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Reati stessa indole: ricorso inammissibile se parziale

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile un ricorso contro la revoca di un indulto. La decisione si fonda su due principi: la definizione di reati stessa indole, che accomuna ricettazione e spaccio di stupefacenti, e l’inammissibilità di un’impugnazione che critica solo una delle diverse motivazioni autonome della sentenza.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati stessa indole: quando il ricorso parziale è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23546 del 2024, offre un’importante lezione sia sul concetto di reati stessa indole sia sui requisiti di ammissibilità del ricorso. Il caso analizzato riguarda la revoca di un indulto a seguito di nuove condanne e dimostra come un’impugnazione non possa limitarsi a criticare solo una delle diverse motivazioni autonome che sorreggono una decisione, pena la sua inammissibilità.

I Fatti di Causa

Un soggetto, precedentemente condannato per ricettazione e beneficiario di un indulto, subiva la revoca del beneficio da parte del Giudice dell’esecuzione. La revoca era motivata da due successive condanne definitive per cessione di sostanze stupefacenti, una delle quali riportava anche una declaratoria di recidiva aggravata.

La difesa del condannato proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che la pena originaria avrebbe dovuto considerarsi estinta per decorso del tempo. L’argomentazione principale era che il reato di ricettazione e quello di spaccio di stupefacenti non potessero essere considerati della stessa indole, in quanto tutelano beni giuridici diversi (il patrimonio da un lato, la salute pubblica dall’altro).

La Nozione di Reati Stessa Indole

La Corte di Cassazione respinge nettamente l’interpretazione del ricorrente. Richiamando un consolidato orientamento giurisprudenziale, i giudici chiariscono che la nozione di reati stessa indole, ai sensi dell’art. 101 del codice penale, è più ampia di quanto sostenuto.

Non si limita ai reati previsti dallo stesso testo normativo, ma include anche quelli che, pur disciplinati da leggi diverse, presentano nei casi concreti “caratteri fondamentali comuni”. Questi caratteri possono derivare dalla natura dei fatti o dai motivi che li hanno determinati. La Corte cita specifici precedenti in cui era già stata affermata l’identità di indole tra il reato di spaccio di stupefacenti e reati contro il patrimonio come il furto e la ricettazione, ritenendo quindi corretta la valutazione del giudice di merito.

L’Inammissibilità del Ricorso per Genericità

Il punto cruciale della sentenza, tuttavia, risiede in un principio di natura processuale. Il Giudice dell’esecuzione aveva basato la sua decisione su due distinte e autonome rationes decidendi (ragioni della decisione):

1. La sussistenza di reati stessa indole tra la ricettazione e lo spaccio.
2. La presenza, in una delle condanne successive, di una declaratoria di recidiva aggravata, che costituisce di per sé un motivo ostativo autonomo alla declaratoria di estinzione della pena.

Il ricorso del condannato si era concentrato esclusivamente sulla critica della prima motivazione, tralasciando completamente di contestare la seconda. La giurisprudenza di legittimità è ferma nel considerare inammissibile, per difetto di specificità, un ricorso che si limiti a criticare una sola delle diverse ragioni poste a fondamento della decisione, quando queste siano autonome e autosufficienti.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte Suprema ha dichiarato inammissibile il ricorso proprio perché, anche qualora si fosse accolta la tesi del ricorrente sulla diversa indole dei reati (tesi comunque ritenuta infondata), la decisione impugnata sarebbe rimasta valida in virtù della seconda motivazione non contestata. L’onere del ricorrente è quello di rappresentare le ragioni per cui l’eliminazione del vizio dedotto porterebbe a una diversa valutazione complessiva, cosa impossibile se un’altra motivazione, da sola sufficiente a sorreggere la decisione, rimane inattaccata.

Le Conclusioni

La sentenza ribadisce due principi fondamentali. Dal punto di vista sostanziale, conferma un’interpretazione ampia del concetto di reati stessa indole, legata più alla concretezza dei fatti e delle motivazioni che alla classificazione formale dei beni giuridici protetti. Dal punto di vista processuale, sottolinea l’importanza di una strategia difensiva completa: quando un provvedimento si fonda su più pilastri motivazionali autonomi, è indispensabile contestarli tutti. Attaccarne solo uno, ignorando gli altri, equivale a presentare un ricorso inefficace e destinato a essere dichiarato inammissibile.

Quando due reati diversi possono essere considerati della stessa indole?
Secondo la Corte di Cassazione, due reati sono della stessa indole quando, pur essendo previsti da norme diverse, presentano in concreto caratteri fondamentali comuni, basati sulla natura dei fatti o sui motivi che li hanno determinati. Nel caso di specie, la ricettazione e la cessione di stupefacenti sono state ritenute della stessa indole.

Perché un ricorso per cassazione è stato dichiarato inammissibile pur contestando un punto della decisione?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché la decisione del giudice di merito si basava su due motivazioni autonome e autosufficienti. Il ricorrente ne ha contestata solo una, lasciando intatta la seconda, che da sola era sufficiente a giustificare la decisione. Questo vizio rende il ricorso generico e quindi inammissibile.

Cosa si intende per ‘rationes decidendi’ autonome e autosufficienti?
Sono le diverse ragioni giuridiche, indipendenti l’una dall’altra, che un giudice pone a fondamento della propria decisione. Se anche una sola di queste ragioni viene meno a seguito di un’impugnazione, le altre, se non contestate e valide, sono sufficienti a mantenere in piedi la decisione finale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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