso ed organizzato con altri il RAGIONE_SOCIALE, operante in Torre del Greco, nato dalla scissione avvenuta all’interno del RAGIONE_SOCIALE dei COGNOME, capeggiato da NOME COGNOME e NOME COGNOME, dei quali essi avevano organizzato un agguato omicidiario, materialmente eseguito dallo stesso NOME COGNOME e NOME COGNOME. A NOME COGNOME era contestato, altresì, di avere diretto assieme ad altri gli adepti, deliberando ed organizzando le azioni delittuose del sodalizio e comunque di averne stabilito ed attuato le strategie, in epoca prossima all’aprile-maggio 2009 con condotta perdurante (capo A/1).
Inoltre, sempre in modo non manifestamente illogico, la Corte territoriale ha evidenziato che la responsabilità rispetto ad entrambi i reati associativi era stata dimostrata dalle convergenti dichiarazioni di vari collaboratori di giustizia (NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME) e ha richiamato, in particolare, gli elementi sulla base dei quali la sentenza di secondo grado ha fondato il proprio giudizio circa la responsabilità del ricorrente in ordine ai reati associativi (pagg. 3 e 4 della ordinanza impugnata).
3.1. Pertanto, al contrario di quanto sostenuto nel ricorso, il giudice dell’esecuzione ha fornito concreti riferimenti dimostrativi dell’avvenuto approfondimento del contenuto delle sentenze di cognizione, accertative del reato associativo di cui si tratta e delle sue specifiche connotazioni rispetto alla durata della partecipazione di NOME COGNOME al RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘. In sostanza la Corte
di appello ha evidenziato che, tenuto della lunga militanza dell’odierno ricorrente nella camorra e di quanto emerso nella sentenza di condanna, non vi erano elementi che suggerivano una automatica cessazione della permanenza per il solo fatto dell’arresto.
3.2. Da ciò consegue che il ricorrente, pur lamentando la violazione di legge ed il vizio di motivazione, sollecita una non consentita lettura alternativa RAGIONE_SOCIALE elementi processuali, rispetto a quella coerentemente svolta dal giudice dell’esecuzione per ritenere cessata la permanenza del reato associativo alla data della sentenza di primo grado.
A quanto sopra deve aggiungersi che l’originaria istanza, depositata il giorno 6 settembre 2022, era priva di specifiche allegazioni contenendo unicamente la richiesta di accertare l’effettiva permanenza del vincolo associativo, senza aggiungere altro.
Il ricorso, pertanto, deve essere respinto con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 31 maggio 2024.