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Reati stessa indole: Cassazione chiarisce abitualità

Un soggetto, inizialmente assolto per “particolare tenuità del fatto” dal reato di guida senza patente durante la sorveglianza speciale, veniva condannato in appello. La Corte d’appello aveva ravvisato l’abitualità del comportamento basandosi su precedenti per reati ambientali, considerandoli “reati della stessa indole”. La Cassazione ha annullato la condanna, ritenendo la motivazione della Corte d’appello troppo generica e insufficiente. Ha stabilito che per definire dei reati come della stessa indole non basta un vago riferimento all'”attività imprenditoriale”, ma serve un’analisi concreta dei fatti e delle motivazioni, specie se i reati tutelano beni giuridici diversi.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati della Stessa Indole: la Cassazione Impone un’Analisi Concreta

L’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale, è esclusa in presenza di un “comportamento abituale”. Ma come si determina l’abitualità? Un elemento chiave è la commissione di più reati della stessa indole. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 23529/2024) fa luce su questo concetto, sottolineando che non sono ammesse motivazioni generiche, ma è necessaria un’analisi approfondita e concreta caso per caso.

I Fatti del Caso: Dalla Guida Senza Patente all’Appello del PM

Il caso riguarda un soggetto sottoposto alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, sorpreso alla guida di un autocarro nonostante la sua patente fosse stata revocata. In primo grado, il Tribunale lo aveva assolto applicando l’art. 131-bis c.p., ritenendo il fatto di particolare tenuità. Tuttavia, a seguito dell’appello del Pubblico Ministero, la Corte d’Appello aveva riformato la sentenza, condannando l’imputato a sei mesi di arresto.

La Decisione della Corte d’Appello e il Concetto di Reati della Stessa Indole

La Corte d’Appello aveva escluso l’applicabilità della causa di non punibilità ravvisando l’abitualità del comportamento. Questa conclusione si basava su due precedenti condanne a carico dell’imputato per un reato completamente diverso: la violazione dell’art. 256 del d.lgs. 152/2006 (normativa ambientale). Secondo i giudici di secondo grado, sia i reati ambientali già giudicati, sia la guida senza patente, erano stati commessi “nell’esercizio di attività imprenditoriale”, e questo bastava a qualificarli come reati della stessa indole.

L’impugnazione in Cassazione

La difesa ha impugnato la sentenza di condanna dinanzi alla Corte di Cassazione, contestando proprio questa interpretazione. Si sosteneva che la decisione della Corte territoriale fosse errata sia nel ritenere che i precedenti reati fossero stati commessi in ambito imprenditoriale, sia, e soprattutto, nel considerare identica l’indole di illeciti così diversi: uno relativo alla violazione delle norme sulla sorveglianza speciale e l’altro alla tutela dell’ambiente.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando la sentenza impugnata. Il ragionamento dei giudici di legittimità si fonda su un principio cardine, espresso dall’art. 101 del codice penale. Secondo questa norma, sono reati della stessa indole non solo quelli che violano la stessa disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da norme diverse, presentano nel concreto “caratteri fondamentali comuni” per la natura dei fatti, le modalità esecutive o i motivi a delinquere.

La Corte ha censurato la decisione d’appello definendola “apodittica”. Affermare che i reati erano stati “evidentemente commessi nell’esercizio di attività imprenditoriale” è una motivazione insufficiente e superficiale. Il giudice di merito ha l’obbligo di effettuare una “verifica in concreto” della sussistenza della medesima indole. Questo dovere è ancora più stringente quando, come in questo caso, i reati hanno una diversa “oggettività giuridica”, cioè proteggono beni e interessi distinti (la sicurezza pubblica da un lato, l’ambiente dall’altro). Non si può escludere a priori che un nesso esista, ma questo deve essere dimostrato attraverso una disamina puntuale delle fattispecie concrete, non con una formula generica.

Le Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza di condanna con rinvio ad un’altra sezione della Corte d’Appello. Il nuovo giudice dovrà riesaminare il caso, colmando le lacune motivazionali evidenziate. Sarà necessario condurre un’analisi approfondita per stabilire se, al di là delle diverse norme violate, i reati contestati e quelli precedenti presentino effettivamente quei caratteri fondamentali comuni richiesti dalla legge per essere considerati reati della stessa indole. Solo dopo questa attenta valutazione si potrà decidere se escludere o meno l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto.

Quando due reati diversi possono essere considerati “della stessa indole”?
Secondo la Corte, due reati sono “della stessa indole” non solo se violano la stessa legge, ma anche se, nei casi concreti, presentano caratteri fondamentali comuni riguardo alla natura dei fatti che li costituiscono o ai motivi che li hanno determinati.

È sufficiente affermare che più reati sono stati commessi “nell’esercizio di attività imprenditoriale” per considerarli della stessa indole?
No, la sentenza chiarisce che una simile affermazione è troppo generica e apodittica. Il giudice deve effettuare una verifica concreta e una disamina delle specifiche fattispecie per dimostrare la sussistenza della medesima indole, specialmente se i reati tutelano beni giuridici diversi.

Qual è la conseguenza di una valutazione errata sulla natura dei reati ai fini della non punibilità per tenuità del fatto?
Una valutazione errata che esclude ingiustificatamente l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. sulla base di una presunta abitualità non dimostrata, porta all’annullamento della sentenza di condanna. Il caso viene rinviato a un altro giudice per una nuova e più approfondita valutazione.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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