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Reati stessa indole: quando non si applica il 131-bis

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso volto a ottenere l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La decisione si fonda sulla presenza di precedenti penali a carico del ricorrente, qualificati come reati della stessa indole, che dimostrano un comportamento abituale e ostacolano la concessione del beneficio.

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Pubblicato il 24 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati della stessa indole: la Cassazione nega la tenuità del fatto

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato il delicato tema della non punibilità per particolare tenuità del fatto, delineando i confini applicativi dell’art. 131-bis del codice penale. La pronuncia chiarisce come la presenza di precedenti per reati della stessa indole possa costituire un ostacolo insormontabile per l’accesso a tale beneficio, confermando l’importanza del concetto di “comportamento non abituale”.

I Fatti del Caso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro la sentenza della Corte d’Appello, la quale aveva negato l’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis c.p. Il ricorrente lamentava un vizio di motivazione, sostenendo che i giudici di merito non avessero correttamente valutato la possibilità di escludere la punibilità per la particolare tenuità del fatto contestato.

La Corte d’Appello aveva fondato la sua decisione sulla base dei precedenti penali dell’imputato, che includevano tre condanne per furto e una per violazione della normativa sugli stupefacenti. Secondo i giudici, tale curriculum criminale indicava una tendenza a delinquere che mal si conciliava con i presupposti della norma invocata.

Reati della stessa indole e la decisione della Corte

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, ritenendolo una mera riproposizione di censure già esaminate e correttamente respinte nel precedente grado di giudizio. Il fulcro della decisione risiede nella valutazione del comportamento dell’imputato come “abituale”, elemento ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.

I giudici hanno ribadito il principio secondo cui la nozione di reati della stessa indole non si limita a illeciti che violano la medesima disposizione di legge. Al contrario, essa comprende anche condotte che, pur essendo previste da norme diverse, condividono “caratteri fondamentali comuni”, sia per la natura dei fatti che li costituiscono, sia per i motivi che li hanno determinati. Nel caso di specie, i precedenti per furto e violazione della legge sulla droga sono stati considerati sintomatici di una medesima inclinazione a commettere reati, rendendo impossibile qualificare il fatto come un episodio isolato e di particolare tenuità.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Corte di Cassazione si ancora a un consolidato orientamento giurisprudenziale. L’inammissibilità del ricorso deriva dalla sua natura riproduttiva, ovvero dalla mancanza di argomenti nuovi e specifici in grado di confutare la logicità e la correttezza giuridica della sentenza impugnata. La Corte d’Appello, secondo la Cassazione, ha applicato correttamente il principio che esclude la non punibilità quando il comportamento non è occasionale. La presenza di precedenti penali specifici e della stessa indole è stata considerata una prova sufficiente della non occasionalità del comportamento delittuoso, giustificando pienamente il diniego del beneficio.

Inoltre, la Corte ha sottolineato che, stante l’inammissibilità, scatta l’applicazione dell’art. 616 del codice di procedura penale. Non ravvisando un’assenza di colpa nella proposizione del ricorso, ha condannato il ricorrente non solo al pagamento delle spese processuali, ma anche al versamento di una somma di 3.000 euro in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza riafferma un principio cardine nell’applicazione dell’istituto della particolare tenuità del fatto: la valutazione non deve limitarsi al singolo episodio, ma deve estendersi alla condotta complessiva dell’autore del reato. La presenza di precedenti per reati della stessa indole è un indicatore cruciale di una propensione a delinquere che impedisce di considerare il fatto come un’eccezione meritevole di non punibilità. La decisione serve da monito sulla necessità di una valutazione rigorosa dei presupposti soggettivi, oltre che oggettivi, prima di poter beneficiare dell’esclusione della punibilità.

Quando un comportamento è considerato “abituale” e quindi ostativo all’applicazione dell’art. 131-bis c.p.?
Un comportamento è considerato abituale quando l’autore del reato ha precedenti penali per reati della stessa indole. Questa condizione dimostra che il fatto non è un episodio isolato, ma si inserisce in un quadro di condotta non occasionale.

Cosa significa esattamente “reati della stessa indole”?
Secondo la Corte, per “reati della stessa indole” si intendono non solo quelli che violano la stessa norma di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da norme diverse, presentano caratteristiche fondamentali comuni, sia per la natura dei fatti che per i motivi che li hanno determinati.

Quali sono le conseguenze se un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
La dichiarazione di inammissibilità comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, se non vi è assenza di colpa nella proposizione del ricorso, anche al pagamento di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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