Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 9441 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 9441 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Foggia il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 09/08/2023 del Tribunale del riesame di Bari letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Il difensore di NOME COGNOME ricorre per l’annullamento dell’ordinanza indicata in epigrafe con la quale il Tribunale del riesame di Bari ha confermato quella emessa il 13 luglio 2023 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Foggia, che aveva applicato all’indagato la misura custodiale per i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. n. 309 del 90, entrambi aggravati dall’art 416 bis. 1 cod. pen. e rispettivamente contestati al capo 1) e 42) dell’imputazione provvisoria, per avere partecipato dal 25 maggio 2017 al 19 dicembre 2019 all’associazione finalizzata allo spaccio di cocaina nella città di
Foggia, promossa e diretta dai vertici della cosca mafiosa denominata “RAGIONE_SOCIALE“, con il ruolo di spacciare i quantitativi di cocaina mensilmente affidatigli nonché di avere ricevuto mensilmente, in epoca precedente al gennaio e fino al marzo 2018, da COGNOME NOME e COGNOME NOME 50 grammi di cocaina al prezzo di 50-55 euro al grammo e di averli ceduti ai clienti nelle piazze di spaccio di Foggia, al fine di agevolare il sodalizio mafioso denominato “RAGIONE_SOCIALE.
Il ricorso si articola in quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo si denuncia la violazione di legge e plurimi vizi della motivazione in relazione all’elemento soggettivo del reato associativo.
Nel contesto di imposizione e di asservimento al “sistema”, descritto nell’ordinanza, non può ritenersi spontanea e volontaria l’adesione del ricorrente e inesistente la possibilità di rifiuto del ricorrente, la cui partecipazio all’associazione non può essere desunta dalia reiterazione delle forniture, non avendo l’indagato scelto di aderire, ma essendo stato costretto ad agire per non incorrere in ritorsioni o conseguenze per la propria incolumità, come confermato dai collaboratori di giustizia COGNOME e COGNOME NOME.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la violazione dell’art. 192 cod. proc. pen. e vizi della motivazione per non avere il Tribunale motivato sulla rilevanza e significatività delle dichiarazioni del COGNOME, risalenti e ferme al “sistema” vigente sino al 2015-2016, con la conseguenza che le sue dichiarazioni si collocano al di fuori del periodo di operatività dell’associazione (da gennaio 2017) e non possono valere come riscontro dell’impostazione accusat:oria relativamente alla condotta dell’indagato collocata nel 2018. Segnala, inoltre, che il COGNOME inizialmente non riconosce l’indagato e lo indica con il nome di NOME, poi sostiene di essersi confuso e lo indica come colui al quale avrebbe portato 5-6 volte sostanza stupefacente, senza alcuna collocazione temporale dei fatti. Evidenzia anche l’omessa motivazione sulla attendibilità intrinseca ed estrinseca dei dichiaranti e l’assenza di riscontri, e la mancanza di prova delle cessioni mensili contestate.
2.3. Con il terzo motivo si deduce la violazione di legge e la mancanza di motivazione relativa all’aggravante dell’agevolazione mafiosa.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia la erronea applicazione della legge e mancanza di motivazione in relazione alla possibilità che le esigenze cautelari possano essere tutelate con misura diversa da quella custodiale nonché il travisamento dei precedenti dell’indagato.
Il Tribunale non ha tenuto conto del tempo trascorso dai fatti, limitandosi a ritenere contestato sino all’attualità il reato associativo, senza però evidenziare alcun elemento indicativo della perdurante adesione associativa del ricorrente, le
cui condotte risalgono al marzo 2018; non ha considerato che í precedenti del ricorrente si riferiscono a fatti commessi nel 2008, 2010 e 2016, antecedenti alle conversazioni intercettate, e ha fatto riferimento ad una condanna per un reato commesso nel 2019 di cui non vi è traccia nel certificato penale; illogicamente non ha ritenuto indicativa di allontanamento dal gruppo la recente assunzione, in tal modo privando di rilevanza un elemento indicativo del percorso di risocializzazione intrapreso e l’assenza di attualità e concretezza delle esigenze cautelari.
CONSIDERATO :EN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché proposto per motivi solo formalmente consentiti, ma, in realtà, diretti a censurare la motivazione, sollecitando una rilettura del materiale probatorio, preclusa in questa sede, specie a fronte della esaustiva e lineare motivazione resa dal Tribunale.
E’, infatti, noto che in tema di misure cautelari personali, il ricorso per cassazione è ammissibile solo se denuncia la violazione di specifiche norme di legge o la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento, ma non anche quando propone censure che riguardano la ricostruzione dei fatti o che si risolvono in una diversa valutazione degli elementi esaminati dal giudice di merito. E ciò in quanto il controllo di legittimità non concerne né la ricostruzione dei fatti né l’apprezzamento del giudice di merito circa l’attenclibilità delle fonti la rilevanza e concludenza dei dati indiziari, onde sono inammissibili quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione di circostanze già esaminate dal giudice di merito (Sez. 2, n. 27866 del 17/06/2019, COGNOME, Rv. 276976; Sez. F, n. 47748 del 11/08/2014, COGNOME, Rv. 261400).
Manifestamente infondato è il primo motivo con il quale si denuncia l’assenza dell’elemento soggettivo del reato associativo in ragione del contesto svelato dalle conversazioni intercettate, dimostrativo, a parere della difesa, del metodo di controllo esercitato dai vertici dell’associazione sul territorio e sugl spacciatori, ai quali non era consentito di rifornirsi da canali alternativi senz incorrere in pesanti sanzioni.
Il motivo è meramente reiterativo e diretto a proporre una lettura riduttiva dei fatti e delle prove, senza alcun confronto con la motivazione resa dal Tribunale che ha correttamente respinto il tentativo difensivo di presentare il ricorrente come vittima del “sistema”, incapace di rifiutarsi e obbligato a sottostare, in quanto smentito dal comportamento tenuto e dalla compatibili97 della partecipazione associativa con l’esistenza di interessi contrapposti.
2.1. L’ordinanza dà atto che la prospettazione difensiva trova smentita nei colloqui intercettati tra i vertici dell’associazione, dai quali risulta ch ricorrente era inserito nell’organigramma associativo, asservito al più ampio e potente sodalizio mafioso, definito “RAGIONE_SOCIALE“; era detto NOME il cantante ed aveva come riferimento i COGNOME, essendo inserito nella lista dei venditori gestita dalla batteria Sinesi-COGNOME; era indicato come uno dei componenti della catena di distribuzione della sostanza stupefacente, tenuto a rispettare le regole di ingaggio, commercializzando i quantitativi mensilmente fornitigli, vendendoli al prezzo imposto di almeno 55 euro al grammo e consegnando i proventi ai sodali. Ma, soprattutto, la tesi è smentita dalla stessa libertà di azione del ricorrente, inserito nelle liste e conosciuto dai collaborator come spacciatore del “sistema” (pag. 35), ma capace di approvvigionarsi da fonti esterne. Peraltro, il ricorrente non era il solo ad aver tentato di recuperare spazi di autonomia per guadagnare in proprio, tant’è che proprio a causa del comportamento di alcuni “pusher” infedeli i vertici si erano determinati a riorganizzare il sistema di distribuzione, bloccando i rifornimenti ai sodali di livello superiore e facendosi consegnare le liste degli addetti allo smercio, dipendenti dal “sistema”, così da controllare in modo capillare la distribuzione, prima di affidare loro il doppio del quantitativo precedente.
Il ruolo del ricorrente emerge proprio in tale fase ovvero quando i vertici decidono di censire i dipendenti e fare un sondaggio degli introiti per controllare la rete dei venditori del “sistema”, smascherare gli infedeli e costringere tutti a rivolgersi al sodalizio, assicurando i guadagni (13 mila euro al mese su un kg di coca): decisione condivisa da COGNOME NOME, che consegnava la lista con l’indicazione dei quantitativi affidati a ciasc:uno, tra i quali risultavano i grammi al mese affidati al ricorrente.
Coerentemente COGNOME l’ordinanza COGNOME attribuisce COGNOME rilievo al COGNOME perdurare COGNOME della collaborazione anche dopo la fase di contrasto e di controllo e alla disponibilità del ricorrente ad accettare le nuove regole, oltre a rimarcare la risalente appartenenza al sodalizio, riferita dai collaboratori, e la conoscenza dei metodi di gestione del traffico di stupefacenti nella città di Foggia per assicurarsi i monopolio delle piazze di spaccio e il capillare controllo del territorio mediante una organizzazione articolata in squadre, tenute ad osservare regole rigide, a pena di pesanti ritorsioni per garantire il sostentamento dei partecipanti (gli stipendi mensili), che logicamente spiega il metodo di distribuzione di quantitativi mensili da cedere.
2.2. Come già detto, la tesi difensiva è stata correttamente disattesa dal Tribunale, che ha ritenuto insussistente l’asserito stato di necessità, non configurabile quando l’agente può sottrarsi alla violazione della legge, rivolgendosi all’autorità. Con argomentazione lineare e logica il Tribunale ha
spiegato che non era in alcun modo emersa una condizione di timore del ricorrente per la propria incolumità o la costrizione ad aderire al sodalizio più forte in quel momento storico in Foggia, al quale aveva deciso di associarsi per trarre vantaggio dall’attività di spaccio di stupefacenti nella consapevolezza della convergenza dei propri interessi e di quelli del gruppo verso lo stesso obiettivo (pag. 33).
2.3. Logicamente spiegata e rilevante per la ricaduta sull’elemento psicologico del reato associativo è la mancata incidenza dell’approvvigionamento da fonti esterne sul rapporto di collaborazione con il ricorrente, che non aveva subito conseguenze perché la sua capacità nell’attività di cessione era apprezzata dai vertici dell’associazione. A tal fine risulta emblematica la conversazione del 25 gennaio 2018 tra COGNOME NOME, COGNOME NOME e COGNOME NOME (pag. 15), nel corso della quale discutevano della possibilità di praticare un prezzo di favore (50 anziché 55 euro al grammo) per la cocaina affidata al ricorrente, cui acconsentiva l’COGNOME poiché lo COGNOME garantiva che il ricorrente assicurava la vendita di almeno 50 grammi al mese, trovando concorde il COGNOME, che conveniva dicendo che il “cantante” (soprannome del ricorrente) era capace di vendere anche 5 grammi al giorno per 150 grammi mese. E, a differenza di quanto sostenuto nel ricorso, le conversazioni intercettate provano la consegna di 50 grammi, avvenuta il 29 gennaio 2018 (pag. 16) e il conteggio degli introiti di 600 euro del ricorrente, completato a febbraio (pag.17).
Ne deriva che la prosecuzione della collaborazione e la continuità dell’attività di cessione correttamente sono state ritenute dimostrative della solidità e stabilità del vincolo associativo. L’ordinanza precisa, inoltre, in lin con l’orientamento di questa Corte, che non è di ostacolo alla configurabilità della partecipazione associativa la diversità degli scopi e degli utili che i singol partecipi, fornitori e acquirenti, si propongono di ottenere, trattandosi di interessi solo in apparenza confliggenti, essendo sufficiente il comune e durevole interesse alla realizzazione del programma criminoso e la consapevolezza che l’associazione è il mezzo che consente di realizzare il proprio interesse (Sez. 6, n. 22046 del 13/12/2018, dep.2019, COGNOME, Rv. 276068; Sez.3, n. 6871 del 08/07/2016, dep. 2017, COGNOME e altri, Rv. 269150).
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo relativo alle dichiarazioni dei collaboratori, la cui credibilità è stata riconosciuta dal Tribunale che ha dato atto (pag. 34) dell’apporto fornito dai dichiaranti, i quali avevano descritto le modalità di organizzazione del traffico di droga nel tempo nella città di Foggia e la sua connessione con il sodalizio mafioso detto “RAGIONE_SOCIALE“, e ne avevano indicato anche i componenti. Tali dichiarazioni, oltre a riscontrarsi
reciprocamente, avevano trovato riscontro nelle conversazioni intercettate, nel sequestro delle liste degli spacciatori e nei sequestri eseguiti nel corso delle indagini.
Il ricorso, oltre a non menzionare minimamente tali elementi di riscontro, non tiene conto della valutazione del Tribunale, che ha coerentemente ritenuto che, pur riferendosi a periodi precedenti all’avvio delle indagini, le dichiarazioni dei collaboratori si saldavano all’esito delle indagini successive, che documentavano la continuità dell’appartenenza associativa e del ruolo svolto dal ricorrente. Il COGNOME, infatti, lo aveva riconosciuto in foto, indicandone i soprannome e individuandolo come dipendente del “sistema”, mentre COGNOME NOME aveva riferito di aver effettuato personalmente consegne di cocaina nell’ordine di 100-150 grammi al ricorrente, inserito nella lista dei COGNOMEcompagine cui il dichiarante apparteneva-, come emerso dai colloqui intercettati. Risulta, quindi, giustificata la valutazione espressa circa gli elementi di conferma delle dichiarazioni emersi dalle intercettazioni e dal sequestro delle liste, dimostrativi della stabilità del ruolo del ricorrente sin da epoca risalente e della consapevole partecipazione all’associazione con accettazione del metodo di lavoro e delle condizioni imposte, atteso che i riferimenti ai quantitativi mensilmente affidatigli per la vendita, al fornitore di riferimento cui far capo, risultanti dalle intercettazioni, ne dimostrano la consapevolezza di essere inserito in un’organizzazione e del ruolo assegnatogli.
Ne deriva l’assoluta infondatezza del motivo, meramente oppositivo e basato su un’analisi parziale del compendio probatorio.
Analoga sorte spetta al terzo motivo, con il quale si denuncia l’omessa motivazione sull’aggravante della finalità di agevolazione mafiosa.
Sebbene sintetica, la motivazione è resa e ricavabile dal contesto descritto, dal risalente inserimento dell’indagato nel sodalizio e dalla consapevolezza della connessione dell’attività di spaccio con il più potente sodalizio mafioso operante in Foggia. Va, peraltro, osservato che la censura è inammissibile perché non sorretta da concreto interesse, atteso che la sua esclusione non determinerebbe alcun effetto favorevole per il ricorrente, non incidendo sul termine di durata della misura cautelare né sulla legittimità della misura (Sez. 2, n. 17366 del 21/12/2022, dep. 2023, Renna, Rv. 284489; Sez. 3, n. 20891 del 18/06/2020, COGNOME, Rv. 279508).
Anche l’ultimo motivo relativo alle esigenze cautelari è inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.
Il Tribunale non si è limitato a richiamare la doppia presunzione relativa prevista per i reati contestati, ma ha reso una motivazione completa e ampia,
dando conto dell’irrilevanza del tempo trascorso dai fatti, trattandosi di uno solo degli elementi valutabili ai fini della prognosi di reiterazione. Proprio in tema di associazione finalizzata al traffico di stupefacenti si è precisato che la prognosi di pericolosità non si rapporta soltanto all’operatività dell’associazione o alla data dei reati fine, ma è frutto di un giudizio complesso che ha riguardo alla possibile commissione di reati espressivi della medesima professionalità e dello stesso grado di inserimento nei circuiti criminali che caratterizzano l’associazione di appartenenza e postula, pertanto, una valutazione complessiva, nell’ambito della quale il tempo trascorso è solo uno degli elementi rilevanti, sicché la mera rescissione del vincolo non è di per sé idonea a far ritenere superata la presunzione relativa di attualità delle esigenze cautelari di cui all’art. 275 comma 3, cod. proc. pen. (Sez. 4, n. 3966 del 12/01/2021, FUSCO, Rv. 280243).
A tali coordinate si è attenuto il Tribunale che ha fondato la prognosi di recidiva su elementi oggettivi, quali le modalità dei fatti, la non occasionalità delle condotte, il risalente inserimento nell’associazione, ancor prima della nuova organizzazione raggiunta nel sodalizio mafioso, nonché sulla personalità dell’indagato, abile ed in grado di spacciare notevoli quantitativi di cocaina e perciò apprezzato dai vertici dell’associazione, capace di rifornirsi da canali esterni, ma di continuare a collaborare con l’associazione collegata al più pericoloso e potente sodalizio mafioso (pag. 44). Il mancato rilievo attribuito all’attività di lavoro, solo recentissima e di minimo impegno, risulta giustificato dal valore assorbente attribuito al profilo negativo del ricorrente- desunto dalle condotte descritte e dal risalente ruolo svolto nonché dai precedenti, benché risalenti-, ritenuto inidoneo a superare la presunzione di un persistente pericolo di recidiva e di adeguatezza esclusiva della misura custodiale.
All’inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma in favore della cassa delle ammende, equitativamente determinata in tremila euro.
P. Q. IM .
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso, 30 gennaio 2024
, Il consigliere estensore COGNOME