Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2368 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2368 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 07/11/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOME nato a Cosenza il 16/02/1987
avverso l’ordinanza del 04/06/2024 del Tribunale del riesame di Catanzaro udita la relazione svolta dal Presidente NOME COGNOME;
sentite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiarare l’inammissibilità del ricorso.
Udito l’avv. NOME COGNOME sostituto dell’avv. NOME COGNOME che chiede l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 04/06/2024 il Tribunale di Catanzaro ha confermato in sede di riesame quella del G.i.p. del Tribunale di Catanzaro in data 17/04/2024, con cui è stata applicata a NOME COGNOME la misura cautelare della custodia in carcere per i reati di partecipazione a sodalizio dedito al narcotraffico (capo 1) di detenzione e spaccio di stupefacenti (capo 166).
Ha proposto ricorso COGNOME tramite il suo difensore.
2.1. Con il primo motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 292, comma 2, lett. c), 309, comma 9, 125, 273 e 274 cod. proc. pen.
Deduce che erroneamente il Tribunale aveva disatteso l’eccezione difensiva incentrata sulla mancanza di autonoma motivazione dell’ordinanza genetica, frutto di operazioni di copia-incolla e redatta in un lasso di tempo troppo breve a fronte di una assai ponderosa richiesta di emissione della misura.
Gli argomenti esposti costituivano riproduzione integrale del provvedimento da cui l’ordinanza traeva origine, seguendo il medesimo iter logico-argomentativo, ripetendo identici passaggi, come attestato dal confronto di determinate pagine dell’ordinanza e di corrispondenti pagine dell’istanza del P.m., contenendo identiche espressioni linguistiche, riproponendo nello stesso ordine e con i medesimi commenti i contributi dei collaboratori di giustizia e gli stessi argomenti alla base sia della ravvisata partecipazione del ricorrente all’associazione per delinquere sia dell’attribuzione di condotte di detenzione e spaccio di stupefacenti.
Relativamente alle esigenze cautelari era stata formulata una valutazione di carattere generale, quando al ricorrente erano addebitate due sole condotte riferite al periodo dal 29 dicembre 2020 al 10 febbraio 2021.
Il Tribunale in sede di riesame aveva cercato di colmare i vuoti dell’ordinanza genetica, seguendo la medesima impostazione, pur avendo dato conto dell’utilizzo della tecnica della motivazione per incorporazione, e valorizzando le diverse conclusioni raggiunte dal G.i.p. in relazione a taluni indagati, profilo tuttavia ritenuto inconferente dalla giurisprudenza, che richieste comunque un effettivo vaglio degli elementi di fatto decisivi.
Quanto alla riproposizione di locuzioni verbali, reputate irrilevanti dal Tribunale, avrebbe dovuto ritenersi invece che le stesse potessero costituire elemento sintomatico ai fini della prova della mancanza di autonoma valutazione.
2.2. Con il secondo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 74 d.P.R. 309 del 1990 e 273 cod. proc. pen.
Erroneamente era stata ravvisata l’aggravante di cui all’art. 416-bis .1 in relazione alla finalità agevolativa, in assenza della comprovata esistenza del sodalizio mafioso.
Quanto alla configurabilità dell’associazione dedita al narcotraffico, non avrebbe potuto considerarsi bastevole la pluralità di reati, in assenza della verifica dell’accordo tra i sodali e dell’ affectio societatis , essendo emerso semmai che COGNOME si recava a casa di COGNOME per acquistare sostanze stupefacenti per uso personale, in mancanza di elementi univoci a sostegno dell’assunto della stabile partecipazione del ricorrente con il ruolo di spacciatore per conto del gruppo confederato Illuminato.
Non erano stati forniti elementi attestanti lo stabile inserimento nel sodalizio e il fattivo contributo del ricorrente, al di là dei rapporti con il solo NOME COGNOME e di condotte riferite ad un ristretto lasso temporale.
Indebitamente era stata esclusa la rilevanza dell’episodio rubricato come tentato omicidio in danno di COGNOME NOME, che si inscriveva nel quadro di criticità insorte nel rapporto tra NOME COGNOME e NOME COGNOME e la famiglia di NOME COGNOME ed era stata omessa la valutazione della già richiamata attività di indagine nell’ambito del procedimento 1703/2020.
2.3. Con il terzo motivo denuncia violazione di legge in relazione agli artt. 73 d.P.R. 309 del 1990 e 273 cod. proc. pen.
Le condotte di detenzione e spaccio di stupefacenti erano state addebitate al ricorrente senza considerare le numerose discrasie tra l’orario in cui NOME si recava da NOME e il momento in cui avveniva l’intercettazione della conversazione ritenuta rilevante, discrasie (rilevante in dieci casi) tali da far escludere che il ricorrente fosse presente al momento della conversazione.
Sul punto il Tribunale aveva formulato una valutazione inidonea a superare la criticità rilevata, dovendosi dunque ritenere che non vi fossero elementi idonei all’identificazione del ricorrente quale soggetto che si riforniva in funzione di un ulteriore spaccio, fermo restando che era mancata l’indicazione della qualità e quantità dello stupefacente movimentato e che semmai avrebbe potuto configurarsi la fattispecie di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. 309 del 1990, indebitamente esclusa.
2.4. Con il quarto motivo denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in relazione agli artt. 73 e 74 d.P.R. 309 del 1990 e 274 cod. proc. pen.
Le condotte erano risalenti nel tempo, ciò rendeva evidente la contraddittorietà della motivazione.
Il tempo trascorso avrebbe dovuto valutarsi anche a fronte della presunzione di cui all’art. 275, comma 3, cod. proc. pen., non registrandosi condotte diverse e successive rispetto a quanto desumibile dalle conversazioni intercettate, indebitamente valorizzate, in assenza dell’attualità delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato quanto assenza di gravità degli indizi a carico del ricorrente per il reato associativo e quanto alla necessità di rivalutare le esigenze cautelari.
Il primo motivo di ricorso è generico.
In tema di impugnazioni avverso i provvedimenti cautelari personali, il ricorrente per cassazione che ne denunci la nullità per omessa valutazione autonoma delle esigenze cautelari e/o dei gravi indizi di colpevolezza ha l’onere di indicare gli aspetti della motivazione in relazione ai quali detta omissione abbia impedito apprezzamenti di segno contrario e di rilevanza tale da condurre a conclusioni diverse da quelle adottate, non potendosi limitare ad un’analisi dei provvedimenti di tipo meramente formale (Sez. 1, n. 46447 del 16/10/2019, COGNOME, Rv. 277496; Sez. 1, n. 333 del 28/11/2018, COGNOME, Rv. 274760). Peraltro, in presenza di un’eccezione non sorretta da siffatte indicazioni specifiche, il tribunale del riesame, nel rigettarla, non è tenuto a fornire una motivazione
più articolata e ad indicare specificamente le pagine ed i passaggi del provvedimento impugnato in cui rinvenire detta autonoma valutazione (Sez. 2, n. 42333 del 12/09/2019, COGNOME, Rv. 278001).
Nello specifico è sufficiente osservare, allora, che la doglianza in rassegna è di natura essenzialmente formale, non essendo con essa indicato alcun dato probatorio od argomento difensivo che, se adeguatamente valutato, avrebbe potuto condurre ad un differente esito del giudizio.
2.1. Il terzo motivo, che riguarda la responsabilità per il reato di cui all’art. 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, è infondato. Il Tribunale del riesame offre una esposizione dettagliata e coerente degli elementi a carico per dimostrare il « prolungato rapporto affaristico intercorso tra NOME e NOME NOME, in virtù del quale quest’ultimo cedeva al primo plurimi e differenti quantitativi di sostanza stupefacente di varia tipologia e quantità », in particolare valorizzando quanto risultante dalle intercettazioni di conversazioni e dal monitoraggio video che consentiva di registrare gli accessi dell’indagato alla residenza di COGNOME. A fronte di tale motivazione il ricorrente chiede che questa Corte consideri delle parziali discrasie che, non escludendo con immediatezza la logicità complessiva della ricostruzione dei fatti, potrebbero rilevare solo a seguito di un apprezzamento di merito che, però, non può essere effettuato in sede di legittimità. Parimenti logica, e non sindacabile, è la motivazione che, basandosi sugli elementi di fatto acquisiti, ricostruisce la complessiva portata dell’attività di spaccio in modo da escludere allo stato la ipotesi ‘lieve’ dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309.
È invece fondato il terzo motivo.
Va premesso che la affermazione generale del tribunale secondo il quale, poiché « non esiste attività di narcotraffico nell’hinterland cosentino collocabile al di fuori del sistema nel quale si innesta associazione contestata al capo 1 », tutti i soggetti che operano nel settore della zona sarebbero perciò solo associati, è priva di valore probatorio in sé in quanto è la mera valorizzazione di generici giudizi di collaboratori. Invero, è la stessa ordinanza che confuta la tesi della affiliazione di qualsiasi spacciatore di zona poiché afferma che coloro che lavorano al di fuori del cd- sistema sono destinatari di atti ritorsivi e vendicativi, la qual cosa smentisce la facile scorciatoia probatoria che qualsiasi soggetto che operi nel settore degli stupefacenti sia ‘d’accordo’ con associati. In ogni caso, poiché la tesi è che sia imposto agli spacciatori di zona l’obbligo di rifornimento presso il dato gruppo criminale, la mera condotta di rifornirsi attraverso tale canale di fornitura non è certo di per sé sola la prova della condivisione di un programma criminale associativo.
Quindi, tale affermazione generale tutt’al più può rendere plausibile la lettura di altri elementi, ma considerata isolatamente è un dato equivoco rispetto a quanto necessario per provare la affiliazione del singolo.
L’ordinanza, per quanto riguarda la posizione specifica del ricorrente, si limita ad una mera congettura: al fatto che egli abbia frequenti rapporti di fornitura con COGNOME « non può attribuirsi altro significato se non quello di denotare lo stabile asservimento delle parti alle esigenze di spaccio della organizzazione investigata ». Invero, gli unici elementi alla base di tale affermazione sono i frequenti acquisti di droga da COGNOME per poi rivenderla, mentre mancano del tutto indizi per dimostrare che la relazione sia con il gruppo in quanto tale e che comunque il ricorrente abbia un rapporto di fornitura indicativo di un impegno reciproco a contrattare, impegno senza il quale non può ipotizzarsi un comune programma di reiterazione indeterminata di reati fine (si veda Sez. 6, n. 28252 del 06/04/2017 rv. 270564 ‘L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti va individuato nel carattere stabile dell’accordo criminoso, e, quindi nella presenza di un reciproco impegno alla commissione di una pluralità di reati. (In motivazione la S.C. ha precisato che non può ritenersi integrato il reato associativo per il solo fatto della frequente commissione di reati da parte degli stessi soggetti nel diverso ruolo di acquirente e venditore, essendo invece necessario che tale reiterazione si collochi nell’ambito dell’esecuzione del programma associativo di commissione di una serie indeterminata di reati’).
In definitiva, nell’ordinanza impugnata non è rappresentato alcun elemento che dimostri che il ricorrente svolgesse il ruolo di spacciatore al minuto per conto del gruppo. Non lo prova sicuramente il fatto che in una conversazione si rilevi l’«l’uso del plurale nell’indicare la comune dedizione all’attività di cessione di narcotici», generico appiglio utilizzato al di fuori di un serio contesto probatorio.
Accolto il motivo in relazione alla responsabilità per il reato associativo, va necessariamente accolto il quarto motivo dovendo essere rivalutate le esigenze cautelari all’esito della decisione adottata in sede di rinvio.
Va quindi disposto annullamento con rinvio per nuovo giudizio sulla gravità indiziaria per il solo reato associativo e rivalutazione delle esigenze cautelari.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Catanzaro competente ai sensi dell’art. 309, co. 7, c.p.p. Manda alla cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Roma, così deciso il 7 novembre 2024