Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 20719 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 20719 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SAN MARCELLINO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 18/07/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di SASSARI
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOMECOGNOME lette/~4e le conclusioni del PG
Il Procuratore generale, NOME COGNOME, chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
COGNOME NOME ricorre avverso il decreto del Tribunale di Sassari del 18 luglio 2023, con il quale è stata dichiarata l’inammissibilità della richiesta d applicazione delle misure alternative alla detenzione dell’affidamento in prova al servizio sociale, della semilibertà e della detenzione domiciliare, con riferimento alla pena di cui alla sentenza della Corte di appello di Napoli del 21 giugno 2011, definitiva il 20 marzo 2013.
Il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato che l’interessato, condannato in ordine a un reato c.d. di prima fascia ex art. 4-bis legge 26 luglio 1975, n. 354, non aveva allegato alcun elemento qualificante previsto dalla norma così come novellata dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162 (convertito, con modifiche, dalla legge 30 dicembre 2022 n. 199).
Il ricorrente denuncia inosservanza ed erronea applicazione della legge penale, con riferimento agli artt. 47, commi 3-bis e 4, 47-ter e 50 Ord. pen., e vizio di motivazione del provvedimento impugnato, perché il Tribunale di sorveglianza avrebbe omesso di considerare che, disposto lo scioglimento del cumulo delle pene in esecuzione, la parte di pena che COGNOME stava espiando era riferibile a reati non ostativi.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è generico in ordine alla avvenuta espiazione della pena per reati ostativi e come tale va dichiarato inammissibile.
1.1. Il Tribunale di Sorveglianza ha ritenuto inammissibile l’istanza per mancanza dei presupposti per la concessione del beneficio richiesto.
L’art. 4-bis Ord. pen., nel testo antecedente al d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2022, n. 199 prevedeva, al primo comma, una presunzione di mancata rescissione dei legami con la criminalità organizzata a carico del condannato per reati “ostativi di prima fascia” che non collabori con la giustizia ai sensi dell’art. 58-ter Ord. pen.
Proprio in virtù di tale presunzione – assoluta, non essendo superabile se non dalla collaborazione stessa – la disposizione comportava che le richieste di concessione di misure alternative proposte da soggetto non collaborante dovessero dichiararsi in limine inammissibili.
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Le uniche eccezioni erano rappresentate dai casi di collaborazione impossibile o irrilevante di cui al comma 1-bis della medesima disposizione.
Con progressivi interventi della Consulta, è stata limitata la rigida portata di tale esclusione.
Invero, la sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, con perimetro applicativo limitato ai permessi premio, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 4-bis, comma 1, Ord. pen. nella parte in cui non prevedeva che per i delitti ivi contemplati potessero essere concessi permessi premio anche in assenza di collaborazione con la giustizia, allorché fossero stati acquisiti elementi tali da escludere sia l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, sia il pericolo del ripristino di tali collegamenti.
A seguito di tale pronuncia è rimasta intatta l’ostatività della mancata collaborazione con la giustizia quanto alla concessione delle misure alternative e della liberazione condizionale.
La giurisprudenza di legittimità ha, infatti chiarito che gli effetti della sentenz n. 253 del 2019 della Corte costituzionale non si applicano analogicamente a benefici diversi dal permesso-premio, cui soltanto, a tenore della motivazione è limitata la portata della decisione. (Sez. 1, n. 17100 del 01/04/2021, Gallico, Rv. 281416 – 01).
E’ intervenuto il decreto-legge 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni nella legge 30 dicembre 2022, n. 199, che ha tra l’altro previsto all’art. 1, comma 1, lett. a), n. 2), l’integrale sostituzione del comma 1-bis dell’art. 4-bis Ord. pen.
Con l’ordinanza n. 227 del 2022, la Consulta ha restituito gli atti alla Corte di cassazione, ritenendo che spettasse al giudice a quo verificare l’influenza della normativa sopravvenuta sulla rilevanza delle questioni sollevate e procedere alla rivalutazione della loro non manifesta infondatezza: «si è in presenza di una modifica complessiva della disciplina interessata dalle questioni di legittimità costituzionale in esame e, per quel che qui particolarmente interessa, di una trasformazione da assoluta in relativa della presunzione di pericolosità del condannato all’ergastolo per reati ostativi non collaborante».
Nell caso in esame, il provvedimento impugnato è stato emesso in data 18.7.2023, quindi dopo l’entrata in vigore della modifica normativa suindicata, e poteva essere contestato solo esponendo in modo specifico i motivi che avrebbero permesso di superare la presunzione relativa di pericolosità del condannato per reati di cui all’art. 4-bis prima fascia, così come ha evidenziato il Tribunale di sorveglianza di Sassari oppure dimostrando in modo puntuale l’avvenuta espiazione della pena.
La genericità del ricorso sul punto della avvenuta espiazione della pena impedisce al Collegio, di conseguenza, di valutare i vizi dedotti dal ricorrente, in ordine al superamento di tale presunzione e alla non ostatività della condanna subita, agli effetti dell’art. 4-bis Ord. pen.
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della Cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 31/01/2024