Reati Ostativi: La Cassazione Chiude la Porta alla Detenzione Domiciliare
L’accesso alle misure alternative alla detenzione rappresenta un momento cruciale nel percorso di esecuzione della pena. Tuttavia, la legge pone dei limiti precisi per chi è stato condannato per reati ostativi, considerati di particolare gravità. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce la rigidità di questi paletti, confermando che la condanna per un reato come la rapina aggravata preclude di per sé l’accesso alla detenzione domiciliare, senza necessità di ulteriori valutazioni.
I Fatti del Caso
Un detenuto, condannato per rapina aggravata, presentava un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere la misura della detenzione domiciliare comune. In subordine, chiedeva l’autorizzazione a svolgere un’attività lavorativa all’esterno del penitenziario. Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza dichiarava l’istanza principale inammissibile, proprio a causa della natura del reato per cui era stata inflitta la condanna, un crimine inserito nella lista dei cosiddetti reati ostativi previsti dall’art. 4-bis dell’Ordinamento Penitenziario.
Il Ricorso in Cassazione e l’Interpretazione dei Reati Ostativi
Il difensore del detenuto proponeva ricorso in Cassazione, lamentando una carenza di motivazione. Secondo la difesa, il giudice avrebbe dovuto considerare che non sussistevano collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva. Inoltre, si contestava la mancata pronuncia sulla richiesta subordinata di autorizzazione al lavoro.
La Corte Suprema, tuttavia, ha respinto completamente questa linea difensiva, dichiarando il ricorso inammissibile e fornendo chiarimenti fondamentali sull’applicazione della normativa.
La Decisione della Corte di Cassazione
La Cassazione ha stabilito che il ricorso era infondato su tutta la linea. La decisione si basa su due pilastri argomentativi distinti, uno relativo alla misura alternativa e l’altro alla richiesta di lavoro.
L’Applicazione Rigorosa dell’Art. 4-bis Ord. pen.
Il punto centrale della decisione riguarda l’interpretazione del rinvio che l’art. 47-ter (sulla detenzione domiciliare) fa all’art. 4-bis (sui reati ostativi). La Corte ha affermato con chiarezza che tale rinvio è onnicomprensivo. Ciò significa che la condanna per uno qualsiasi dei reati elencati nell’art. 4-bis è di per sé ostativa alla concessione della detenzione domiciliare. Non è rilevante, in questo contesto, distinguere tra le diverse ‘fasce’ di gravità dei reati inseriti in quell’elenco, né verificare l’eventuale sussistenza di legami con la criminalità organizzata. La semplice natura del reato (in questo caso, rapina aggravata) costituisce un impedimento legale assoluto.
La Competenza sulla Richiesta di Lavoro Esterno
Per quanto riguarda la richiesta di autorizzazione al lavoro all’esterno, i giudici hanno chiarito che si trattava di una questione estranea alla competenza del Presidente del Tribunale di Sorveglianza chiamato a decidere sull’istanza di detenzione domiciliare. La competenza per autorizzare il lavoro esterno spetta, infatti, al direttore dell’istituto penitenziario, con l’approvazione successiva del Magistrato di Sorveglianza. La richiesta era stata, quindi, indirizzata all’autorità sbagliata nel contesto procedurale errato.
Le Motivazioni
La Corte di Cassazione ha motivato la propria decisione evidenziando che il Presidente del Tribunale di Sorveglianza non doveva fornire alcuna motivazione aggiuntiva oltre al semplice rilievo della natura ostativa del reato. L’ostacolo previsto dalla legge è automatico e non lascia spazio a valutazioni discrezionali sulla pericolosità del singolo soggetto o sui suoi legami con ambienti criminali. La norma, secondo l’interpretazione consolidata, crea una presunzione assoluta di pericolosità che impedisce l’accesso al beneficio. Per la richiesta di lavoro, la motivazione dell’inerzia del giudice risiede semplicemente in un difetto di competenza funzionale.
Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza conferma un orientamento giurisprudenziale rigoroso in materia di reati ostativi. Per chi è condannato per uno dei crimini elencati nell’art. 4-bis Ord. pen., la via per la detenzione domiciliare è sbarrata a priori. L’unica eccezione è legata a percorsi specifici di collaborazione con la giustizia o altre condizioni previste dalla legge, non esplorate in questo caso. La decisione sottolinea anche l’importanza fondamentale della correttezza procedurale: le istanze devono essere rivolte all’organo competente, altrimenti sono destinate a non essere esaminate, come accaduto per la richiesta di lavoro esterno.
Una condanna per un reato ostativo, come la rapina aggravata, impedisce sempre la detenzione domiciliare comune?
Sì, secondo l’ordinanza in esame, la condanna per un reato elencato nell’art. 4-bis Ord. pen., come la rapina aggravata, è di per sé ostativa alla concessione della detenzione domiciliare comune ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen.
È necessario dimostrare un legame con la criminalità organizzata affinché un reato dell’art. 4-bis sia considerato ostativo per la detenzione domiciliare?
No. La Corte di Cassazione ha chiarito che il rinvio normativo si riferisce a tutti i reati contemplati dall’art. 4-bis, a prescindere da collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva.
A chi bisogna rivolgersi per chiedere l’autorizzazione al lavoro all’esterno del carcere?
L’istanza per l’autorizzazione al lavoro all’esterno è di competenza del direttore dell’istituto penitenziario e deve essere successivamente approvata dal Magistrato di sorveglianza, non dal Presidente del Tribunale di Sorveglianza in sede di decisione su altre misure.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10129 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10129 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a ROMA il 23/08/1993
avverso il decreto del 10/06/2024 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di ROMA dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
LETTO
il decreto in epigrafe, con il quale il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata da NOME COGNOME al fine di ottenere la concessione della misura alternativa della detenzione domiciliare comune, ai sensi dell’art. 47-ter, comma 1-bis, Ord. pen., ostando al suo accoglimento l’espiazione in atto di pena per reati elencati nell’art. 4-bis Ord. pen. (rapina aggravata);
VISTO
il ricorso, con il quale l’interessato, per il tramite del difensore, deduce carenza di motivazione anche con riferimento alla richiesta subordinata di autorizzazione allo svolgimento di attività lavorativa al di fuori dell’istituto penitenziario;
OSSERVATO
che, in tema di misure alternative alla detenzione, la condanna per taluno dei reati di cui all’art. 4-bis Ord. pen. è ostativa alla concessione della detenzione domiciliare, a nulla rilevando, in senso contrario, l’insussistenza di collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva, atteso che il rinvio effettuato dall’art. 47-ter Ord. pen. all’art. 4-bis citato si riferisce a tutti i reati da quest’ultimo contemplati, senza recepire le distinzio di disciplina che caratterizzano le cd. “fasce” entro le quali essi separatamente si inscrivono (Sez. 1, n. 13751 del 18/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 278976 01);
che nessuna particolare motivazione doveva, quindi, rendere il Presidente adìto sul punto, oltre alla considerazione della ostatività del reato di cui sopra all’accoglimento dell’istanza principale, mentre nessuna statuizione gli competeva sull’istanza subordinata di autorizzazione al lavoro all’esterno, in quanto di competenza del direttore dell’istituto, ai sensi dell’art. 48 d.P.R. n. 230 del 2000, e sottoposta all’approvazione del Magistrato di sorveglianza, ai sensi degli artt. 21 e 69 Ord. pen.;
RITENUTO
pertanto, che il ricorso va dichiarato inammissibile, con le conseguenti statuizioni;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 14 novembre 2024
DEPOSITATA COGNOME Il Preside e
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Il Consigliere estensore