Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5931 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 5931 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 22/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Reggio Calabria il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza del 14/07/2023 del Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; udite le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procur generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo che il ricorso sia rigettato; uditi i difensori, AVV_NOTAIO e AVV_NOTAIO, che hanno concl chiedendo l’accoglimento dei motivi di ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe indicata, il Tribunale di Reggio Calab rigettava la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME avver l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calab del 13 marzo 2023 che gli aveva applicato la misura della custodia cautelare carcere in elazione ai reati di cui ai capi C) e C20).
In particolare, l’indagato era ritenuto gravemente indiziato della partecipazione ad una associazione dedita al narcotraffico e all’importazione, trasporto, detenzione e cessione di cocaina, aggravata per il numero di persone e per il metodo mafioso, con il ruolo di trasportatore della sostanza e di addetto al trasferimento di proventi illeciti; nonché del trasporto di una ingente quantità di cocaina.
Avverso la suddetta sentenza ordinanza hanno proposto ricorso per, cassazione i difensori dell’indagato, denunciando i , motivi di annullamento, di seguito sintetizzati conformemente al disposto dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Vizio di motivazione in relazione agli artt. 273 cod. proc. pen. e 74 d.lgs. n. 309 del 1990.
L’ordinanza impugnata è affetta da numerosi vizi motivazionali.
Tra gli elementi utilizzati per dimostrare la gravità indiziaria per il rea associativo vi sono anche la condanna del padre del ricorrente risalente a fatti commessi prima del 2010 e privi di incidenza nel caso in esame; il sequestro di denaro risalente all’agosto 2020, ancora in fase investigativa, il cui possesso il ricorrente aveva giustificato come lecito; nonché l’arresto operato nel novembre 2020 per un fatto per il quale il ricorrente è stato assolto in via definitiva co formula piena.
Residuava quindi soltanto, come elemento di valore indiziante, l’unico reatofine di cui al capo C20).
Peraltro, il Tribunale ha motivato la posizione del ricorrente insieme con quella del fratello NOME, considerando anche i capi allo stesso riferiti (C9 e C12): tale valutazione cumulativa ha reso la motivazione dell’ordinanza gravemente viziata.
Altro elemento illogico della motivazione è di aver basato la gravità indiziaria anche sull’uso di cripto telefonini (il cui solo possesso non è elemento dimostrativo della intraneità) e la consegna al ricorrente di somme ingenti (non è massima di esperienza che al corriere non intraneo non siano consegnate somme elevate).
Altra illogicità si rinviene nella utilizzazione della vicenda relativa al frate NOME: il Tribunale, pur dando atto che in sede di riesame era stata annullata la ordinanza nei suoi confronti, ha finito per richiamare quest’ultima condividendone le valutazioni.
Infine, l’ordinanza impugnata ha omesso di confrontarsi con la memoria difensiva, che è stata liquidata in modo generico e sbrigativo.
La difesa elenca inoltre tutti passaggi dell’ordinanza genetica che descrivevano gli elementi fattuali a carico del ricorrente.
L’errore in cui è incorso il Tribunale è di aver sovrapposto la mera attività di corriere, svolta in un breve arco di tempo (agosto-novembre 2020) e che aveva visto il ricorrente rapportarsi solo con NOME COGNOME e NOME COGNOME con la condotta associativa.
La occasionalità del ruolo svolto dal ricorrente era dimostrata dalla circostanza che dopo il suo arresto è stato subito rimpiazzato da altri corrieri e che l’attivit illecita del sodalizio è comunque continuata.
La difesa richiama i principi di legittimità in tema di prova della partecipazione ad un sodalizio criminoso (quanto alla natura del contributo, alla valenza dimostrativa delle condotte attuative del programma criminoso, all’affectio societatis).
2.2. Vizio di motivazione in relazione all’art. 275 cod. proc. pen.
Anche la parte dell’ordinanza impugnata dedicata alle esigenze cautelari è affetta da vizi motivazionali.
Il Tribunale ha commesso lo stesso errore denunciato poc’anzi, richiamando a supporto i reati-fine relativi alla posizione del fratello NOME NOME l’arresto per il qu il ricorrente è stato assolto in via definitiva.
Mancano quindi gli elementi da cui trarre la attualità e concretezza del pericolo di recidiva, considerato in particolare che i fatti contestati risalgono a tre an addietro la pronuncia del Tribunale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso va rigettato, risultando infondato e a tratti anche declinato con argomentazioni non consentite in sede di legittimità.
Quanto al primo motivo sulla gravità indiziaria della partecipazione del ricorrente al reato associativo, va osservato in primo luogo che le censure riguardanti la parte della motivazione relativa a circostanze – secondo la difesa neutre o non pertinenti, non si correlano con la utilizzazione delle stesse da parte del Tribunale solo al fine di descrivere il “contesto” (pag. 10) in cui veniva collocarsi l’attività illecita del ricorrente e non per desumere da essi autonomi elementi indizianti (così la intraneità del padre dei COGNOME alla cosca COGNOME RAGIONE_SOCIALE; la misura di prevenzione emessa nei suoi confronti con il sequestro dell’azienda amministrata dal ricorrente; il sequestro di un’ingente somma trovata in possesso di quest’ultimo nel corso di un controllo su strada).
Quanto in particolare all’arresto dei fratelli COGNOME per detenzione di cocaina, il Tribunale ha chiarito (pag. 35) che, al di là della assoluzione del ricorrente da concorso nella illecita detenzione dello stupefacente, l’episodio dell’arresto del
novembre 2020 aveva portato a far emergere l’uso da parte di costoro ed in particolare del ricorrente di cripto telefonini (erano stati sequestrati 8 telefonini cui due di messaggistica criptata e da una captazione era emerso che era proprio il ricorrente a detenerli, cfr. pag. 32 della ordinanza impugnata). Circostanza questa (l’uso di cripto telefonini da parte del ricorrente) confermata dalle indagini relative al presente procedimento.
In ordine poi alla dedotta commistione della posizione del ricorrente con quella del fratello NOME, trattata dal Tribunale nella medesima ordinanza impugnata, non si rinviene alcun vizio di motivazione, avendo il Tribunale prima esaminato i reatifine relativi a ciascun indagato (da pag. 10 a pag. 21) per poi esaminare il reato associativo avendo tenuto ben distinti i reati-fine rilevanti per ciascuna delle due posizioni.
Neppure risulta manifestamente illogica l’utilizzazione da parte del Tribunale di circostanze “sintomatiche” ai fini della dimostrazione del vincolo associativo ovvero che il ricorrente usasse cripto telefonini e che fosse depositario di somme ingenti da parte del sodalizio. Tali dati sono infatti elementi “certi” (in sens indiziario, nel senso che non sono verosimili o supposti), facenti parte del compendio investigativo, che il ricorrente, con metodo atomistico non consentito (tra tante, Sez. 1, n. 8863 del 18/11/2020, dep. 2021, Rv. 280605), mira a parcellizzare attribuendo ad essi o un’autonoma portata dimostrativa o una valenza meramente congetturale, quanto all’intrinseco significato probatorio.
Aspecifica è inoltre la censura relativa alla utilizzazione della vicenda relativa al fratello NOME: il Tribunale ha richiamato i passaggi dell’ordinanza cautelare relativa alla posizione del fratello (annullata per mancanza di gravi indizi nei confronti di quest’ultimo) per valorizzare alcune emergenze investigative che dimostravano l’intraneità del ricorrente.
Ancora, sono formulate in modo generico le censure di omessa o apparente considerazione della memoria difensiva, non avendo la difesa specificato quali questioni siano state preternnesse dall’ordinanza impugnata.
Quanto, infine, alle critiche avanzate sulla valutazione da parte del Tribunale della gravità indiziaria, va osservato che il ricorrente si limita a riportare i passag dell’ordinanza genetica che descrivevano gli elementi fattuali a carico del ricorrente, considerandole tout court inadeguate, e a reiterare meramente le censure difensive alle quali il Tribunale ha fornito una risposta che non appare viziata, tenuto conto dell’ambito del controllo riservato alla Corte di cassazione.
Va rammentato che il ricorso per cassazione per vizio di motivazione del provvedimento del tribunale del riesame in ordine alla consistenza dei gravi indizi di colpevolezza consente al giudice di legittimità, in relazione alla peculiare natura del giudizio ed ai limiti che ad esso ineriscono, la sola verifica delle censure inerenti
la adeguatezza delle ragioni addotte dal giudice di merito ai canoni della logica e ai principi di diritto che governano l’apprezzamento delle risultanze probatorie e non il controllo di quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000, Audino, Rv. 215828; Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, Rv. 276976).
Nel caso in esame, va considerato che le critiche del ricorrente, da un lato, si astraggono dalle risposte fornite dal Tribunale alle obiezioni difensive, e, dall’altro, finiscono per non , considerare realmente il ragionamento giustificativo del Tribunale, che non si limitava alla mera attività di corriere svolta dal ricorrente, ma valorizzava tutta una serie di circostanze indicative della consapevole partecipazione del ricorrente al sodalizio criminale, emergenti dalle captazioni.
Le captazioni aveva rivelato infatti come l’attività del ricorrente non si fosse limitata all’episodio di cui al capo C20), ma venisse ad inserirsi consapevolmente in una più stabile ed organizzata collaborazione (così i conteggi fatti dal ricorrente con il capo del sodalizio sui costi delle operazioni di trasporto, indicando gli introit previsti per i corrieri, per lui e per lo stesso capo; così l’uso da parte dei sodali dello stesso ricorrente di comunicare tra loro con cripto telefonini, utilizzando nickname noti solo ai sodali, su chat singole o di gruppo – queste ultime, dedicate alle varie operazioni-; così le modalità “collaudate” di trasporto, che risultavano già note al ricorrente e quindi sperimentate nel medesimo contesto organizzato; la continua messa a disposizione dei fratelli COGNOME in favore della consorteria; le circostanze successive all’arresto del ricorrente).
Quanto alle esigenze cautelari, va escluso che la valutazione delle posizioni dei fratelli COGNOME su tale punto abbia determinato carenze o vizi motivazionali, non avendo il Tribunale confuso le loro rispettive imputazioni.
Il Tribunale ha infatti, per comodità espositiva, effettuato un esame congiunto della pericolosità sociale dei predetti, risultando le loro posizioni sovrapponibili quanto agli elementi indicatori (la gravità dei fatti commessi, le modalità altamente professionali utilizzate, la capacità organizzativa, l’enormità dei volumi delle sostanze trattate, la negativa personalità degli indagati, gravati da plurimi precedenti penali), per poi appuntarsi su aspetti specifici riferiti (per come spiegato nelle pagine precedenti dell’ordinanza impugnata) ai singoli fratelli.
Parimenti, per come sopra precisato, non è censurabile in questa sede il richiamo alla vicenda dell’arresto per il quale il ricorrente è stato assolto in via definitiva.
A fronte della presunzione (relativa) di pericolosità sociale del ricorrente in ragione del titolo di reato per il quale è stata applicata la misura custodiale (art.
275, comma 3 cod. proc. pen.), va inoltre ribadito che il giudice che applica o che conferma la misura cautelare non ha un obbligo di dimostrazione “in positivo” della ricorrenza dei “pericula libertatis”, ma soltanto di apprezzamento delle ragioni di esclusione, eventualmente evidenziate dalla parte o direttamente evincibili dagli atti, tali da smentire, nel caso concreto, l’effetto della presunzione. Tra gli elementi distonici rispetto alla presunzione di attualità, la giurisprudenza di legittimità ha indicato non il mero decorso del tempo ma la presenza di un rilevante arco temporale privo di ulteriori condotte dell’indagato sintomatiche di perdurante pericolosità, potendo lo stesso rientrare tra gli “elementi dai quali risulti che non sussistono esigenze cautelari”, cui si riferisce lo stesso art. 275, comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 6, n. 31587 del 30/05/2023, Rv. 285272).
Nella specie, la ordinanza impugnata non presenta criticità al riguardo, non potendosi ritenere il tempo trascorso di per sé significativo se parametrato alla gravità della condotta a (Sez. 5, n. 36891 del 23/10/2020, Rv. 280471).
Ne consegue il complessivo rigetto del ricorso, con condanna del ricorrente alle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 22/12/2023.