Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 36895 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 36895 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/10/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 20/06/2025 del Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dalla consigliera NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale del riesame di Roma, in accoglimento dell’appello del Pubblico Ministero, ha applicato a NOME COGNOME la misura degli arresti domiciliari con braccialetto elettronico per i reati di cui agli artt. 416, cod. pen. e 318 cod. pen.
NOME COGNOME, ispettore di pubblica sicurezza in servizio presso l’Ufficio Immigrazione della Questura di Roma, in concorso con NOME COGNOME, consulente presso un centro servizi di Roma, è stato individuato come partecipe di un’associazione a delinquere (composta anche da NOME, organizzatore, dalla moglie di questi e da altri indagati), associazione volta a procurare, a un numero indeterminato di cittadini egiziani non residenti in Paese
UE, permessi di soggiorno nel territorio dello Stato, in cambio di denaro. Sono stati individuati, in particolare, tre beneficiari di documentazione artefatta – relativa alla conoscenza della lingua italiana – con riferimento al reato di cui all’art. 5, comma 8-bis cit. d. Igs. n. 268 cit., reato ascritto ai concorrenti NOME e NOME COGNOME.
Al ricorrente, oltre al reato associativo, è contestato il reato di cui all’art. 31 cod. pen. perché, abusando della qualifica, indebitamente riceveva tramite NOME, che gli segnalava e sollecitava la trattazione di pratiche, denaro e altri oggetti per il buon esito delle pratiche pendenti presso l’ufficio.
2.Con i motivi di ricorso, sintetizzati ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc pen., COGNOME NOME denuncia:
2.1. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione sulla ritenuta sussistenza del reato associativo. Manca la prova della creazione di una struttura volta alla commissione di una serie indeterminata di reati e della consapevolezza del contributo del ricorrente / che aveva rapporti unicamente con l’NOME. Non vi è prova della consapevolezza del contributo di soggetti diversi da questi perché il ricorrente non intratteneva rapporti con altri coindagati e, in particolare, con lo COGNOME né prova del suo apporto a segmenti diversi dalle informazioni rilasciate in merito alla formazione dei documenti. Il contributo associativo viene ricostruito su quello di commissione di reati-fine in carenza di prove di elementi che riconducano alla stabilità del contributo e alla permanente affectio societatis;
2.2. violazione di legge (art. 318 cod. pen.) e vizio di motivazione sulla configurabilità del reato di corruzione. L’accusa è genericamente formulata, non essendo stati identificati beneficiari del rilascio dei permessi né individuate le somme corrisposte, genericamente indicate in cifre tra i 200 e i 600 euro;
2.3. violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) sulla ritenuta sussistenza di concrete e attuali esigenze cautelari per la distanza temporale tra l’emissione dell’ordinanza e i fatti cessati, al più tardi, all’inizio dell’anno 2024. Apodittico è riferimento alla esistenza di una rete di collusioni all’interno dell’Ufficio L’ordinanza impugnata non motiva, anche tenuto conto del tempo trascorso dai fatti, sull’occasione prossima favorevole alla reiterazione dei reati,
2.4. violazione di legge (art. 274 cod. proc. pen.) e vizio di motivazione sull’adeguatezza di misure diverse a realizzare le finalità di prevenzione, anche tenuto conto che, per ragioni di salute, l’indagato è assente dall’ufficio da oltre sei mesi.
Il Tribunale non ha esaminato la idoneità di misure diverse dagli arresti domiciliari a realizzare le finalità di prevenzione.
3.11 ricorso è stato trattato con procedura scritta, ai sensi dell’art. 611, comma 1-bis cod. proc. pen.
-CONSIDERATO IN DIRITTO
Sono fondati il primo e secondo motivo di ricorso che concernono la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza in relazione al reato associativo e al reato di corruzione per l’esercizio della funzione di cui all’art. 318 cod. pen., il che comporta l’assorbimento dei motivi di ricorso sul punto della sussistenza delle esigenze cautelari e sulla adeguatezza della misura disposta.
2.11 Tribunale ha richiamato il contenuto di alcune conversazioni intercettate, con le quali NOME si adoperava, con un proprio dipendente, per farsi rilasciare false attestazioni di cessioni di fabbricato (pag. 14), condotta ritenuta in linea con la denuncia di un cittadino egiziano che aveva sostenuto di essere stato costretto a rilasciare una falsa dichiarazione di cessione di immobile perché necessaria a NOME; le conversazioni e i messaggi si Il WhatsApp intercorsi tra NOME e COGNOME e, soprattutto, la documentazione sequestrata presso la pizzeria di cui NOME era proprietario, ovvero a bordo dell’auto a lui in uso e presso l’abitazione in quanto ritenuta variamente collegata alle procedure di rilascio di permessi di soggiorno.
Secondo l’ordinanza impugnata gli elementi acquisiti comprovano la creazione di un vero e proprio sistema organizzato da NOME per procurare a concittadini egiziani la falsa documentazione funzionale a ottenere il permesso di soggiorno servendosi dell’aiuto dello COGNOME, che falsificava la documentazione utile, e del COGNOME che assicurava il buon esito delle pratiche presso l’Ufficio Immigrazione.
Si tratta, tuttavia, di motivazione generica e inadeguata a dar conto della sussistenza della gravità indiziaria dei reati ascritti al ricorrente.
Elemento essenziale, ai fini della configurabilità del reato associativo di cui all’art. 416 cod. pen., è la esistenza di una struttura organizzata sovraordinata volta alla commissione di una serie indeterminata di reati, aspetto che rappresenta il pericolo per la sicurezza pubblica e giustifica, rispetto al mero accordo volto alla commissione di reati, la punibilità del reato associativo che, inoltre, deve essere connotato da stabilità nel tempo onde distinguerlo dalla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato, fattispecie in cui l’accordo criminoso è occasionale e limitato, in quanto diretto soltanto alla commissione di più reati determinati, ispirati da un unico disegno che li prevede tutti (Sez. 6, n. 36131 del 13/05/2014, Torchia, Rv. 260292 – 01).
Ai fini della configurabilità di un’associazione per delinquere, legittimamente il giudice può dedurre i requisiti della stabilità del vincolo associativo, e dell’indeterminatezza del programma criminoso dal susseguirsi ininterrotto, per un apprezzabile lasso di tempo, delle condotte integranti i reati fine ad opera di soggetti stabilmente collegati (tra le altre: Sez. 2, n. 53000 del 04/10/2016, Basso, Rv. 268540 – 01).
Dalla giurisprudenza della Cassazione emerge, dunque, che le condotte di partecipazione e promozione delle associazioni criminose possono essere provate attraverso i reati fine, sempre che le modalità con cui gli stessi vengono progettati e consumati, le relazioni tra i concorrenti, gli strumenti apprestati per la loro costituzione siano indicativi della sussistenza di una organizzazione stabile ed autonoma, dotata di una capacità progettuale che persiste anche “oltre” la consumazione dei reati-scopo.
3.L’ordinanza impugnata richiama del tutto genericamente, riportando l’elencazione del verbale di sequestro, la documentazione sequestrata, senza, tuttavia, individuare e descrivere il “giro” di affari dell’associazione ovvero l’esito di eventuali pratiche di rilascio di permessi seguite da NOME COGNOME, al quale è contestato il ruolo di organizzatore: sono riportate unicamente due conversazioni tra questi e COGNOME, nel corso delle quali i due si limitano a sollecitare, COGNOME, i pagamenti e l’NOME i permessi, risultanze inidonee a comprovare la sussistenza di un sistema organizzato e stabile nel tempo e, per quanto concerne il reato di corruzione per l’esercizio della funzione, le attività dell’indagato riconducibili al rilascio di permessi, che non sono neppure genericamente indicati.
Non soccorre a fini di prova del reato associativo, la contestazione dei reati cd. fine ascritti a NOME, trattandosi di tre episodi relativi a false dichiarazioni di conoscenza della lingua italiana, reati che non sono ascritti anche all’odierno ricorrente e ciò tanto più che a NOME non è contestato il reato di cui all’art. 318 cod. pen., ascritto solo al COGNOME, permessi il cui rilasci costituisce, in tesi, il vero scopo dell’associazione poiché i falsi si rivelano mero strumento per il conseguimento dei permessi di soggiorno.
In sostanza, la contestazione del reato associativo e di quello di cui all’art. 318 cod. pen. supplisce alla carenza della dimostrazione di specifiche condotte illecite relative all’indebito rilascio di permessi di soggiorno, accentrando l’attenzione della ricostruzione dell’interprete sul contenuto, non analizzato, della documentazione e sul contenuto dei messaggi ai quali non segue la ricostruzione di attività di ufficio riconducibili al COGNOME.
4.11 Tribunale, in sede di rinvio, facendo uso dei suoi poteri al riguardo, uniformandosi ai principi di diritto che si sono illustrati sulla configurabilità del reato associativo e sulla sussistenza del reato di corruzione per l’esercizio della funzione, dovrà, pertanto, riesaminare la sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza e, di conseguenza, la sussistenza del pericolo di reiterazione e adeguatezza della misura.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Roma.
Così deciso il 22 ottobre 2025
La Consigliera relatrice
Il Presidente