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Reato associativo: Cassazione conferma condanne

La Corte di Cassazione ha confermato le condanne per un gruppo di individui accusati di reato associativo finalizzato alla produzione e smercio di banconote false. La sentenza ha rigettato il ricorso del promotore dell’organizzazione e dichiarato inammissibili quelli degli altri partecipi. La Corte ha ribadito che, in presenza di una ‘doppia conforme’ (sentenze di primo e secondo grado che concordano sulla colpevolezza), non è possibile una nuova valutazione dei fatti in sede di legittimità, ma solo un controllo sulla corretta applicazione della legge. La decisione ha sottolineato la solidità del quadro probatorio che dimostrava l’esistenza di un sodalizio stabile e organizzato.

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Pubblicato il 22 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Associativo e Contraffazione: La Cassazione Conferma le Condanne

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 21871 del 2024, è tornata a pronunciarsi sul tema del reato associativo, confermando le condanne emesse dalla Corte d’Appello di Napoli nei confronti di un gruppo criminale dedito alla contraffazione di banconote. La decisione è di particolare interesse perché ribadisce i confini del sindacato di legittimità, specialmente in presenza di una cosiddetta “doppia conforme”, e chiarisce i requisiti per la configurabilità di un sodalizio criminale stabile.

I Fatti: Un Sodalizio Dedicato alla Falsificazione di Banconote

Il caso trae origine da un’indagine che ha smantellato un’organizzazione criminale operante nel napoletano, specializzata nella produzione, detenzione e smercio di banconote contraffatte. Le indagini hanno delineato una struttura ben definita, con a capo un soggetto identificato come ideatore, promotore e organizzatore, e diversi altri membri con ruoli di partecipi.

L’attività del gruppo includeva l’allestimento di stamperie clandestine e la fabbricazione di ingenti quantitativi di denaro falso. Le prove raccolte, tra cui intercettazioni, perizie e sequestri, hanno permesso ai giudici di primo e secondo grado di affermare la responsabilità penale degli imputati non solo per i singoli episodi di falsificazione, ma anche per il più grave reato associativo previsto dall’art. 416 del codice penale.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione lamentando diversi vizi. Le doglianze principali si concentravano su:

* Erronea applicazione della legge penale: Secondo le difese, le prove non dimostravano l’esistenza di un vincolo stabile e permanente, finalizzato a un programma criminoso indeterminato. Gli episodi contestati sarebbero stati frammentari e non riconducibili a un’unica matrice associativa.
* Vizio di motivazione: I ricorrenti sostenevano che le sentenze di merito avessero interpretato erroneamente le conversazioni intercettate e svalutato le prove a discarico, come le consulenze tecniche di parte.
* Mancato riconoscimento della continuazione: Uno degli imputati chiedeva di unificare i reati oggetto del presente processo con altri giudicati in una diversa sede, sostenendo l’esistenza di un medesimo disegno criminoso.
* Mancata concessione delle attenuanti generiche e eccessività della pena: Si contestava la severità del trattamento sanzionatorio e il diniego delle attenuanti.

La Configurazione del Reato Associativo secondo la Difesa

Il fulcro dei ricorsi risiedeva nella contestazione del reato associativo. Le difese hanno cercato di smontare l’impianto accusatorio, sostenendo che le attività illecite fossero gestite da singoli individui in maniera estemporanea e che mancasse la prova di una struttura organizzativa duratura, elemento indispensabile per la sussistenza del delitto di cui all’art. 416 c.p.

La Valutazione della Prova e la Continuazione dei Reati

Altro punto cardine era la critica alla valutazione del materiale probatorio. I ricorrenti offrivano una lettura alternativa delle intercettazioni e dei dati investigativi, cercando di dimostrare l’illogicità della motivazione dei giudici di merito. Tale approccio, tuttavia, si scontra con i limiti del giudizio di legittimità, che non consente una nuova analisi dei fatti.

Le Motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del promotore e dichiarato inammissibili tutti gli altri, fornendo motivazioni chiare e in linea con il suo consolidato orientamento. Il principio cardine richiamato è quello della “doppia conforme”. Quando i giudici di primo e secondo grado concordano nell’analisi e valutazione delle prove, la struttura motivazionale delle due sentenze si salda in un unico corpo argomentativo. In questo contesto, il controllo della Cassazione non può spingersi a una diversa valutazione dei fatti, ma deve limitarsi a verificare la coerenza logica e la corretta applicazione della legge.

I ricorsi sono stati giudicati generici e meramente ripropositivi delle questioni già esaminate e respinte in appello. La Corte ha sottolineato come gli imputati si fossero limitati a offrire una “lettura alternativa” delle prove, senza evidenziare un vero e proprio travisamento del dato probatorio, unico vizio che potrebbe essere fatto valere in sede di legittimità. I giudici hanno ritenuto che il quadro probatorio fosse “corposo, granitico e di inequivoco significato”, idoneo a dimostrare l’esistenza di un’organizzazione stabile e la piena consapevolezza degli imputati di farne parte (affectio societatis).

Anche le altre doglianze sono state respinte. La richiesta di riconoscere la continuazione è stata negata per la diversità di contesto territoriale e temporale e dei compartecipi tra i vari reati. Il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto correttamente motivato sulla base della gravità dei fatti e della perseveranza nel delinquere. Infine, la determinazione della pena è stata giudicata congrua e proporzionata.

Conclusioni

La sentenza in esame riafferma un principio fondamentale del nostro sistema processuale: la Corte di Cassazione è giudice della legge, non del fatto. In presenza di una ricostruzione logica e coerente da parte dei giudici di merito, non è possibile chiedere una terza valutazione delle prove. Per la configurazione del reato associativo, la decisione conferma che è sufficiente dimostrare l’esistenza di una struttura organizzativa stabile e la consapevolezza dei membri di far parte di un progetto criminoso comune, elementi che nel caso di specie sono stati ampiamente provati.

Quando un gruppo di persone che commette reati può essere considerato un’associazione per delinquere (reato associativo)?
Secondo la sentenza, si configura un reato associativo quando esiste un vincolo stabile e duraturo tra i membri, finalizzato alla commissione di un numero indeterminato di delitti. È necessaria la prova di una struttura organizzativa, anche minima, e della consapevolezza di ciascun partecipe di aderire a un programma criminale comune e duraturo.

È possibile ottenere in Cassazione una nuova valutazione delle prove, come le intercettazioni?
No. La Corte di Cassazione ha ribadito che il suo compito non è quello di riesaminare le prove o di fornire una diversa interpretazione dei fatti. Può solo verificare se la motivazione della sentenza impugnata sia logicamente coerente e non viziata da errori di diritto. Una diversa interpretazione del significato di una intercettazione è possibile solo in caso di ‘travisamento della prova’, cioè quando il giudice di merito ne ha riportato il contenuto in modo palesemente difforme dalla realtà.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibili alcuni ricorsi e ne ha rigettato un altro nel merito?
I ricorsi sono stati dichiarati inammissibili perché erano generici, ripetitivi di argomenti già respinti in appello e miravano a una nuova valutazione dei fatti, non consentita in sede di legittimità. Il ricorso del promotore, pur essendo esaminato nel merito, è stato rigettato perché le sue censure sono state ritenute infondate, in quanto la Corte ha giudicato corretta e logica la motivazione della sentenza d’appello sia sulla sussistenza dei reati sia sulla determinazione della pena.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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