Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6332 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6332 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 13/12/2023
SENTENZA
Sui ricorsi proposti da
COGNOME NOME NOME NOME Gela il DATA_NASCITA
NOME COGNOME NOME a Gela il DATA_NASCITA
Avverso la sentenza resa il 13 dicembre 2022 dalla Corte di appello di Caltanissetta
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; SENTITE le conclusioni del Pubblico Ministero in persona del AVV_NOTAIO generale NOME AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto di entrambi i ricorsi e dell’avv.
NOME che ha insistito nei motivi di ricorso nell’interesse di NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Caltanissetta ha confermato la sentenza resa il 17 luglio 2019 dal Tribunale di Gela che aveva dichiarato la responsabilità di NOME COGNOME e di COGNOME NOME in ordine ai reati di partecipazione ad un’associazione a delinquere di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE denominata RAGIONE_SOCIALE nell’ambito di RAGIONE_SOCIALE e di attività di raccolta e smaltimento di rifiuti speci in assenza delle prescritte autorizzazioni, in concorso e rispettivamente loro contestati ai capi 1, 12 e 14.
2.Avverso detta sentenza hanno proposto ricorso i due imputati.
3.COGNOME NOME deduce:
3.1 Intervenuta prescrizione del reato associativo e violazione degli articoli 2 e 157 cod.pen. e 529 cod. proc.pen. per mancata dichiarazione di estinzione del reato. Osserva il ricorrente che il tempus commissi delicti del reato contestato al capo 1 è l’anno 2005 con condotta consumata anteriormente all’entrata in vigore della L. 5 dicembre 2005 n. 251. Ne consegue che il termine di prescrizione del reato, considerato il regime sanzioNOMErio e quello della prescrizione antecedenti alla novella del 2005, era già decorso alla data della sentenza di appello.
2.2 Vizio di motivazione in ordine alla valutazione dell’attendibilità intrinseca e dell credibilità dei collaboratori di giustizia che hanno reso dichiarazioni in ordine alll partecipazione di NOME COGNOME a detta associazione. La Corte territoriale ha fondato la propria decisione sulle plurime dichiarazioni accusatorie provenienti da diversi collaboratori di giustizia, tra cui COGNOMECOGNOMECOGNOMECOGNOME COGNOME COGNOME COGNOME non h considerato che quest’ultimo nutriva astio e risentimento nei confronti del COGNOME, per ragioni personali; che le deposizioni del COGNOME sono state smentite nell’ambito del medesimo procedimento penale dal Tribunale di Gela, che aveva assolto il COGNOME dalla contestazione di cui al capo 11 della imputazione relativa ad un’estorsione consumata avvalendosi della forza del vincolo associativo; che le stesse sono comunque risultate prive di riscontri.
Contraddittoriamente la Corte ha affermato che in ordine al reato associativo le dichiarazioni del COGNOME hanno trovato conferma in quelle degli altri collaboratori.
Lamenta inoltre che il collaboratore COGNOME ha riferito di aver appreso dal COGNOME che riceveva una quota sulle somme conseguite dalla vendita del materiale ferroso, così ponendo in essere una circolarità della prova poiché le sue dichiarazioni si fondano su informazioni rese dal COGNOME, il quale afferma di averle acquisite dal COGNOME.
Gli altri collaboratori si sono limitati a riferire solamente che il ricorrente faceva pa del gruppo RAGIONE_SOCIALE, quale nipote acquisito di NOME COGNOME. Alla luce di tutte queste lacune della prova dichiarativa, la motivazione della Corte appare manifestamente contraddittoria, nella parte in cui afferma che sussiste una granitica univocità probatoria a sostegno dell’affermazione di responsabilità per il reato associativo.
2.3 Violazione dell’articolo 192 cod. proc.pen. GLYPH in ordine alla valutazione delle dichiarazioni del collaboratore COGNOME NOME in relazione al reato, contestato al capo 12 della imputazione, di raccolta e smaltimento di rifiuti speciali, poiché la Corte ha fatto errata applicazione dei criteri di valutazione della prova in quanto le accuse del collaboratore avrebbero dovuto essere valutate unitamente ad altri elementi. La Corte si è limitata a rimandare integralmente alle motivazioni espresse dal Tribunale alle pagine 51 e 52 della sentenza di primo grado, ponendo a fondamento la dichiarazione del COGNOME priva di adeguato riscontro, poiché l’unico supporto a questa accusa è costituito dal riscontro offerto dalla moglie del COGNOME, la quale confermava che il marito si era occupato di raccolta di ferro dal 2009, anche se in autonomia.
2.4 Violazione dell’articolo 416 bis cod.pen. poiché il giudice ha riCOGNOME sussistenti gli elementi integrativi la fattispecie di partecipazione all’associazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con una motivazione del tutto sganciata dalle emergenze processuali, in quanto la condotta di partecipazione consiste in una stabile e organica compenetrazione con il tessuto organizzativo dell’associazione criminale, a nulla rilevando la considerazione che del soggetto hanno gli altri componenti l’associazione. Nel caso in esame le dichiarazioni dei vari collaboratori non offrono fatti specifici a sostegno della affermazione dell’appartenenza del COGNOME al gruppo RAGIONE_SOCIALE, ma si limitano a sottolineare il legame di parentela che lega il ricorrente a NOME COGNOME formulando sul punto accuse solo generiche.
2.5 Violazione dell’art. 649 cod. proc.pen. poiché COGNOME con l’atto di appello si doleva di essere già stato sottoposto nell’ambito di altro procedimento, ancora pendente dinanzi alla Corte di appello di Caltanissetta, a due distinte misure di custodia cautelare in carcere per il reato di associazione a delinquere di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Le relative ordinanze erano state annullate dal Tribunale del riesame di Caltanissetta, in ragione della acclarata insussistenza del reato associativo e il COGNOME veniva rinviato a giudizio e condanNOME solo ed esclusivamente per il delitto di furto aggravato. La Corte avrebbe pertanto dovuto dichiarare il ne bis in idem nel presente procedimento, in ragione del fatto che la contestazione del reato associativo riguardava lo stesso periodo di tempo, la stessa compagine, gli stessi componenti oggetto del giudizio espresso nel procedimento n. 2499/2004 RGNR.
2.6 Assenza della motivazione in ordine alla mancata declaratoria dell’ostacolo di precedente giudicato poiché la Corte si è limitata ad affermare che le sentenze irrevocabili richiamate dalla difesa si riferiscono soltanto parzialmente alla condotta illecita di cui all’art. 416 bis cod.pen. ascritta al COGNOME ed espressamente riferita all’anno 2005. Il giudice tuttavia non offre alcuna ulteriore specifica motivazione in ordine all’intervallo temporale di asserita consumazione del delitto di associazione da parte del COGNOME, che non sarebbe coperto dalle pronunzie emesse dal Tribunale di Caltanissetta in sede di riesame.
3.NOME COGNOME deduce:
3.1vizio di motivazione per totale assenza della stessa in ordine alla richiesta di dichiarazione di estinzione del reato per maturata prescrizione, formalmente avanzata in sede di conclusione. Il reato associativo, contestato come commesso nell’anno 2005, deve ritenersi estinto alla data della sentenza di appello.
3.2 Violazione di legge in relazione alla mancata dichiarazione di estinzione per intervenuta prescrizione poiché occorre tenere presente che all’epoca del fatto come contestato si applicava un regime sanzioNOMErio più favorevole all’imputato e che alla stregua della vecchia disciplina della prescrizione il reato deve ritenersi estinto. Infatt il delitto di partecipazione ad associazione di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nell’anno 2005 era punito
con la reclusione da tre a sei anni e da quattro a dieci anni per il caso di partecipazione ad associazione armata.
Detti limiti edittali sono stati inaspriti con la 1.5 dicembre 2005 n. 251, entrata in vigo dal 20 dicembre 2005, che indicava la pena della reclusione da 5 a 10 anni per l’associazione semplice e la reclusione da 7 a 15 anni per la partecipazione ad associazione armata, ma il Tribunale Di Gela riconosceva le circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante, sicché occorre fare riferimento al regime in vigore anteriore alla legge n. 251/2005, poiché dagli atti non emerge un qualsivoglia elemento che agganci la condotta associativa ad epoca successiva.
3.3 Vizio di motivazione con travisamento della prova poiché le affermazioni contenute nella sentenza di appello sono superficiali e svuotate di reale conCOGNOME critico in relazione alle ragioni di livore e astio del COGNOME nei confronti del COGNOME; al tenore delle accuse formulate dal COGNOME all’udienza del 22 Febbraio; alla valutazione delle dichiarazioni rese da NOME COGNOME; alla valutazione delle intercettazioni del 27 agosto 2011, in quanto si riferiscono ad un periodo diverso e successivo rispetto a quello del tempus commissi delicti e sono del tutto inutilizzabili quali elementi a carico dell’imputato, considerato che le intercettazioni sono state registrate nel 2011 e la contestazione si riferisce all’anno 2005. Osserva peraltro il ricorrente che dalle conversazioni intercettate non è possibile trarre alcun elemento significativo dell’appartenenza del COGNOME al sodalizio criminale.
3.4 Violazione dell’art. 416 bis cod.pen. con riferimento ai criteri di valutazione delle dichiarazioni rese dal collaboratore COGNOME in quanto mancano nel caso in esame precisione, coerenza, spontaneità e disinteresse in ordine ai contenuti della chiamata in correità.
3.5 Mancata assunzione di prove decisive chieste dalla difesa e in particolare l’esame del padre di NOME COGNOME e della sua convivente COGNOME NOME, rilevanti per verificare la genuinità del collaboratore, il quale si è macchiato di ulteriori reati anche i epoca successiva alla collaborazione e ha manCOGNOME contatti con il padre fino ad epoca recente e coeva al giudizio di primo grado
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.1 ricorsi sono entrambi inammissibili.
Si ritiene opportuno esaminare in questa prima parte generale le censure comuni ad entrambi i ricorsi, relative alla prescrizione e all’attendibilità intrinseca dei collaborat escussi.
1.1L’eccezione di prescrizione del reato associativo dedotta da entrambi i ricorrenti è manifestamente infondata.
E’ noto che in presenza di un reato permanente , la condotta si consuma con la sua conclusione per qualsiasi motivo, con la conseguenza che nell’ipotesi di condotta protrattasi unitariamente sotto l’imperio di due diverse leggi, l’ultima delle quali abbia aggravato il regime sanzioNOMErio del fatto, va applicata solo la disposizione vigente alla data della cessazione della permanenza e, per l’effetto, il più lungo termine di prescrizione. (Sez. 3, Sentenza n. 43597 del 09/09/2015 Ud. (dep. 29/10/2015 ) Rv. 265261 – 01)
Nel caso in esame la partecipazione al reato associativo è contestata come consumata nell’anno 2005 e deve pertanto ritenersi riferita all’intero anno 2005 e quindi sino al 31 dicembre 2005.
A quella data la disciplina sanzioNOMEria era già stata inasprita, con la 1.251/2005, e non emergono, né sono stati allegati dal ricorrente elementi per applicare il regime sanzioNOMErio meno grave in vigore sino all’8 dicembre 2005.
I ricorrenti non offrono elementi e spunti per sostenere l’assunto difensivo secondo cui la condotta associativa si sarebbe interrotta prima dell’entrata in vigore della novella, limitandosi ad affermare genericamente che non emergono circostanze di fatto tali che consentano di ritenere dimostrata la condotta associativa almeno sino al 31 dicembre 2005. Al riguardo va, di contro, osservato che entrambe le pronunzie affermano che dal compendio probatorio, costituito per lo più dalle dichiarazioni dei collaboratori, emerge l’adesione dei due imputati al sodalizio RAGIONE_SOCIALE per un tempo significativamente successivo all’epoca della contestazione, sino a dopo il 2010, sicchè in assenza di specifici elementi di fatto anche solo allegati dalla difesa, che consentano di dimostrare l’eventuale recesso dei due imputati prima della data contestata, e cioè prima del 31 dicembre 2005, deve ritenersi applicabile il nuovo regime sanzioNOMErio introdotto con 1.251/2005, nonché il nuovo regime in tema di prescrizione.
Anche la disciplina della prescrizione è stata modificata con la medesima novella e alla stregua della nuova normativa il reato di cui all’art. 416 bis cod.pen. si estingue in un termine non inferiore a trent’anni, a prescindere da eventuali interruzioni e sospensioni, ai sensi degli artt. 157 sesto comma e 160 terzo comma cod.pen., e non è ancora prescritto.
1.2 Le censure in ordine all’attendibilità intrinseca del collaboratore COGNOME sono manifestamente infondate e generiche poiché non si confrontano con l’articolata ed esaustiva motivazione resa dalla Corte che, pur dando atto di alcuni eccessi nel racconto del dichiarante, ha comunque valutato positivamente la complessiva attendibilità della chiamata in correità in quanto ha osservato che in occasione della sua nuova escussione in appello, COGNOME ha ribadito le accuse già formulate dinanzi al Tribunale, senza incertezze e contraddizioni e che le pretese ragioni di rancore, che in ipotesi potrebbero avere indotto il COGNOME a rendere dichiarazioni calunniose nei confronti di entrambi gli imputati, risultano generiche e non appaiono idonee ad inficiare il compendio probatorio acquisito, supportato da significativi riscontri. A ciò si aggiunga che il giudizio d
colpevolezza non si fonda esclusivamente sulle dichiarazioni del collaboratore COGNOME, su cui unicamente si appuntano le censure difensive.
2.RICORSO D’COGNOME
2.1 Le critiche mosse in ordine alla sussistenza di un sufficiente compendio probatorio a carico dell’imputato COGNOME in ordine al reato associativo sono state superate dalla Corte valorizzando le plurime e concordanti chiamate in correità dei collaboratori COGNOME, COGNOME e COGNOME, che hanno riferito di riconoscere NOME COGNOME come un soggetto facente parte del gruppo RAGIONE_SOCIALE; nonché dei collaboratori NOME COGNOME e NOME COGNOME, i quali hanno reso informazioni più particolareggiate al riguardo.
Va osservato che nessuna censura era stata mossa con l’atto di appello in ordine all’attendibilità intrinseca del dichiarante COGNOME, che la Corte ha comunque positivamente valutato, osservando che le dichiarazioni accusatorie del predetto in merito all’affiliazione del ricorrente sono state puntualmente riscontrate da tutte le convergenti dichiarazioni degli altri collaboratori, i quali hanno concordemente confermato l’appartenenza del COGNOME all’associazione criminale facente capo all’COGNOME, cui il ricorrente è legato anche da vincoli di affinità. Anche la presunta circolarità dell prova costituita dalle dichiarazioni del COGNOME viene proposta in modo generico e di fatto quasi incomprensibile e non è stata esplicitata con i motivi di gravame.
L’assenza di riferimenti a specifici episodi delittuosi non inficia il compendio probatorio poiché non è necessaria la prova dei reati fine per pervenire all’affermazione di responsabilità per il reato associativo, a fronte della dimostrata disponibilità del soggetto ad operare nell’interesse del sodalizio, che nel caso in esame è stata riferita da diverse fonti qualificate.
L’assoluzione dell’imputato dalla condotta estorsiva a lui contestata è stata provocata dalla mancata acquisizione di riscontri alle dichiarazioni accusatorie del collaboratore COGNOME su questa specifica condotta criminosa e non smentisce ed anzi conferma la correttezza dell’iter motivazionale seguito dalla Corte di Appello, la quale ha rispettato i criteri di valutazione previsti dall’articolo 192 cod. proc.pen.
Alla stregua della pluralità delle chiamate in correità, le censure difensive non appaiono idonee ad inficiare il robusto quadro probatorio e in sostanza invocano una diversa e non consentita valutazione delle prove dichiarative che sono state sottoposte ad adeguata verifica da parte dei giudici di merito.
2.2 La terza censura è inammissibile poiché non è stata dedotta con i motivi di appello con cui, in maniera piuttosto generica, la difesa si è limitata ad invocare l’assoluzione del COGNOME dal reato associativo e non ha formulato ragioni specifiche a sostegno dell’invocata assoluzione per il reato contestato al capo 12. La stessa è comunque manifestamente infondata poiché il tribunale ha valorizzato le dichiarazioni del COGNOME ma anche il riscontro individualizzante costituito dalla moglie del COGNOME.
2.3 La quinta e la sesta censura sono generiche poiché il ricorrente non allega neppure il tenore dei provvedimenti cautelari emessi nel corso di altro procedimento cui fa riferimento e non consente al collegio di apprezzare se effettivamente detti provvedimenti avessero valutato il medesimo compendio probatorio posto a sostegno del giudizio di colpevolezza. La censura è comunque manifestamente infondata in quanto la ritenuta inesistenza di gravi indizi di colpevolezza per il reato associativo nell’ambito delle fasi cautelari di altri procedimenti non può certamente costituire ostacolo ex art. 649 cod. proc.pen all’apertura di un nuovo giudizio e all’affermazione di responsabilità al suo esito.
La Corte ha peraltro reso sul punto sintetica motivazione, rilevando che le decisioni richiamate dalla difesa riguardano solo parzialmente l’arco temporale in cui si è consumata la partecipazione al sodalizio oggetto del presente giudizio e, a fronte di questa affermazione, il ricorrente non formula critiche specifiche né allega documenti che possano smentire tale assunto.
3.RICORSO NOME
3.1 I motivi in tema di prescrizione non superano il vaglio di ammissibilità per le ragioni già esplicitate nella parte generale.
3.2 Le censure in merito all’attendibilità intrinseca del collaboratore COGNOME sono generiche per le ragioni già evidenziate nella parte generale.
3.3 L’eccezione di omessa assunzione di prova decisiva ai fini del giudizio, formulata con il quinto motivo di ricorso presenta un primo profilo di inammissibilità, poiché non riproduce il conCOGNOME dell’istanza difensiva e dell’ordinanza dibattimentale che l’ha respinta, in aperta violazione del principio di autosufficienza del ricorso. Sotto un secondo profilo, non espone le ragioni per cui l’assunzione di tali testimonianze avrebbe avuto ricadute dirimenti sul giudizio di colpevolezza dell’imputato, considerato che la Corte nel valutare le dichiarazioni del collaboratore COGNOME COGNOME COGNOME in considerazione le possibili ragioni di astio nei confronti dell’imputato, valorizzando tuttavia gli element di riscontro acquisiti.
3.3 Le censure del ricorrente in ordine all’idoneità del compendio probatorio su cui si fonda il giudizio di colpevolezza per il reato associativo non sono consentite, poiché deducono violazioni di legge inesistenti e nella sostanza invocano una diversa valutazione del compendio probatorio, che la Corte di appello ha considerato nel rispetto dei canoni indicati dall’articolo 192 codice di rito, così introducendo critiche che esulano dal sindacato di questa Corte.
La censura è inoltre manifestamente infondata poiché entrambi i collaboratori riferiscono di fatti e condotte cadute sotto la loro diretta percezione o comunque apprese nell’ambito dei rapporti intercorsi con gli altri sodali e sintomatiche dell’inserimento del COGNOME nel sodalizio di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Senza dire che la corte ha valorizzato anche le dichiarazioni provenienti dal teste COGNOME, che ha riferito circa il notorio inserimento del COGNOME nel gruppo RAGIONE_SOCIALE.
La circostanza che gli elementi di riscontro si riferiscono a fatti successivi al periodo in cui viene contestata la condotta associativa non assume rilevanza dirimente poiché la Corte ha logicamente affermato che il persistente inserimento dell’imputato nel sodalizio criminoso in epoca successiva a quella indicata nel capo d’imputazione conferma le dichiarazioni dei collaboratori che lo hanno indicato come soggetto stabilmente inserito sin dai primi anni del 2000 e fino ad oltre il 2010 nel gruppo delinquenziale di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE facente capo all’COGNOME, che operava nel settore dell’usura e della raccolta del ferro.
4. L’inammissibilità di entrambi i ricorsi impone la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma che si ritiene congruo liquidare in euro 3000 per ciascuno in ragione del grado di colpa nella proposizione della impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della cassa delle ammende.
Roma 13 dicembre 2023