Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 24150 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 24150 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME NOMECOGNOME nato a Isola del Liri (Fr) il 25 febbraio 1962;
avverso la sentenza n. 8190/2024 della Corte di appello di Roma del 2 luglio 2024;
letti gli atti di causa, la sentenza impugnata e il ricorso introduttivo;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del PM, in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. NOME COGNOME il quale ha concluso chiedendo la dichiarazione di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza pronunziata in data 2 luglio 2024 la Corte di appello di Roma ha integralmente confermato la decisione con la quale, il precedente 2 dicembre 2022, il Tribunale di Cassino aveva dichiarato la penale responsabilità di rellupicA Paolo in ordine ai reati di cui agli artt. 5 e 10 dlgs n. 74 del 2000 per avere lo stesso, nella qualità di legale rappresentant della RAGIONE_SOCIALE, rispettivamente omesso di presentare nei termini di legge la dichiarazione tributaria relativa all’anno di imposta 2012, in tale modo conseguendo il fine perseguito di evadere le imposte sul reddito, nella misura di euri 14.918,00, e sul valore aggiunto, nella misura di euri 93.088,00 e per avere, allo stesso fine, occultato o comunque distrutto le scritture contabili cui è obbligatoria la conservazione sì da non consentire la ricostruzione dei redditi e dei vo;urni affail realizzati negli anni di imposta 2012 e 2013, e aveva pertanto condannato, ritenuta la continuazione fra le predette condotte delittuose e riconosciute le attenuanti generiche, equivalenti alla contestat recidiva qualificata, alla pena ritenuta di giustizia.
Avverso la predetta sentenza ha interposto ricorso per cassazione la difesa fiduciaria del RAGIONE_SOCIALE affidando le proprie censure a 5 motivi di impugnazione.
Il primo di questi riguarda, sotto il profilo della violazione di legge, affermazione della penale responsabilità del prevenuto, quanto al reato di cui all’art. 10 del dPR n. 74 del 2000, in quanto le scritture contabili di cui a imputazione non furono occultate dell’imputato ma andarono smarrite come dichiarato anche da un teste qualificato, in quanto appartenente alla Guardia di Finanza, alla udienza del 4 dicembre 2018.
Il secondo motivo attiene alla violazione di legge in cui sarebbero incorsi i giudici del merito nel ritenere l’imputato responsabile del reato di omessa present azione della dichiarazione tribut a ria, cohhono egli avesse acquisito qualifica di legale rappresentante della società RAGIONE_SOCIALE solo nell’anno 2012.
Il terzo motivo di impugnazione concerne il vizio di motivazione in relazione all’avvenuta conferma della responsabilità del Cellupica in ordine alla violazione dell’art. 10 del dPR n. 74 del 2000, non avendo la Corte di merito sviluppato in un discorso logico ed argomentato il tema connesso alla esistenza della volontà dell’imputato di occultare le scritture contabili di c alla imputazione.
Il successivo quarto motivo ha come suo contenuto la sostanziale replica delle censure sulla motivazione della sentenza impugnata, questa volta svolte in ordine all’avvenuta conferma della affermazione della penale responsabilità dell’imputato in ordine al reato di omessa dichiarazione di imposte.
Infine, con il quinto motivo ci si lagna, deducendo la mancanza ovvero la manifesta illogicità della motivazione della sentenza in punto di determinazione della pena inflitta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è complessivamente risultato inammissibile e, pertanto, come tale lo stesso deve essere dichiarato. Con riferimento al primo motivo di ricorso, il cui oggetto è riferito alla pretesa mancanza da parte del ricorrente della volontà di occultare le scritture contabili richiamate nel punto A) del capo di imputazione contestatogli trattandosi di documenti che sarebbero andati smarriti nel corso di un trasloco, osserva il Collegio che si tratta della riformulazione, sotto le spogl dei ricorso per cassazione, di un argomento impugnatorio che già aveva formato oggetto del gravame da cui è scaturita la presente sentenza e che in quella sede era stata motivatamente rigettato stante la mancanza di una valida prova di quanto allora affermato; l’attuale doglianza – con la quale i verità non si lamenta la ragione per la quale nella sentenza della Corte territoriale non era stato valorizzato il fatto impeditivo del delitto, cio mancata dimostrazione che i documenti non erano stati occultati o distrutti ma solo incolpevolmente smarriti, ma ci si limita a richiamare, senza indicarne neppure in termini elementari il contenuto, le dichiarazioni di un teste dell Guardia di finanza – è palesemente inammissibile data la sua totale genericità che non consente assolutamente di operare alcuno scrutinio in ordine alla congruità o meno della motivazione della sentenza impugnata in relazione alla sussistenza degli elementi integrativi del reato in contestazione. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Anche il secondo motivo di ricorso – con il quale si rileva, quanto all’addebito compendiato nella lettera B) del capo di imputazione, che, avendo i! Cellupica assunto la qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE solo n 2012, non era a lui attribuibile la condotta di omessa presentazione della dichiarazione tributaria – è destituito di ogni fondamento, atteso che il fat ascritto all’imputato ha ad oggetto proprio la dichiarazione dei redditi relativ all’anno di imposta 2012 che l’odierno imputato nella sua qualità (riconosciuta a decorrere dall’anno 2012 dallo stesso ricorrente) avrebbe dovuto redigere
essendo stato sia nell’anno in questione sia, secondo la non contestata prospettazione accusatoria, al momento in cui la dichiarazione doveva essere presentata, cioè nel 2013, il legale rappresentante della predetta società.
I successivi terzo e quarto motivo di ricorso possono essere esaminati congiuntamente; essi sono riferiti al vizio di motivazione ch-ll2 sentenz a impugnata in relazione ai due reati indicati nella contestazione mossa al prevenuto; si tratta di censura inammissibile stante la sua totale genericità; invero il ricorrente non evidenzia assolutamente quale fosse stato il contenuto “4, formulate al riguardo avverso la sentenza di primo grado cui la Corte territoriale avrebbe dato una risposta logicamente non appagante; una tale carenza non consente, all’evidenza, a questa Corte di verificare la fondatezza o meno della doglianza.
Anche il quinto motivo di doglianza è privo di pregio; con esso si contesta la adeguatezza della motivazione in relazione alla determinazione della pena inflitta al prevenuto.
Ora, anche a non volere dare seguito alla giurisprudenza di questa Corte secondo la quale – non risultando che la questione riguardante la determinazione della pena sia stata elencata da parte della Corte di appello in occasione della ricapitolazione dei motivi di ricorso di fronte ad essa devoluti sarebbe stato onere del ricorrente, prioritariamente alla impugnazione della motivazione della sentenza in relazione al tema non indicato, quello di impugnare, a pena di inammissibilità dello specifico motivo, anche la parte della sentenza di appello in cui siffatta censura non era stato richiamata (Così: Corte di cassazione, Sezione II penale, 28 giugno 2017, n. 31650, rv 270627), osserva, in ogni caso, il Collegio che la sanzione, già comprensiva dell’aumento per la ritenuta continuazione, inflitta al Cellupica è ampiamente contenutct, entro il medio edittale previsto per il più grave dei due reati a lui contestati (si tratta, infatti, di 10 mesi di reclusione, laddove il medio edittale per il reato di cui al capo 8 è pari, sulla base della legislazione vigente al momento del fatto, ad anni 2, mesi 8 e giorni 15 di reclusione), di tal che la determinazione della pena nella misura applicata non necessitava di alcuna specifica motivazione, posto che, così come questa Corte ha ritenuto più volte di poter affermare, con rilievi cui si ritiene ora opportuno dare continuità, nell’ipotesi in cui la determinazione della pena non si discosti eccessivamente dai minimi edittali, il giudice ottempera all’obbligo motivazionale di cui all’art. 125, comma terzo, cod. pen., anche ove adoperi espressioni come “pena congrua”, “pena equa”, “congruo aumento”, ovvero si richiami alla gravità del
reato o alla personalità del reo (Corte di cassazione, Sezione III penale, 3
settembre 2007, n. 33773, rv 237402).
Alla inammissibilità del ricorso fa seguito, visto l’art. 616 cod. proc.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euri 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende.
PQM
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3.000,00 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso in Roma, i! 4 marzo 2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente