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Reati ostativi: illegittimo il no de plano alle misure

La Corte di Cassazione ha annullato un decreto del Tribunale di Sorveglianza che aveva dichiarato inammissibile ‘de plano’ la richiesta di detenzione domiciliare per un condannato per reati ostativi. La Suprema Corte ha affermato che, a seguito della riforma del 2022, la presunzione di pericolosità è diventata relativa, rendendo obbligatoria la valutazione nel merito della richiesta attraverso un’udienza in contraddittorio e non con una decisione sommaria.

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Pubblicato il 27 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati Ostativi: Stop alla Decisione ‘De Plano’, Serve l’Udienza

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riaffermato un principio cruciale in materia di esecuzione della pena per i cosiddetti reati ostativi. A seguito della riforma del 2022, la richiesta di una misura alternativa alla detenzione non può più essere respinta ‘de plano’ (cioè senza udienza), ma richiede un’attenta valutazione nel merito da parte del Tribunale di Sorveglianza. Questa decisione consolida le garanzie difensive e apre a una valutazione caso per caso anche per i condannati per i crimini più gravi.

I Fatti del Caso

Il caso riguarda un uomo condannato a sei anni di reclusione per reati legati al traffico di sostanze stupefacenti, aggravati dal metodo mafioso. Avendo scontato parte della pena, l’uomo ha presentato un’istanza al Tribunale di Sorveglianza per essere ammesso alla detenzione domiciliare. Nell’istanza, evidenziava il suo percorso rieducativo, la buona condotta in carcere e l’assenza di un pericolo di ripristino dei contatti con ambienti criminali.

La Decisione del Tribunale di Sorveglianza

Il Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Caltanissetta ha dichiarato l’istanza inammissibile con un decreto emesso ‘de plano’. La motivazione si basava unicamente sulla natura ‘ostativa’ del titolo di reato, ritenuta di per sé sufficiente a giustificare un rigetto immediato senza la necessità di un’udienza e del confronto tra le parti, secondo la procedura semplificata prevista dall’art. 666, comma 2, del codice di procedura penale.

Il Ricorso in Cassazione e la Riforma sui Reati Ostativi

L’avvocato del condannato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di legge. Il punto centrale del ricorso era la recente modifica dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, introdotta nel 2022. Questa riforma ha trasformato la presunzione di pericolosità sociale per i condannati per reati ostativi che non collaborano con la giustizia. La presunzione, prima ‘assoluta’ (e quindi insuperabile), è diventata ‘relativa’. Ciò significa che il detenuto ha ora la possibilità di dimostrare, con elementi specifici, di aver reciso ogni legame con la criminalità organizzata, superando così l’ostacolo all’accesso ai benefici penitenziari.

Le Motivazioni della Cassazione

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando il provvedimento del Tribunale di Sorveglianza. I giudici hanno chiarito che, alla luce della nuova normativa, il Tribunale non può più limitarsi a prendere atto della natura ostativa del reato. Al contrario, ha il dovere di valutare nel merito gli elementi forniti dal richiedente e di avviare un’istruttoria approfondita.

La Corte ha specificato che la legge impone al giudice di sorveglianza di accertare:
– L’adempimento delle obbligazioni civili e risarcitorie.
– L’assenza di collegamenti attuali con la criminalità organizzata.
– Il percorso rieducativo svolto e la revisione critica della condotta criminosa.

Questa valutazione complessa non può avvenire con una procedura ‘de plano’, ma richiede necessariamente l’instaurazione di un contraddittorio, ovvero un’udienza camerale in cui le parti (difesa e pubblico ministero) possano presentare le proprie argomentazioni. La decisione sommaria è illegittima perché viola il diritto di difesa e si pone in contrasto con lo spirito della riforma, che mira a consentire una valutazione individualizzata della pericolosità del condannato.

Le Conclusioni

La sentenza rappresenta un’importante affermazione dei principi introdotti dalla riforma del 2022 sull’art. 4-bis. Viene stabilito in modo inequivocabile che la qualifica di un reato come ‘ostativo’ non giustifica più un rigetto automatico e sommario delle richieste di misure alternative. Ogni istanza deve essere esaminata attentamente, attivando i poteri istruttori e garantendo il pieno rispetto del contraddittorio tra le parti. La procedura ‘de plano’, in questi casi, è da considerarsi un’eccezione non applicabile, poiché la nuova legge impone una verifica sostanziale dei presupposti per la concessione del beneficio.

Dopo la riforma del 2022, un’istanza per una misura alternativa per reati ostativi può essere rigettata ‘de plano’?
No, la Corte di Cassazione ha stabilito che la procedura ‘de plano’ (senza udienza) è illegittima in questi casi, in quanto la nuova normativa impone una valutazione di merito che può avvenire solo nel contraddittorio tra le parti.

Cosa deve fare il Tribunale di Sorveglianza quando riceve un’istanza per misure alternative da un condannato per reati ostativi che non collabora?
Deve instaurare il contraddittorio camerale e avviare un’istruttoria per verificare la sussistenza delle condizioni previste dalla legge, come l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata, il percorso rieducativo del detenuto e l’adempimento delle obbligazioni civili.

Qual è la principale novità introdotta dalla riforma del 2022 sull’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario?
La riforma ha trasformato la presunzione di pericolosità per i condannati per reati ostativi (che non collaborano con la giustizia) da ‘assoluta’ a ‘relativa’. Ciò significa che la mancata collaborazione non preclude automaticamente l’accesso ai benefici, ma il detenuto ha l’onere di dimostrare di aver interrotto ogni legame con il contesto criminale di appartenenza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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