Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 23529 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 23529 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/02/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a CASTROREALE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 15/09/2023 della CORTE APPELLO di MESSINA visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore NOME AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo l’inammissibilità dei ricorsi.
udito il difensore
L’avvocato COGNOME NOME del foro di ROMA in qualità di sostituto processuale dell’avvocato COGNOME NOME del foro di BARCELLONA POZZO DI GOTTO nomina depositata all’odierna udienza, in difesa di COGNOME NOME conclude riportandosi ai motivi di ricorso e chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME, la Corte d’appello di Messina ha, in accoglimento dell’appello proposto dal P.M., riformato la sentenza pronunciata dal Tribunale di Barcellona P.G. che, in data 22 marzo 2022, aveva assolto NOME COGNOME per particolare tenuità del fatto ex art. 131 bis cod. pen., dal reato di cui all’art. 73 d. Igs. 159 del 2011, ed ha condanNOME l’imputato alla pena di mesi 6 di arresto.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME proponendo due distinti ricorsi, rispettivamente a mezzo dell’AVV_NOTAIO e dell’AVV_NOTAIO.
In entrambi i ricorsi si deduce, come unico motivo, violazione di legge e vizio della motivazione, con riferimento alla ritenuta sussistenza da parte della Corte territoriale dell’elemento ostativo all’applicabilità dell’art. 131 bis cod. pen. dell’abitualità.
Al COGNOME era contestato, nel presente procedimento, il reato di cui all’art. 73 d. Igs. 159 del 2011 perché, sottoposto a misura di prevenzione della sorveglianza speciale, veniva sorpreso alla guida di un autocarro privo di patente perché revocatagli. La Corte messinese, nell’accogliere il gravame proposto dal P.M. ha ritenuto sussistente il requisito dell’abitualità sulla base ,di due precedenti per violazione dell’art. 256 d. Igs. 152 del 2006, sul presupposto che i fatti già giudicati e quelli sub iudice fossero stati tutti commessi nell’esercito di attività imprenditoriale.
Secondo il ricorrente, la decisione della Corte territoriale è errata sia per avere ritenuto che le precedenti condanne fossero state commesse nell’esercizio di un’attività imprenditoriale (essendo stato il COGNOME condanNOME in relazione al reato di cui all’art. 256 comma 1 d. Igs. 152 del 2006), sia per avere ritenuto, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità, l’identità dell’indole dei reati sub iudice con quelli già giudicati.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti che si vanno ad esplicitare.
Il ricorrente censura l’impugnata sentenza, per avere la Corte territoriale ritenuto che il contestato reato di cui all’art. 73 d. Igs. 159 del 2011 fosse della medesima indole di quelli, sanzionati ex art. 256 d. Igs. 152 del 2006, per i quali il COGNOME aveva già riportato due condanne, con ciò ricorrendo nel caso di specie
l’elemento della abitualità, ostativo al riconoscimento della speciale esimente di cui all’art. 131 bis cod. pen.
COGNOME Ai sensi dell’art. 101 cod. pen. i reati della stessa indole, sono quelli tra l’altro che per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li determinarono, presentano nel concreto caratteri fondamentali comuni.
Sono quindi reati della stessa indole, ai sensi della citata disposizione, non soltanto i reati che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che presentano profili di omogeneità o sul piano oggettivo, in relazione al bene tutelato ed alle modalità esecutive, ovvero sul piano soggettivo, in relazione ai motivi a delinquere che hanno avuto efficacia causale nella decisione criminosa.
È stato infatti affermato da questa Corte che
per “reati della stessa indole”, ai sensi dell’art. 101 cod. pen., devono intendersi quelli che violano una medesima disposizione di legge e anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, presentano nei casi concreti – per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati – caratteri fondamentali comuni. (Nella specie, la Corte ha ritenuto corretta la decisione di merito che ha ravvisato la stessa indole nel reato previsto dall’art. 416-bis cod. pen. e in quello di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, avendo l’imputato assicurato lo smercio di imponenti quantitativi di stupefacenti avvalendosi di una rete di conoscenze nel medesimo contesto criminoso di tipo ‘ndranghetistico) -sez. 3, n. 38009 del 10/05/2019, Assisi, Rv. 278166 – 06.
ai fini della configurabilità della abitualità del comportamento, ostativa all’applicazione della causa di non punibilità prevista dall’art. 131-bis cod. pen., l’identità dell’indole dei reati eventualmente commessi deve essere valutata dal giudice in relazione al caso esamiNOME, verificando se in concreto i reati presentino caratteri fondamentali comuni. (Fattispecie in tema di furto e detenzione o cessione di sostanze stupefacenti) – Sez. 5, n. 53401 del 30/05/2018, M., Rv. 274186 – 01.
per “reati della stessa indole” ai sensi dell’art. 101 cod. pen. devono intendersi non soltanto quelli che violano una medesima disposizione di legge, ma anche quelli che, pur essendo previsti da testi normativi diversi, presentano nei casi concreti – per la natura dei fatti che li costituiscono o dei motivi che li hanno determinati – caratteri fondamentali comuni. (Nella specie, la S.C. ha ritenuto corretta la decisione di merito che aveva ravvisato la stessa indole nel reato di spaccio di stupefacenti ed in quello di furto in abitazione, assumendo rilevanza, in entrambi i casi, comportamenti dettati da omologhi motivi di indebito lucro). Sez. 6, n. 53590 del 20/11/2014, Genchi Rv. 261869 – 01.
Secondo una risalente ma ancora attuale pronuncia, per gli effetti dell’art. 101 cod. pen., sebbene spetti al giudice di merito individuare i caratteri fondamentali comuni esistenti tra più reati preveduti da diverse disposizioni del codice penale ovvero da leggi diverse, tuttavia egli deve render conto del criterio di valutazione discrezionale seguito, tanto più quando i reati ritenuti della stessa indole abbiano una diversa oggettività giuridica, in relazione agli interessi penali distintamente protetti dalle rispettive norme (sez. 5, n. 164 del 27/01/1967 Rv. 104664 – 01).
Alla luce dei principi scolpiti da questa Corte, non può quindi escludersi che tra il reato di cui all’art. 73 d. Igs. 159 del 2011 da un lato e i reati di cui all’art. 2 d. Igs. 152 del 2006 possa intercorrere quel nesso, sul piano soggettivo, che possa condurre a ritenerli della medesima indole nel senso sopra specificato.
La Corte di appello cl~, tuttavia, nell’affermare in modo apodittico che i succitati reati sono stati «evidentemente commessi nell’esercizio di attività imprenditoriale», ha omesso di effettuare una verifica in concreto della sussistenza della medesima indole dei reati in considerazione; verifica da effettuarsi attraverso una disamina delle fattispecie concretamente giudicate, rispetto al fatto sub iudice, tanto più doverosa trattandosi di reati aventi diversa oggettività giuridica.
S’impone, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio, ai sensi dell’art. 623, comma 1, lett. d), cod. proc. pen., ad altra sezione della Corte di appello di Messina, che, libera nell’esito, dovrà colmare le indicate lacune motivazionali, rinnovando il giudizio COGNOME limitatamente all’applicabilità dell’istituto di cui all’art. 131 bis cod. pen.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata relativamente alla causa di esclusione della punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. con rinvio per nuovo giudizio sul punto ad altra sezione della Corte di appello di Messina.
O COGNOME Così deciso il 21 febbraio 2024