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Reato ambientale biomasse: la Cassazione conferma

La Corte di Cassazione, con la sentenza 5897/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un amministratore accusato di reato ambientale biomasse. La Corte ha confermato la gravità indiziaria per il conferimento di materiale non conforme, come cippato misto a rifiuti, per la produzione di energia rinnovabile, evidenziando l’ingiusto profitto derivante.

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Pubblicato il 31 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reato Ambientale Biomasse: La Cassazione Conferma la Gravità Indiziaria

Con la recente sentenza n. 5897 del 2024, la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso di reato ambientale biomasse, confermando la sussistenza di gravi indizi di colpevolezza a carico dell’amministratore di un’impresa operante nel settore delle energie rinnovabili. La decisione sottolinea la rigorosa interpretazione della normativa sul traffico organizzato di rifiuti, anche quando mascherato da conferimento di materiale per la produzione energetica.

I Fatti del Caso

Il procedimento nasce da un’ordinanza del Tribunale del Riesame che, in sede di rinvio, aveva confermato la gravità indiziaria per il reato previsto dall’art. 452-quaterdecies del codice penale (traffico organizzato di rifiuti) nei confronti di un amministratore unico di un’impresa. L’accusa era di aver conferito, per la produzione di biomasse, materiale non conforme, in particolare cippato di legno mischiato a scarti di altra natura come plastica e carta.

La difesa dell’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, lamentando principalmente due aspetti:
1. La presunta violazione del mandato della Corte, sostenendo che il Tribunale del Riesame non avesse adeguatamente considerato la documentazione tecnica difensiva sul ciclo delle biomasse.
2. La carenza di motivazione sulla gravità indiziaria, poiché le indagini, pur coinvolgendo un gran numero di soggetti, non avrebbero individualizzato le specifiche responsabilità e i conferimenti irregolari attribuibili alla ditta del ricorrente. Inoltre, si contestava la mancata dimostrazione di un ingiusto profitto.

La Questione del Reato Ambientale Biomasse nel Giudizio di Rinvio

La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo di ricorso inammissibile. Ha ribadito un principio consolidato: il giudice di rinvio, pur dovendo attenersi ai principi di diritto fissati dalla Cassazione, conserva pieni poteri di accertamento e valutazione dei fatti. Nel caso specifico, il Tribunale aveva correttamente adempiuto al suo compito, esaminando le prove e concludendo che il materiale conferito non era semplice “legno di segheria”, ma un miscuglio di “cippato non vergine” e “altro materiale”, incompatibile con il ciclo di produzione delle biomasse. La presenza di plastica, bottiglie e materiale cartaceo, accertata tramite servizi di osservazione, confermava l’illiceità dei conferimenti.

L’Identificazione della Responsabilità Individuale

Anche il secondo motivo di ricorso è stato giudicato inammissibile. La Corte ha respinto la tesi difensiva secondo cui mancasse una specifica individualizzazione delle condotte. Al contrario, l’attività illecita era chiaramente riconducibile alla ditta di cui l’indagato era amministratore unico. Le intercettazioni e le osservazioni sul campo avevano confermato in modo univoco il coinvolgimento dell’impresa, evidenziando la presenza di materiale non conforme accumulato presso la sua piattaforma di stoccaggio.

La Prova dell’Ingiusto Profitto

Infine, la Cassazione ha avallato la valutazione del Tribunale riguardo all’ingiusto profitto. Questo è stato considerato una conseguenza inevitabile (“ineludibile”) dell’attività illecita. Il profitto derivava sia dal “fisiologico aumento del volume d’affari” legato al conferimento di materiale non conferibile, sia, soprattutto, dall'”erogazione degli incentivi statali” connessi alla lavorazione delle biomasse. L’obiettivo degli indagati era proprio quello di beneficiare di tali incentivi attraverso una sinergia consapevole e volontaria.

Le Motivazioni

La Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso basandosi sulla coerenza, logicità e razionalità della motivazione del Tribunale del Riesame. Quest’ultimo aveva correttamente applicato gli standard probatori tipici del giudizio cautelare, senza incorrere in vizi logici o fratture nel percorso argomentativo. Le emergenze procedurali, incluse intercettazioni e osservazioni dirette, fornivano un quadro indiziario solido e grave. La difesa, secondo la Corte, si limitava a richiedere una rivalutazione del merito delle prove, attività preclusa in sede di legittimità. Il Tribunale aveva dimostrato che il materiale conferito era illecito, che l’attività era riconducibile all’impresa dell’imputato e che da ciò derivava un ingiusto profitto, integrando così tutti gli elementi del reato ambientale biomasse contestato.

Le Conclusioni

La sentenza in esame consolida l’orientamento giurisprudenziale in materia di reati ambientali, in particolare per quanto riguarda il traffico illecito di rifiuti nel settore delle energie rinnovabili. La decisione chiarisce che la qualificazione di un materiale come biomassa e il suo conseguente utilizzo per la produzione di energia incentivata non possono prescindere da una rigorosa verifica della sua conformità. La presenza di elementi estranei e inquinanti, come plastica e carta, trasforma il conferimento in un’attività illecita, configurando il grave reato ambientale biomasse previsto dall’art. 452-quaterdecies c.p. La Corte, respingendo il ricorso, ha confermato non solo la misura cautelare ma anche la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quali elementi configurano il reato ambientale nel conferimento di biomasse?
Secondo la sentenza, il reato si configura quando il materiale destinato alla produzione di energia rinnovabile, come il cippato di legno, è mischiato con rifiuti non conformi (es. plastica, carta, bottiglie), rendendolo incompatibile con il ciclo delle biomasse e celando la sua reale natura e provenienza.

In un giudizio di rinvio, il giudice è vincolato dalle valutazioni di fatto della Cassazione?
No. Il giudice di rinvio mantiene pieni poteri di accertamento e valutazione dei fatti. Il suo unico limite è non ripetere gli stessi vizi di motivazione per cui la precedente sentenza è stata annullata e conformarsi all’interpretazione delle questioni di diritto data dalla Corte di Cassazione.

Come viene dimostrato l’ingiusto profitto nel traffico di rifiuti per biomasse?
L’ingiusto profitto viene ritenuto una conseguenza diretta dell’attività illecita e può consistere nell’aumento del volume d’affari, derivante dal conferimento di materiale non conferibile, e soprattutto nell’indebita percezione di incentivi statali previsti per la produzione di energia da fonti rinnovabili.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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