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Reati ostativi: ricorso generico è inammissibile

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 20719 del 2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di un detenuto condannato per reati ostativi che chiedeva l’accesso a misure alternative. Il motivo della decisione risiede nella genericità del ricorso, il quale non ha dimostrato in modo puntuale e specifico l’avvenuta espiazione della parte di pena relativa ai suddetti reati, onere fondamentale per superare le presunzioni di legge.

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Pubblicato il 19 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati Ostativi e Istanza Generica: la Cassazione Conferma l’Inammissibilità

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 20719 del 2024, ribadisce un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena per i reati ostativi: la necessità di specificità e concretezza nelle istanze presentate dai condannati. Il caso analizzato offre uno spunto cruciale per comprendere come la genericità di un ricorso possa precludere l’accesso a misure alternative alla detenzione, anche a fronte di una normativa in evoluzione.

Il Contesto: Misure Alternative e la Barriera dei Reati Ostativi

La vicenda ha origine dal ricorso di un detenuto contro la decisione del Tribunale di Sorveglianza di Sassari. Il Tribunale aveva dichiarato inammissibile la sua richiesta di accedere a misure alternative quali l’affidamento in prova al servizio sociale, la semilibertà e la detenzione domiciliare. Il motivo del diniego era legato alla natura della condanna: il soggetto stava scontando una pena per un reato di ‘prima fascia’ secondo l’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario.

Questa categoria di crimini, i cosiddetti reati ostativi, comporta una presunzione di pericolosità sociale del condannato e di mantenimento dei legami con la criminalità organizzata. Per superare tale presunzione, la legge (in particolare dopo le modifiche del D.L. 162/2022) richiede che il condannato non collaborante fornisca elementi specifici che dimostrino il contrario. Nel caso di specie, il Tribunale aveva rilevato la totale assenza di tali elementi a sostegno dell’istanza.

L’Argomento del Ricorrente: Lo Scioglimento del Cumulo

Di fronte alla Suprema Corte, il ricorrente ha tentato di aggirare l’ostacolo. La sua difesa si basava sull’argomento che, a seguito dello ‘scioglimento del cumulo’ delle pene, la parte di condanna che stava attualmente scontando si riferiva a reati comuni, non ostativi. In altre parole, sosteneva di aver già espiato la porzione di pena relativa al crimine ostativo e che, pertanto, le preclusioni dell’art. 4-bis non dovessero più applicarsi.

La Genericità del Ricorso come Vizio Fatale

La Corte di Cassazione, tuttavia, ha respinto completamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile per un vizio dirimente: la sua genericità. L’affermazione del ricorrente di aver già scontato la pena per il reato ostativo è rimasta una mera enunciazione, priva di qualsiasi supporto argomentativo o documentale.

I giudici hanno sottolineato che non basta affermare un fatto; è onere del ricorrente dimostrarlo ‘in modo puntuale’. La mancanza di una specifica allegazione che provasse l’effettiva espiazione della pena ostativa ha impedito al Collegio di valutare nel merito la fondatezza della richiesta e, di conseguenza, di esaminare i vizi denunciati.

Le Motivazioni della Decisione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio cardine del diritto processuale: chi presenta un’impugnazione ha l’onere di specificare chiaramente le proprie ragioni. Nel contesto dei reati ostativi, questo onere diventa ancora più stringente. La presunzione di pericolosità, sebbene oggi ‘relativa’ e non più ‘assoluta’ grazie agli interventi della Corte Costituzionale e del legislatore, può essere superata solo con prove concrete.

Il ricorrente avrebbe dovuto contestare il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza esponendo in modo specifico i motivi per cui la presunzione di pericolosità non era più attuale o, in alternativa, dimostrando in modo inequivocabile l’avvenuta espiazione della pena ‘ostativa’. Poiché nessuna di queste strade è stata percorsa con la dovuta specificità, il ricorso è stato giudicato incapace di superare il vaglio preliminare di ammissibilità.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche

La sentenza in esame lancia un messaggio chiaro: nel delicato campo dell’esecuzione penale e dei reati ostativi, l’approssimazione non è ammessa. Qualsiasi istanza o ricorso deve essere meticolosamente preparato, supportato da argomentazioni precise e, ove necessario, da prove concrete. La semplice affermazione di un diritto o di una condizione favorevole, senza una puntuale dimostrazione, è destinata a scontrarsi con una declaratoria di inammissibilità. Ciò comporta non solo la conferma della decisione impugnata, ma anche la condanna al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, come avvenuto nel caso di specie.

Perché il ricorso del condannato è stato dichiarato inammissibile?
Risposta: Il ricorso è stato ritenuto ‘generico’ perché il condannato si è limitato ad affermare di aver già scontato la pena per i reati ostativi, senza però fornire alcuna prova puntuale o argomentazione specifica a sostegno di tale affermazione.

Cosa deve fare un condannato per reati ostativi per accedere a misure alternative se non collabora con la giustizia?
Risposta: In base alla normativa vigente, deve fornire elementi specifici e concreti per superare la presunzione di pericolosità sociale (dimostrando l’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata) oppure, come nel caso ipotizzato dal ricorso, deve dimostrare puntualmente di aver già espiato la parte di pena relativa a tali reati.

Qual è la conseguenza processuale di un ricorso generico?
Risposta: Un ricorso generico viene dichiarato inammissibile. Ciò significa che la Corte non esamina il merito della questione e la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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