Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 29568 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 29568 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 15/07/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria nel procedimento a carico di COGNOME NOME nato a Scilla il 3/1/1994 avverso l’ordinanza resa dal Tribunale di Reggio Calabria il 20/3/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto annullarsi il provvedimento impugnato con rinvio al Tribunale di Reggio Calabria.
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza impugnata il Tribunale del riesame di Reggio Calabria, accogliendo la richiesta di riesame avanzata nell’interesse di NOME COGNOME ha annullato il decreto di sequestro preventivo emesso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Reggio Calabria il 13 febbraio 2005, in relazione al reato contestatogli al capo 52 della provvisoria imputazione. Si contesta all’indagato di avere,
in concorso morale con NOME ideatore determinatore e altri soggetti capi e promotori di un’associazione a delinquere contestata al capo 1, nella veste di contribuente, mediante artifizi e raggiri consistiti nell’inserimento nelle dichiarazioni fiscali modello 730 di elementi fittizi e in veritieri quali crediti parzialmente inesistenti ritenute fiscali inesistenti redditi incoerenti indotto in errore dell’agenzia delle entrate in ordine all’esistenza di un credito di imposta che veniva erogato tramite rimborsi non dovuti con pari danno nell’anno 2018 e nell’anno 2019. Il Tribunale del riesame ha annullato il provvedimento di sequestro deducendo la totale assenza di motivazione in punto di fumus del reato di truffa contestato, in quanto dallo stesso editto accusatorio non risulta desumibile alcun elemento tale da far emergere l’utilizzo da parte degli indagati di artifizi o raggiri aggiuntivi rispetto a quelli concretizzatisi nel contenuto delle false dichiarazioni infedeli e pertanto la condotta agli stessi contestata integra soltanto il reato tributario di dichiarazione infedele di cui all’ar t. 4 d.lgs. 74/2000, che pone delle soglie di punibilità; poiché l’indebito rimborso ottenuto non supera dette soglie fissate dal legislatore, la condotta in esame non presenta rilevanza penale. Il Tribunale ha poi ha osservato che manca nel provvedimento impugnato ogni autonoma valutazione del fumus commissi delitti nei confronti del Vindigni e del periculum in mora in quanto il giudice nell’ordinanza cautelare si limita a richiamare a pagina 932 la scheda individuale redatta dalla Guardia di finanza sul conto dell’odierno indagato, dalla quale desumere gli elementi di prova a sostegno della sua colpevolezza, senza chiarire le ragioni per cui ricorre nel caso in esame il concreto pericolo di dispersione del profitto del reato.
Avverso detta ordinanza propone ricorso il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Reggio Calabria deducendo:
2.1. violazione di legge perché il Tribunale ha erroneamente ritenuto insussistente il fumus del delitto di truffa aggravata e lo ha ritenuto assorbito nell’ambito del delitto di dichiarazione infedele, senza considerare l’articolata organizzazione associativa coordinata da COGNOME che, attraverso una fitta rete di procacciatori sul territorio e realizzando una serie sistematica di raggiri e false dichiarazioni concorreva nell’obiettivo finale di ottenere indebiti rimborsi per un ammontare complessivo ingente di somme non dovute che venivano nella misura del 60% trattenute dal contribuente infedele e nella misura del 40% da questi versate al gruppo.
Il Tribunale ha erroneamente riqualificato l’ipotesi di truffa aggravata ai danni dello Stato nel reato di natura tributaria previsto dagli artt. 3 e 4 del decreto legislativo 74/2000 e ha conseguentemente escluso la sussistenza del fumus e la stessa rilevanza penale delle condotte, omettendo di valutare tutte quegli artifizi e raggiri che
impediscono l’operatività del principio di specialità e l’eventuale assorbimento del delitto di truffa aggravata dal delitto di dichiarazione fraudolenta. Ed infatti l’attività delittuosa si è resa possibile attraverso una attività prodromica che presupponeva l’acquisizione delle credenziali di accesso ai servizi telematici dei contribuenti e l’inserimento delle dichiarazioni non veritiere anche tramite l’utilizzo di sigle sindacali inesistenti e la creazione di una rete di operatori dislocati sul territorio.
2.2. Mancanza contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in ordine alla ritenuta assenza del periculum in mora, poiché il Tribunale ritiene che il Giudice per le indagini preliminari abbia fornito una motivazione apparente in ordine al pericolo di dispersione delle somme, senza tener conto che la giurisprudenza ha sottolineato la differente portata dell’onere motivazionale in caso di sequestro impeditivo e di sequestro finalizzato alla confisca. Nel caso in esame, il Giudice per le indagini preliminari ha specificamente valorizzato l’esigenza di vincolare le somme in ragione della sistematicità del carattere ripetuto delle frodi ai danni dello Stato considerando che gli illeciti sono stati commessi in concorso con i membri dell’associazione e non hanno carattere episodico, ma si inseriscono in un sistema di reati fine che si moltiplica per innumerevoli contribuenti con il medesimo schema il reato fine appare gestito da un apparato criminale strutturato organizzato e collaudato
In seno al provvedimento cautelare, il Giudice per le indagini preliminari, con una concisa ma esaustiva motivazione, ha illustrato i criteri di valutazione e le ragioni a fondamento del vincolo ablatorio, indicando in modo esaustivo modalità di calcolo e criteri di esclusione e ragioni per cui il profitto venisse scisso in percentuale e sequestrato pro quota agli associati e pro quota ai contribuenti. Deve pertanto ritenersi che il Giudice per le indagini preliminari non si sia affatto limitato a fare rinvio ai prospetti, avendo illustrato la relativa motivazione di cui il prospetto non è che la raffigurazione numerica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non può trovare accoglimento.
Il primo motivo di ricorso è infondato e , attesane l’assorbenza, rende superfluo l’esame del secondo .
Nel caso di specie, il Tribunale ha reso articolata motivazione in ordine alle ragioni poste a sostegno della diversa qualificazione giuridica della condotta ascritta all’indagato e del conseguente annullamento e ha fatto corretta applicazione dei principi
giurisprudenziali affermati in materia, richiamando quanto osservato dalle Sezioni unite di questa Corte che, seppur con riguardo alle differenti fattispecie di cui agli artt. 2 e 8 d.lgs. n. 74 del 2000, hanno ritenuto esistente un rapporto di specialità tra le norme incriminatrici tributarie e quella di truffa aggravata ai danni dello Stato, «in quanto qualsiasi condotta fraudolenta diretta alla evasione fiscale esaurisce il proprio disvalore penale all’interno del quadro delineato dalla normativa speciale, salvo che dalla condotta derivi un profitto ulteriore e diverso rispetto all’evasione fiscale, quale l’ottenimento di pubbliche erogazioni’ (Sez. U, n. 1235 del 28/10/2010, dep. 2011, Giordano, Rv. 248865-01).
Ed infatti, con motivazione che rileva anche in relazione al rapporto tra il delitto di truffa aggravata e la fattispecie di dichiarazione infedele di cui all’art. 4 d.lgs. 74/2000, le Sezioni Unite hanno precisato che: ‘La negazione del rapporto di specialità tra frode fiscale e truffa ai danni dell’Erario, si pone, inoltre, in contraddizione con la linea di politica criminale e con la ratio che ha ispirato il legislatore nella riforma di cui al D.Lgs. n. 74 del 2000…… u na scelta di radicale alternatività rispetto al pregresso modello di legislazione penale tributaria’.
L’affermazione della predetta pronuncia risulta pertanto di inequivocabile chiarezza nella misura in cui stabilisce che qualsiasi condotta di frode al fisco trova la sua risposta repressiva esclusivamente nella legislazione speciale tributaria, senza possi bilità di ‘recupero’ di fatti, peraltro nemmeno costituenti reato per omesso superamento delle soglie di punibilità, nell’alveo delle generali ipotesi di truffa aggravata in danno dello Stato.
Il principio affermato dalle Sezioni Unite con riferimento ai rapporti tra i reati di emissione ed utilizzazione di fatture per operazioni inesistenti e la fattispecie di truffa aggravata, va ribadito anche in caso di dichiarazione infedele ex art. 4 d.lgs. 74/2000, fatto meno grave rispetto alle indicate ipotesi di frode fiscale, poiché, anche in tal caso, l’ottenimento di rimborsi non dovuti a seguito della falsa rappresentazione di spese od altri oneri inesistenti, comporta esclusivamente un vantaggio fiscale per il contribuente, senza invece che sussistano ulteriori profitti diversi rispetto a tale operazione effettuata in danno dell’Agenzia delle Entrate. Pertanto, anche nel rapporto tra dichiarazione infedele e truffa aggravata, sussiste l’identica rat io già individuata dalle Sezioni Unite che hanno sottolineato la ‘generale specialità delle previsioni penali tributarie in materia di frode fiscale, le quali, in quanto disciplinano condotte tipiche e si riferiscono ad un determinato settore di intervento della repressione penale, esauriscono la connessa pretesa punitiva dello Stato’ (Sez. U, n. 1235 /2011, cit.).
Nel rispetto di questa linea di demarcazione tra l’ambito applicativo delle fattispecie a connotazione truffaldina e le norme incriminatrici di carattere fiscale, deve osservarsi che, nel caso in esame, il profitto avuto di mira e conseguito dall’indagato coincide, infatti, con quello fiscale, costituito, ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. d) , d.lgs. n. 74 del 2000, anche dal fine di ottenere un indebito rimborso o il riconoscimento di un
inesistente credito di imposta, il cui perseguimento è posto come scopo della condotta tipica.
Né vale, in questa sede, al fine di superare l’obiezione costituita dall’assenza di un autonomo disvalore dell’ipotizzata truffa, fare riferimento all’ottenimento di un profitto ulteriore quale ‘prezzo del servizio illecito’ reso, in quanto, a prescindere dalla considerazione che si tratta di profilo di merito dotato di novità e non sottoposto alla cognizione del Tribunale per il riesame, tale ‘vantaggio’ nulla aggiungerebbe all’indebito rimborso, trattandosi di una ripartizione pro-quota tra i concorrenti di quell’unico profitto ricavato dalla condotta decettiva eziologicamente riferibile al reato tributario del singolo contribuente.
Analoghe considerazioni possono essere formulate a proposito della riconducibilità alla struttura associativa degli illeciti profitti derivanti dai reati fiscali, in quanto detta fattispecie di reato non risulta giustificare la domanda cautelare, posto che la somma sequestrata è specificamente riferita al profitto illecito della contestata truffa di cui ai capi 132 e 133 della rubrica provvisoria.
Infine, va osservato come le modalità della condotta truffaldina, per come indicate nell’imputazione provvisoria, nulla aggiungano a quella decettiva, in quanto si richiamano quelle strumentali all’indicazione nelle dichiarazioni annuali degli elementi pas sivi inesistenti in forza dei quali si mira ad ottenere l’indebito rimborso da parte dell’Erario.
La qualità di parte pubblica del ricorrente lo esonera dal pagamento delle spese processuali conseguenti al rigetto del ricorso.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso.
Roma 15 luglio 2025 Il Consigliere estensore Il Presidente
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