Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20169 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20169 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da NOME COGNOME nato il 05/08/1980
avverso l’ordinanza emessa il 26/09/2024 dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza emessa il 26 settembre 2024 il Tribunale di sorveglianza di Cagliari dichiarava inammissibile l’istanza di concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, richiesti congiuntamente da NOME COGNOME in relazione alla pena di un anno, otto mesi e venti giorni di reclusione, che gli era stata irrogata con sentenza del Tribunale di Oristano del 22 luglio 2020, divenuta irrevocabile il 16 novembre 2023.
Le misure alternative alla detenzione venivano denegate dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari sull’assunto che il condannato si era sottratto volontariamente all’esecuzione della pena detentiva che gli era stata irrogata nel giudizio di cognizione, che riguardava il delitto di cui all’art. 12, commi 3, let a), 3-ter, lett. b), d.lgs. 26 giugno 1998, n. 286 (T.U. imm.), costituente un reato ostativo rilevante ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-ter, legge 26 luglio 1975, n. 354 (Ord. pen.).
Avverso questa ordinanza COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, deducendo la violazione di legge del provvedimento impugnato, in riferimento all’art. 71-ter Ord. pen., per non avere il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano sospeso l’ordine di esecuzione relativo alla sentenza di condanna presupposta, pur essendo il titolo esecutivo attivato compreso nei limiti edittali previsti dall’ar 656, comma 5, cod. proc. pen.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME è inammissibile, risultando incentrato su motivi manifestamente infondati.
Osserva il Collegio che i benefici penitenziari dell’affidamento in prova al servizio sociale e della detenzione domiciliare, richiesti congiuntamente da NOME COGNOME venivano denegati dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari sull’assunto che il condannato si era sottratto volontariamente sottratto all’esecuzione della pena detentiva che gli era stata irrogata, quantificata in un anno, otto mesi e venti giorni di reclusione, riguardante il reato di cui all’art. 12 commi 3, lett. a), 3-ter, lett. b), T.U. innm.
Deve, in proposito, evidenziarsi che la verifica sulla sussistenza delle condizioni richieste per la concessione di una misura alternativa alla detenzione in favore di un soggetto condannato per reati ostativi, rilevanti ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-ter, Ord. pen., è compito riservato in via esclusiva al tribunale di sorveglianza, che deve verificare se il condannato ha rescisso ogni collegamento con l’ambiente criminale dal quale proviene. In presenza di queste specifiche condizioni, che dovranno essere oggetto di una verifica in concreto, il tribunale di sorveglianza può sospendere l’esecuzione del titolo esecutivo attivato dal pubblico ministero.
In queste ipotesi, dunque, il pubblico ministero e il giudice dell’esecuzione svolgono un’attività di mera constatazione della presenza di reati ostativi, rilevanti ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-ter, Ord. pen., senza potere disporre la sospensione del titolo esecutivo attivato, che è compito riservato in via esclusiva al tribunale di sorveglianza.
Non può, in proposito, non richiamarsi il principio di diritto affermato da Sez. 1, n. 32725 del 05/11/2020, COGNOME, Rv. 279931 – 01, secondo cui: «In tema di esecuzione di pene detentive, è illegittima l’ordinanza del giudice dell’esecuzione – cui spetta il mero controllo di legalità del titolo esecutivo – che, in relazione ad una condanna per un reato ostativo ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-ter, Ord. pen., disponga la sospensione dell’esecuzione sul presupposto che il condannato abbia reciso ogni collegamento con la criminalità organizzata, trattandosi di materia riservata alla cognizione del tribunale di sorveglianza nella fase avviata con la richiesta del detenuto di accedere ad una misura alternativa alla detenzione».
Deve, pertanto, essere respinta la tesi difensiva, secondo cui il combinato disposto di cui agli artt. 656, comma 5, cod. proc. pen. e 4-bis, comma 1-ter, Ord. pen. comporta che, in tutti i casi in cui è possibile concedere al condannato una misura alternativa alla detenzione, sussiste l’obbligo per il pubblico ministero di sospendere l’esecuzione della sentenza di condanna. L’assunto ermeneutico sostenuto dalla difesa del ricorrente, infatti, postula l’attivazione di un potere d sospensione della pena detentiva, di cui, in presenza di reati ostativi ex art. 4bis, comma 1-ter, Ord. pen., il pubblico ministero non dispone, essendo lo stesso di competenza esclusiva del tribunale di sorveglianza.
A tali considerazioni deve aggiungersi che, nel caso di specie, l’ordine di esecuzione emesso dal Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Oristano non veniva eseguito, in quanto NOME COGNOME si era reso irreperibile, come attestato dal verbale di vane ricerche del 23 novembre 2023. Ne consegue che, non essendo il condannato, al momento dell’emissione del titolo esecutivo, reperibile, non poteva richiederne la sospensione, che avrebbe potuto essere
disposta esclusivamente dal Tribunale di sorveglianza di Cagliari, riguardando u reato ostativo rilevante
ex art.
4-bis, comma
1-ter,
Ord. pen., dopo la sua attivazione da parte del Procuratore della Repubblica presso il Tribunale
Oristano.
3. Le considerazioni esposte impongono conclusivamente di ritenere inammissibile il ricorso proposto da COGNOME con la conseguente
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del
ammende.
Così deciso il 3 aprile 2025.