Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 34037 Anno 2025
RITENUTO IN FATTO Penale Sent. Sez. 4 Num. 34037 Anno 2025 Presidente: DOVERE SALVATORE
Relatore: NOME
1. Con la sentenza in epigrafe indicata, la Corte di appello di Bologna, in parziale riforma della pronuncia emessa il 14 febbraio 2023 dal locale Tribunale in esito a Data Udienza: 05/06/2025
giudizio abbreviato, esclusa l ‘ aggravante del numero di persone di cui al più grave reato associativo del capo AA), ha rideterminato la pena nei confronti di NOME, NOME, NOME e NOME, confermando l’ affermazione della loro responsabilità per i reati ascritti. Ritenuta la prevalenza delle già riconosciute circostanze attenuanti generiche sulla contestata recidiva, ha rideterminato la pena anche nei confronti di COGNOME NOME, confermando nel resto.
Nella ricostruzione operata dai Giudici di merito, l ‘ indagine, sviluppatasi mediante attività di intercettazione telefonica ed ambientale nonché mediante l’acquisizione dei tabulati telefonici, ha messo a fuoco un sodalizio dedito al traffico di stupefacenti, operante in particolare nella provincia di Reggio Emilia, oltre che nei territori di Carpi, Roncoferraro e Macerata, con rapporti anche con organizzazioni criminali estere, operative in Olanda, per il rifornimento di cocaina in quantitativi di circa 5 chilogrammi con frequenza mensile. I Giudici di merito hanno ritenuto sussistente la costituzione di una struttura permanente, dotata di un’organizzazione idonea al perseguimento del preordinato programma criminoso legato al narcotraffico, anche con l’estero. A riscontro dell’ipotesi accusatoria hanno individuato beni strumentali al servizio del sodalizio, quali un’idonea base logistica per la custodia dello stupefacente appena giunto dall’Olanda e, segnatamente, il casolare del NOME sito a Roncoferraro, le autovetture del gruppo con cui i sodali si sono recati innumerevoli volti in Olanda per rifornirsi dello stupefacente destinato alla loro attività di spaccio a vari livelli, nonché il collaudato know how precedentemente maturato grazie al quale era stato realizzato un costante modus operandi consistente nell’attivazione di nuove schede per ogni nuovo viaggio, nell’utilizzo delle medesime in modalità citofonica, nella progressione da e verso l’Olanda in modalità staffetta, negli squilli convenzionalmente stabiliti a favore del corriere per segnalarli il ‘ via libera ‘ . In punto di suddivisione dei ruoli tra i componenti del gruppo è stato evidenziato il ruolo di centro decisionale in capo al NOME, ravvisandosi un ruolo apicale anche nel COGNOME, alla stregua di un vero e proprio alter ego del primo, chiamato tra l’altro a sovrintendere personalmente a tutte le attività di importazione dello stupefacente anche con il compito di staffetta, alle volte accompagnato dal NOME; il ruolo del COGNOME era quello di corriere.
Avverso la sentenza di appello gli imputati hanno proposto ricorso per cassazione.
Il ricorso di NOME -imputato del reato associativo e di più reati fine, rispetto ai quali veniva assolto dai capi C) e T) -consta di tre motivi, con cui si deducono:
4.1. Difetto di motivazione e mancata dimostrazione della consapevole partecipazione dell’imputato al sodalizio criminoso. La condanna del l’imputato si baserebbe sull’utilizzo del suo casolare e sui contatti telefonici: elementi tutti che non dimostrerebbero, oltre ogni ragionevole dubbio, il suo coinvolgimento consapevole e stabile nel sodalizio, non essendo stati forniti riscontri oggettivi che lo ricolleghino ad un ruolo effettivo nell’organizzazione;
4.2. Ricostruzione non logica e contraddittoria. La precarietà economica del ricorrente sarebbe incompatibile con i profitti derivanti dall’associazione dedita al narcotraffico. Le argomentazioni contenute in sentenza, secondo cui dal magazzino in possesso dell’imputato venivano aspo rtati rotoli di cellophane nero di grosse dimensioni che servivano per confezionare lo stupefacente non avrebbe, secondo la difesa, trovato idonea giustificazione. Né vi sarebbe motivazione in ordine alla circostanza che nel casolare dell’imputato non sia stato rinvenuto alcun tipo di sostanza stupefacente. Alla medesima stregua, le conversazioni intercettate non sono state riscontrate oggettivamente;
4.3. Violazione dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., perché la Corte territoriale avrebbe basato la condanna dell’imputato su elementi indiziari deboli e privi di riscontri, in sostanza su mere presunzioni. La difesa sostiene che le conversazioni captate non forniscano indicazioni certe su un accordo criminoso o su una consapevole partecipazione del RAGIONE_SOCIALE all’associazione, avendo la Corte interpretato gli elementi a carico in modo univoco, ignorando la possibilità di spiegazioni alternative. Chiede poi a questa Corte di disporre una rivalutazione del trattamento sanzionatorio, che comprenda altresì il riconoscimento delle attenuanti generiche.
5. Il ricorso di RAGIONE_SOCIALE si fonda su tre motivi con cui si deducono:
5.1. Erronea applicazione dell’art. 1, comma 1 -bis , d.l. n. 132/2021 in punto di ritenuta utilizzabilità ed efficacia probatoria dei tabulati telefonici, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà al riguardo. La difesa ricorda di avere già contestato, nei motivi di appello, l’utilizzabilità dei tabulati telefonici relativi alle imputazioni da l capo B) al capo T), perché non corroborati dai necessari ulteriori elementi di prova, i quali non potevano trarsi, così come aveva fatto il Giudice di primo grado, in via analogica con il raffronto dei capi da U) a CC). La difesa ha esplicitato il rilievo sostenendo che che ‘gli altri elementi di prova’, volti a riscontrare i tabulati telefonici, debbano riferirsi a quella specifica imputazione, non potendosi utilizzare, al contrario, per il medesimo giudizio di colpevolezza, prove poste a sostegno di altre e diverse imputazioni, per di più riferite ad un ristrettissimo arco temporale rispetto ad imputazioni ricoprenti un
periodo temporale assai più lungo. Nel caso di specie, alla ricostruzione dei fatti avvenuta per più di un anno e mezzo sui soli tabulati telefonici (gennaio 2018 – maggio 2019), subentrava solo a partire dal 27 maggio 2019 (e sino all’ottobre 2019, termine del supposto sodalizio) la captazione telefonica ed ambientale, da cui sarebbero derivati i sequestri, le osservazioni di p.g. e gli arresti. La Corte di appello ricostruisce il giudizio di responsabilità dei capi da B) a T) solo sulla base delle prove relative ai capi da U) a CC), unici oggetto di diretto monitoraggio e, per l’appunto, riguardanti un ristrettissimo arco temporale, con ciò violando l’art 1, comma 1bis , d.l. n. 132/2021. Violazione di legge che si ripercuoterebbe non solo sul giudizio di responsabilità afferente ai capi da B) a T), ma anche, e soprattutto, sul giudizio di responsabilità per il reato associativo;
5.2. Mancanza di motivazione e violazione dell’art. 74 d.P.R. 309/90 in punto di sussistenza del reato associativo, nonché manifesta illogicità e contraddittorietà della motivazione in punto di ritenuta partecipazione del NOME al vincolo associativo. Al riguardo, il ricorso riporta i motivi di appello, per affermare come la Corte territoriale abbia omesso qualsivoglia specifica motivazione sulla sussistenza del reato associativo contestata dalla difesa. Gli elementi di prova addotti, infatti, possono essere rinvenuti in qualsiasi operazione illecita riguardante la fornitura di rilevanti partite di droga e non sono in grado di dimostrare specificamente l’esistenza del contesto associativo . Quanto al ruolo di partecipe del NOME, il Giudice di appello avrebbe totalmente trascurato le doglianze difensive. Vengono richiamati i profili di illogicità e contraddittorietà della sentenza sul punto, facendo altresì rinvio alle argomentazioni contenute nell’atto di appello;
5.3. Vio lazione dell’art. 133 cod. pen., con particolare riguard o alla ritenuta pena base e alla riduzione di pena operata ai sensi dell’art. 62 -bis cod. pen.; nonché relativo vizio di motivazione. Confermando la pena base, apprezzabilmente superiore al minimo edittale, la Corte di appello non ha tenuto conto delle argomentazioni difensive che evidenziavano la giovane età dell’imputato e la sua incensuratezza. Parimenti si dica con riguardo alle attenuanti generiche, rispetto alle quali la riduzione di pena non è stata piena.
6. Il ricorso di COGNOME consta di due motivi con cui si deducono:
6.1. Violazione degli artt. 69 e 99 cod. pen., nonché contraddittorietà della motivazione delle sentenze di merito. Nella determinazione del reato più grave, il Giudice di primo grado ha stabilito una pena base superiore al minimo edittale, con giudizio di equivalenza delle riconosciute attenuanti generiche con l’aggravante del numero di persone superiore a dieci. Al COGNOME, tuttavia, era stata contestata anche la recidiva. Nel motivare la pena base al di sopra del minimo edittale, il primo Giudice ha tenuto altresì conto della ‘ capacità a delinquere, desumibile anche dal grave reato
risultante dal suo casellario …’ , così di fatto computando, ai fini della determinazione della pena, anche la recidiva. Si tratterebbe di un errore, perché il giudizio di bilanciamento avrebbe dovuto involgere anche la recidiva, elidendola ed impedendone la valorizzazione nel determinare la pena in concreto. Se il Gup ha ritenuto di includere nel bilanciamento compiuto ex art. 69 cod. pen. anche la recidiva non avrebbe dovuto considerare il precedente penale dell’imputato: così facendo, avrebbe aggirato e disapplicato l’art. 69 cod. pen. La Corte di appello si sarebbe prodotta nel medesimo errore;
6.2. Violazione degli artt. 133 cod. pen. e 546 cod. proc. pen. per errata applicazione dell’art. 62 -bis cod. pen., nonché relativa mancanza di motivazione. La difesa lamenta che la riduzione di pena per le attenuanti generiche sia pressoché irrilevante, senza che sul punto sia stata fornita idonea motivazione. Non si sarebbe tenuta in adeguata considerazione la collaborazione dell’imputato con gli inquirenti .
Unico è l’atto di ricorso degli imputati NOME COGNOME e COGNOME COGNOME , i cui difensori articolano due motivi con cui deducono:
7.1. Vizio di motivazione e violazione di legge con riguardo alla mancata riqualificazione dell’associazione di cui all’art. 74 T.U. Stup., di cui al capo AA), in ipotesi di concorso ex art. 110 cod. pen. nei singoli reati scopo. La difesa contesta la valenza probatoria dei tabulati telefonici, ritenendo violato l’art. 1bis legge 178/2021. La doglianza è pressoché sovrapponibile a quella sviluppata dalla difesa COGNOME nel primo motivo di ricorso cui si fa rinvio. In aggiunta, i ricorrenti sostengono la fallacia del ragionamento esplicato dalla Corte territoriale laddove ha individuato un ulteriore elemento di prova nelle ammissioni del COGNOME e del COGNOME, ritenute pienamente dimostrative di un modus operandi integrante la fattispecie associativa contestata. I capi di imputazione, si afferma, sono stati redatti sulla base dei tabulati, senza che questi siano stati corroborati da ulteriori elementi di prova. Gli imputati hanno peraltro ammesso l’effettività delle importazioni ma non le modalità di queste né, tanto meno, l’ipotesi associativa contestata. Se i tabulati possono essere legittimamente utilizzati per la prova dei singoli reati fine, ciò non può dirsi per la prova del reato associativo;
7.2. Mancanza di motivazione in ordine all’individuazione della pena base e al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche nella loro massima estensione.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che i ricorsi siano dichiarati inammissibili.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono inammissibili.
2. Il ricorso di NOME, che investe unicamente il reato associativo, è inammissibile perché generico, in quanto fondato sugli stessi motivi proposti con l’appello, motivatamente respinti in secondo grado, nonché manifestamente infondato. Il ricorrente non si confronta affatto con le adeguate e logiche argomentazioni della Corte territoriale proponendo doglianze generiche. Quanto alla consapevole partecipazione dell’imputato al sodalizio in questione , la Corte di appello (p. 75 sent. app.), richiamata anche l’ordinanza di custodia cautelare, ha ricordato come l’imputato si sia stabilmente prestato alla custodia dello stupefacente importato mettendo a disposizione il proprio casolare di Roncoferraro, ove convergevano puntualmente, di ritorno dall’Olanda, i corrieri e la staffetta. Ha altresì rammentato come appaiano assolutamente univoci il tenore delle conversazioni intercettate e le immagini registrate dalle telecamere posizionate dalla p.g. all’esterno del casolare stesso. La sentenza impugnata ha richiamato, in particolare, la registrazione del 15 ottobre 2019, quando il COGNOME e il COGNOME, si recavano al casolare del NOME e ne uscivano portando con sé un rotolo di cellophane nero di grosse dimensioni, in tutto identico a quello adoperato per confezionare i 1200 grammi di cocaina di cui i due si approvvigionarono grazie all’intermediazione del COGNOME, il successivo 31 ottobre 2019. Ha poi ricordato l’intercettazione del 22 ottobre 2019, captata sull’auto di COGNOME, tra il NOME, il NOME e il COGNOME, nella quale i predetti parlavano in termini espliciti dei comuni affari illeciti connessi alla gestione del narcotraffico, conversazioni in cui il ricorrente partecipava a pieno titolo, tanto da essere definito dal COGNOME suo ‘ socio ‘ . Con motivazione non manifestamente illogica, la Corte territoriale ha reputato gli anzidetti elementi come deponenti per l’integrazione del contestato reato associativo e non come un’ipotesi di concorso di persone nel reato , in conformità all’insegnamento della giurisprudenza di legittimità secondo cui l’elemento differenziale tra la fattispecie associativa di cui all’art. 74 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 e quella del concorso di persone nel reato prevista agli artt. 110 cod. pen. e 73 del citato d.P.R. risiede nell’elemento organizzativo, consistendo la condotta associativa finalizzata al traffico di stupefacenti in un quid pluris rispetto al mero accordo di volontà, sostanziantesi nella predisposizione di una struttura organizzata stabile che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso (Sez. 4, n. 27517 del 12/04/2024, Rv. 286738; nello stesso senso anche Sez. 6, n. 17467 del 21/11/2018, dep. 2019, Rv. 275550, massimata nei seguenti termini: ‘ L’elemento aggiuntivo e distintivo del delitto di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, rispetto alla fattispecie del concorso di persone nel reato continuato di detenzione e spaccio di stupefacenti, va individuato non solo nel carattere dell’accordo criminoso, avente ad oggetto la commissione di una serie non preventivamente determinata di delitti e nella permanenza del vincolo associativo, ma
anche nell’esistenza di una organizzazione che consenta la realizzazione concreta del programma criminoso ‘ . In motivazione, la Corte ha precisato che il reato associativo richiede la predisposizione di mezzi concretamente finalizzati alla commissione dei delitti ed il contributo effettivo da parte dei singoli per il raggiungimento dello scopo, poiché, solo nel momento in cui diviene operativa e permanente la struttura organizzativa, si realizza la situazione antigiuridica che giustifica le gravi sanzioni previste per tale fattispecie). Ciò significa, sotto il profilo ontologico, che è sufficiente, perché il reato si perfezioni, anche un’organizzazione minima, dotata di strutture rudimentali, deducibili dalla predisposizione di mezzi, per il perseguimento del fine comune, create in modo da concretare un supporto stabile e duraturo alle singole deliberazioni criminose, con il contributo dei singoli associati e, sotto il profilo probatorio, che la ricerca dei tratti organizzativi è essenzialmente diretta a provare, attraverso tale dato sintomatico, l’esistenza dell’accordo indeterminato a commettere più delitti che di per sé concreta il reato associativo (cfr., ex plurimis , Sez. 6, n. 2394 del 12/10/2021, Rv. 282677; Sez. 2, n. 19146 del 20/02/2019, Rv. 275583; Sez. 6, n. 46301 del 30/10/2013, Rv. 258165; Sez. 2, n. 16540 del 27/03/2013, Rv. 255491; Sez. 4, n. 22824 del 21/04/2006, Rv. 234576). Il patto associativo, inoltre, non deve necessariamente consistere in un preventivo accordo formale esplicitamente manifestato, ma può essere anche non espresso e costituirsi “di fatto” fra soggetti consapevoli che le attività proprie e altrui ricevono vicendevole ausilio e tutte insieme contribuiscono all’attuazione dello scopo comune, con la conseguenza che, ferma restando l’autonomia rispetto ai reati (eventualmente) posti in essere in attuazione del programma, la prova in ordine al delitto associativo può desumersi anche dalle modalità esecutive dei reati scopo, specie se protratti per un tempo apprezzabile, ovvero da comportamenti significativi, che si concretino in un’attiva e stabile partecipazione (cfr. Sez. 2, n. 28868 del 02/07/2020, Rv. 279589).
Le generiche doglianze con cui si contesta l’interpretazione data dai Giudici di merito alle conversazioni captate introducono censure che non possono trovare ingresso nel giudizio di legittimità. È, del resto, noto il principio per cui, in materia di intercettazioni, costituisce questione di fatto, rimessa all’esclusiva competenza del giudice di merito, l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle conversazioni, il cui apprezzamento non può essere sindacato in sede di legittimità se non nei limiti della manifesta illogicità ed irragionevolezza della motivazione con cui esse sono recepite (Sez. 3, n. 44938 del 05/10/2021, Rv. 282337; Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Rv. 263715). La richiesta di rivalutazione del trattamento sanzionatorio non è consentita in sede di legittimità e non integra un vizio deducibile. Quanto alle circostanze attenuanti generiche esse sono già state riconosciute.
3. Il ricorso di NOME è inammissibile per aspecificità, in quanto si limita, nella sostanza, a riprodurre gli stessi motivi sviluppati in sede di appello, già adeguatamente confutati dalla Corte di merito. Questa Corte ha più volte affermato che è inammissibile, ai sensi del combinato disposto dell’art. 581, comma 1, lett. c), e art. 591, comma 1, lett. c), il ricorso per cassazione fondato, come nel caso in esame, su motivi che ripropongono acriticamente stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dai giudici del gravame, dovendosi gli stessi considerare non specifici, ed anzi, meramente apparenti, in quanto non assolvono la funzione tipica di critica puntuale avverso la sentenza oggetto di ricorso. La mancanza di specificità del motivo, infatti, deve essere apprezzata non solo per la sua genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato, senza cadere nel vizio di mancanza di specificità, conducente, a norma dell’art. 591, comma 1, lett. c) , cod. proc. pen., all’inammissibilità (Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013, COGNOME, Rv. 255568; così anche Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425).
In particolare, la questione, riproposta anche nel primo motivo dei ricorsi COGNOME e COGNOME, relativa alla inutilizzabilità dei tabulati telefonici, ha trovato una compiuta argomentazione da parte della Corte di appello (pp. 4, 5 e 6 sent. app.) che -richiamato il principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui in tema di acquisizione dei dati relativi al traffico telefonico e telematico, gli “altri elementi di prova” che, ai sensi della norma transitoria di cui all’art. 1, comma 1bis , d.l. 30 settembre 2021, n. 132, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 novembre 2021, n. 178, devono corroborare i cd. “dati esteriori” delle conversazioni, ai fini del giudizio di colpevolezza, possono essere di qualsiasi tipo e natura, in quanto non predeterminati nella specie e nella qualità, sicché possono ricomprendere non solo le prove storiche dirette, ma anche quelle indirette, legittimamente acquisite e idonee, anche sul piano della mera consequenzialità logica, a confortare il mezzo di prova ritenuto “ex lege” bisognoso di conferma (cfr., in motivazione, Sez. U, n. 20804 del 29/11/2012, dep. 2013, Aquilina; Sez. 4, n. 50102 del 05/12/2023, COGNOME NOME, Rv. 285469) – ha valorizzato gli ulteriori elementi, dotati di rilevante portata probatoria, che hanno corroborato i dati relativi al traffico telefonico e che sono costituiti da conversazioni captate in ambientale, dal monitoraggio del rapporto tra gli imputati, dalla prassi delle trasferte estere accertata mediante le attività di osservazione, dagli arresti degli indagati -tra i quali il ricorrente -operati in costanza di intercettazioni, e dalla piena ammissione di responsabilità sui singoli reati ex art. 73, comma 1, d.P.R. 309/90 dei due principali protagonisti COGNOME e COGNOME), dando conto di risultanze ampie ed articolate. É, pertanto, manifestamente infondato l’assunto difensivo secondo cui ‘ gli altri elementi di prova’, volti a riscontrare i tabulati telefonici, debbano riferirsi a quella
specifica imputazione, non potendosi utilizzare, per il medesimo giudizio di colpevolezza, prove poste a sostegno di altre e diverse imputazioni.
Il secondo motivo è tutto articolato in punto di fatto, oltre ad essere generico atteso che non si prendono affatto in esame le argomentazioni spese dalla Corte territoriale al riguardo (p. 86 sent. app.).
Quanto al trattamento sanzionatorio, rispetto al quale la censura di cui al terzo motivo di ricorso valorizza elementi del tutto generici, va ribadito che una specifica e dettagliata motivazione in ordine alla quantità di pena irrogata, specie in relazione alle diminuzioni o aumenti per circostanze, è necessaria soltanto se la pena sia di gran lunga superiore alla misura media di quella edittale, potendo altrimenti – come nella specie – essere sufficienti a dare conto dell’impiego dei criteri di cui all’art. 133 cod. pen. le espressioni del tipo: ‘pena congrua’, ‘pena equa’ o ‘congruo aumento’, come pure il richiamo alla gravità del reato o alla capacità a delinquere (tra le tante, Sez. 2, n. 36245 del 26/06/2009, Denaro, Rv. 245596). Giova peraltro ricordare che la determinazione della pena è naturalmente rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, sicché risulta incensurabile qualora, come nel caso di specie, sia sorretta da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive.
Parimenti inammissibile il ricorso del COGNOME. L’asserito contrasto tra la mancata applicazione della recidiva (circostanza, peraltro, favorevole al reo) e la considerazione, ai fini dell’individuazione della pena appropriata, della struttura di personalità del reo, desunta anche da quanto risulta a suo carico nel certificato del casellario giudiziale, è del tutto privo di fondamento giuridico. Quanto alla concreta determinazione della pena, la Corte territoriale ha adeguatamente e congruamente argomentat o in ordine secondo i criteri dettati dall’art. 133 c od. proc. pen., valorizzando la pervicacia dimostrata dal prevenuto nel perseguire i propri obiettivi criminali, anche dopo l’arresto del COGNOME e del COGNOME, «la straordinaria importanza» dell’apporto da lui fornito al sodalizio (avendo materialmente trasportato gli ingenti carichi di stupefacente provenienti dall’Olanda), la sua capacità a delinquere, desumibile anche dal grave reato risultante del casellario, commesso peraltro quando era un appartenente all’RAGIONE_SOCIALE.
Quanto ai ricorsi del COGNOME e del COGNOME, la Corte territoriale (pp. 73 e 74 sent. app.) ha puntualmente illustrato le ragioni dell’appartenenza degli imputati all’associazione, ne ha delineato i ruoli apicali, i compiti di coordinamento e di gestione degli associati e dell’attività, rispondendo congruamente alle doglianze proposte con gli atti di appello. Rispetto a tali argomentazioni i ricorsi non operano alcun confronto, così appalesandosi come aspecifici, e pertanto inammissibili, per le ragioni più sopra menzionate.
Si richiama, per le residue doglianze, quanto già specificato per i coimputati in ordine alla questione relativa ai tabulati telefonici e alla portata degli ‘altri elementi di prova’ nonché alla misura della riduzione della pena nell’applicazione delle cir costanze attenuanti generiche.
Alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi segue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila ciascuno in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 5 giugno 2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME