Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 2876 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 2876 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a ALTAMURA il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 19/04/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di CATANZARO udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del sostituto procuratore NOME COGNOME, che ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento del provvedimento impugnato, con rinvio per nuovo giudizio.
RITENUTO IN FATTO
Con decreto emesso in data 19 aprile 2023 il Tribunale di sorveglianza di Catanzaro ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata da NOME COGNOME per ottenere la semilibertà, motivando che egli, detenuto per un reato previsto dall’art. 4 -bis, comma 1 -bis, Ord.pen., non aveva indicato né la avvenuta collaborazione con la giustizia o la sua inesigibilità, né l’adempimento delle obbligazioni civili nascenti dal reato o la sua impossibilità, né elementi dimostrativi dell’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata, né l’assenza del pericolo di ripristino di tali collegamenti.
Avverso il decreto ha proposto ricorso NOME COGNOME, per mezzo del difensore AVV_NOTAIO, articolando un unico motivo, con il quale deduce la violazione di legge e il vizio di motivazione, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b) ed e), cod.proc.pen., in relazione agli artt. 4 -bis, comma 1 -bis, Ord.pen. e 50 Ord.pen.
Il provvedimento impugnato si limita a riportare il testo dell’art. 4 -bis, comma 1 -bis, Ord.pen. attualmente vigente, senza motivare sul perché gli elementi valorizzati nell’istanza siano stati ritenuti inidonei.
Nell’istanza si indicava, infatti, che il ricorrente aveva, durante la detenzione, razionalizzato gli errori commessi, non aveva alcun carico pendente né ulteriori condanne, non aveva ricevuto informative evidenzianti l’attualità di collegamenti con i coimputati del reato associativo, essendo anche sciolta l’originaria associazione a seguito della morte del capo promotore.
Il ricorrente sottolineava inoltre di avere sin dal 2011, ancora in stato di libertà, compiuto una revisione critica dei propri delitti, iniziando un’attività lavorativa lecita, cessata solo a causa del sopravvenuto stato di detenzione, ed evidenziava l’impossibilità di adempiere alle obbligazioni nascenti dal reato, allegando all’istanza un ISEE quasi nullo. Lo stato di detenzione, peraltro, gli impediva di addurre ulteriori elementi in proprio favore.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha chiesto l’annullamento del provvedimento, con rinvio per un nuovo giudizio.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato, e deve essere accolto.
2. L’ordinanza impugnata si limita ad elencare gli oneri di allegazione a cui l’istante non avrebbe ottemperato, asserendo che egli avrebbe omesso di fornire indicazioni sulla propria collaborazione con la giustizia, prestata o inesigibile, sull’adempimento delle obbligazioni di natura economica, sull’assenza di collegamenti con l’associazione di appartenenza o comunque con gruppi di criminalità organizzata e sull’assenza del pericolo di un ripristino di tali collegamenti. Dalla sua motivazione non risulta, però, che il Tribunale abbia disposto alcun accertamento finalizzato, in particolare, ad accertare la persistenza o il ripristino di rapporti con associazioni criminali.
Questa Corte, invece, ha stabilito che «In tema di misure alternative alla detenzione in favore di soggetto condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia”, per effetto delle modifiche apportate all’art.4-bis ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, non assume rilievo decisivo la collaborazione con l’autorità giudiziaria, essendo demandato al giudice, alla luce della mutata natura della presunzione – divenuta relativa – di mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale, la valutazione del percorso rieducativo del condannato e dell’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso, mediante gli ampliati poteri istruttori di cui all’art. 4bis, comma 2, Ord.pen.» (Sez. 1, n. 35682 del 23/05/2023, Rv. 284921).
Alla luce della nuova normativa, quindi, il Tribunale di sorveglianza è tenuto a valutare la pericolosità del detenuto per reati ostativi c.d. di prima fascia, in particolare quanto al pericolo del mantenimento o del ripristino dei collegamenti con associazioni criminose, mediante l’esame approfondito della sua condotta carceraria e della sua partecipazione all’attività rieducativa, e se necessario svolgendo accertamenti tramite l’autorità di polizia. L’ordinanza impugnata non riporta l’esito di una simile valutazione, e non esamina neppure le allegazioni contenute nell’istanza, anche solo al fine di affermarne l’infondatezza o la non credibilità. L’istanza conteneva, infatti, delle affermazioni, sia pure generiche, circa l’assenza di tali contatti, anche per il sopravvenuto scioglimento dell’associazione di appartenenza, circa l’impossibilità di provvedere all’adempimento delle obbligazioni economiche sorte dai reati commessi, circa l’esito positivo dell’osservazione da parte della équipe trattamentale, attestante l’inizio di una revisione critica del proprio passato, ed allegava documentazione a sostegno di quanto dichiarato. L’ordinanza impugnata non risulta avere preso in esame tali affermazioni e le relative allegazioni documentali, delle quali non fa neppure menzione.
2.1. La dichiarazione di inammissibilità dell’istanza si fonda, quindi, su una motivazione carente e illogica, essendosi il Tribunale limitato a sostenere la
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totale assenza di indicazioni, da parte dell’istante, circa i requisiti richiesti dalla legge per la concessione di benefici ai detenuti per un reato ostativo previsto dall’art. 4 -bis, comma 1 -bis, Ord.pen., in contrasto con l’effettivo contenuto dell’istanza e con la documentazione ad essa allegata, ed omettendo qualsiasi giustificazione per il mancato approfondimento circa la sussistenza di tali requisiti, mediante la possibile richiesta di informazioni all’autorità di polizia.
I giudici avrebbero dovuto, invece, valutare la fondatezza e la sufficienza delle allegazioni contenute nell’istanza, ed acquisire le ulteriori informazioni ritenute necessarie sia quanto al pericolo di contatti del condannato con l’associazione di appartenenza, esercitando i poteri istruttori attribuiti dall’art. 4bis, comma 2, Ord.pen., sia quanto al percorso rieducativo eventualmente seguito, chiedendo alla équipe trattamentale una relazione aggiornata. La mancanza, nell’ordinanza impugnata, di tali approfondite valutazioni rende la sua motivazione priva della necessaria completezza e logicità.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, accolto, e l’ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro per un nuovo giudizio, da svolgersi con piena libertà valutativa, ma nel rispetto dei principi sopra puntualizzati.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Catanzaro
Così deciso il 12 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
Il Presidente