Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 11401 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 11401 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME, nato a Palermo il DATA_NASCITA
avverso la ordinanza in data 29.6.2023 del Tribunale di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 29.6.2023 il Tribunale di Palermo, adito in sede di appello cautelare, ha rigettato, confermando il provvedimento del GIP, la richiesta di sostituzione della misura della custodia cautelare in carcere con gli arresti domiciliari proposta da NOME COGNOME, gravemente indiziato del reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/1990 per aver diretto ed organizzato del sodalizio dedito al traffico di stupefacenti per conto dei vertici dell’RAGIONE_SOCIALE.
a
2. Avverso il suddetto provvedimento l’indagato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando un unico motivo con il quale contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 27 275, 284, 285 e 310 cod. proc. pen. e al vizio motivazionale, la mancanza di elementi di novità rispetto al quadro indiziario originario stanti le dichiarazion confessorie rese nell’interrogatorio, richiesto dall’imputato al momento della chiusura RAGIONE_SOCIALE indagini ex art. 415 bis cod. proc. pen., e la sentenza passata in giudicato con cui era stato condannato per le attività di coltivazione e detenzione, entrambe svolte in forma individuale in epoca coeva al reato associativo oggetto del presente procedimento, di 122 piante di cannabis ex art. 73 primo e quarto comma T.U. Stup.. Nel dedurre che solo nel momento in cui aveva avuto conoscenza RAGIONE_SOCIALE accuse mosse nei suoi confronti aveva potuto fornire la propria versione, censura la motivazione resa dal Tribunale secondo cui la suddetta condotta, potendo essere svolta parallelamente, non si pone in contraddizione con il ruolo di direzione e organizzazione della compagine associativa, osservando, al contrario, come la produzione e il commercio di droga non solo vanificasse l’appartenenza al sodalizio criminale dedito alla stessa attività di spaccio di sostanze stupefacenti, ma lo esponesse, per effetto della concorrenza a quest’ultimo, ad un serio pericolo per la propria incolumità in ragione RAGIONE_SOCIALE reazioni dei vertici del clan mafioso. Rileva che avendo lo stesso Tribunale affermato in sede di riesame della misura cautelare affermato che era stato il COGNOME quando l’COGNOME gli aveva offerto il suo aiuto a dichiarare “di preferire di vender hashish disincentivando l’uso della marijuana di cui falsamente diceva di non avere la disponibilità”, manifestamente illogica rispetto alla sua appartenenza al sodalizio risulterebbe una condotta volta a sottrarsi alle direttive impartite dei capi del mandamento di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE in ordine all’apertura di una piazza di spaccio e, addirittura, a celare loro la sua attività svolta in forma individuale: deve perci escludersi sulla base proprio di tali risultanze, in ciò sostanziandosi il nucleo centrale RAGIONE_SOCIALE doglianze difensive, la configurabilità del reato associativo, non supportato da indizi gravi e concordanti specie con riferimento all’elemento soggettivo. Censura, infine la mancanza di motivazione sulla richiesta subordinata, articolata con l’atto di appello, di sostituzione della misura custodiale, in corso da oltre un anno, con conseguenti ripercussioni sulla sua adeguatezza, con gli arresti domiciliari con il braccialetto elettronico presso la casa coniugale stante la disponibilità manifestata dalla moglie ad accoglierlo, certamente idonea a scongiurare il pericolo di spaccio di sostanze stupefacenti e di mantenimento dei rapporti con gli affiliati dell’RAGIONE_SOCIALE Corte di RAGIONE_SOCIALEzione – copia non ufficiale
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.
Premesso che il Tribunale, investito dell’appello avverso una misura cautelare personale, non è tenuto, in ragione dell’effetto devolutivo che informa tale mezzo di impugnazione e della natura autonoma del provvedimento impugnato, a riesaminare la sussistenza RAGIONE_SOCIALE condizioni legittimanti il provvedimento restrittivo, dovendosi limitare al controllo che l’ordinanza gravata sia giuridicamente corretta e adeguatamente motivata in ordine ad eventuali allegati nuovi fatti, preesistenti o sopravvenuti, idonei a modificare apprezzabilmente il quadro probatorio o a escludere la sussistenza di esigenze cautelari (Sez. 6, Sentenza n. 45826 del 27/10/2021- dep. 13/12/2021, COGNOME, Rv. 282292), deve in primis osservarsi come sia la stessa richiesta difensiva a porsi in stridente contraddizione con l’assunta insussistenza del quadro di gravità indiziaria posto a fondamento della misura coercitiva in corso. E’ infatti evidente che la richiesta di sostituzione della custodia in carcere con gli arresti domiciliari non contempli, in sé considerata, alcun mutamento dei gravi indizi di colpevolezza in cui invece si sostanziano gli assunti elementi di novità che, nella prospettiva difensiva, determinerebbero il venir meno del reato associativo su cui si fonda il provvedimento restrittivo della libertà personale oggetto della presente impugnazione e che, ove fossero tali, ne imporrebbero, per coerenza di ragionamento, indefettibilmente la revoca.
Sostenere che la versione resa in sede di interrogatorio ex art. 415 bis cod. proc. pen. in cui l’indagato, nel negare di aver mai collaborato con l’RAGIONE_SOCIALE nell’attività dispaccio di sostanze stupefacenti, ha dichiarato di aver coltivato in forma individuale un cospicuo numero di piante di marijuana il cui prodotto veniva da luì stesso rivenduto al dettaglio nella medesima piazza di spaccio controllata dal sodalizio criminoso, equivalga ad una confessione è affermazione che, al di là della sentenza di condanna che ha accertato con autorità di giudicato la suddetta attività criminosa, si appalesa in tutta la su inconsistenza sol che si consideri che è l’appartenenza all’RAGIONE_SOCIALE, peraltro in un ruolo immediatamente subalterno ai suoi vertici, il titolo in forza del quale è stata emessa la misura cautelare in contestazione.
Rilievo questo che rende intrinsecamente coerente la risposta del Tribunale del riesame, secondo cui i pretesi elementi di novità sono radicalmente inidonei a scalfire il giudicato cautelare formatosi in punto di gravità indiziaria, costituito dal dichiarazioni etero accusatorie del collaboratore di giustizia COGNOME, assistite da un quanto mai variegato compendio intercettativo, avendo costui indicato il COGNOME come il gestore per conto dei capi del sodalizio mafioso di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE della piazza di spaccio del quartiere del Capo, con espressa esclusione di una contraddizione logica tra l’attività di coltivazione e vendita al dettaglio di marijuana svolta in
individuale e quella di controllo della medesima piazza di spaccio per conto dell’RAGIONE_SOCIALE dedita anch’essa al traffico RAGIONE_SOCIALE sostanze stupefacenti, trattandosi di mansioni suscettibili di essere espletate contemporaneamente.
A fronte di tale congruente apparato motivazionale, venendo dai giudici palermitani passate nuovamente in rassegna le plurime risultanze investigative volte a delineare la intraneità dell’odierno ricorrente nella compagine associativa, non possono trovare ingresso nella presente sede di legittimità le doglianze difensive che, nel fornire una diversa lettura di talune interlocuzioni tra il COGNOME e l’COGNOME, si risolvono in contestazioni sullo spessore degli indizi, peraltr coperti dalla preclusione cautelare per essere stati i suddetti dialoghi già stati posti, in sede di riesame della misura coercitiva inframuraria, a fondamento del quadro di gravità indiziaria del reato ex art. 74 d.P.R. 309/1990. Invero, il fatto che lo svolgimento in parallelo da parte dell’indagato di un’attività lato sensu concorrenziale con quella della consorteria tale da esporre costui al rischio di un’azione ritorsiva da parte dei vertici che non avrebbero potuto tollerare ingerenze nel dominio della piazza di spaccio, si sostanzia in null’altro che in una considerazione che, seppur astrattamente plausibile, non solo non è supportata da alcuna evidenza processuale, ma è comunque inidonea a configurare una manifesta illogicità del provvedimento impugnato, la quale soltanto legittima il sindacato di questa Corte da cui fuoriescono quelle censure che, pur investendo formalmente la motivazione, si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione RAGIONE_SOCIALE circostanze già esaminate (Sez. U, n. 11 del 22/03/2000 – dep. 02/05/2000, Audino, Rv. 215828).
Di nessuna censura è pertanto passibile, come puntualmente osservato dal AVV_NOTAIO, l’ordinanza impugnata che ha rigettato la richiesta di sostituzione avendo evidenziato l’assenza di elementi di novità atti a modificare la misura carceraria in corso, tali non potendosi ritenere le dichiarazioni prive di valore confessorio rese dall’indagato alla conclusione RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari.
Né maggior consistenza riveste la contestazione in ordine alla mancanza di risposta specifica sugli arresti domiciliari con il presidio del braccialetto elettroni presso la casa coniugale e sulla conseguente inadeguatezza della misura della custodia inframuraria che si protrae da oltre un anno: è l’assenza di elementi di novità ad escludere la necessità di una motivazione specifica sul punto, restando fermo il principio secondo cui in presenza di reato associativo, tanto più a fronte di una contestazione aperta qual’è quella formulata nel procedimento in esame è solo la dimostrazione della rescissione dei legami con il sodalizio da parte dell’indagato a poter determinare l’affievolimento del periculum libertatis, profilo questo del tutto tralasciato dalla difesa.
Segue all’esito del ricorso l’onere RAGIONE_SOCIALE spese del procedimento, nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al
versamento di una somma, in favore della RAGIONE_SOCIALE, equitativamente fissata come in dispositivo.
Non comportando la presente decisione la rimessione in libertà del ricorrente, la cancelleria provvederà agli adempimenti di cui all’art. 94 disp. att. c.p.p., comma 1 ter.
P.Q.M.
Dichiara il ricorso inammissibile e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di €3.000 in favore della RAGIONE_SOCIALE. Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 11.1.2024