Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 28608 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 28608 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOMENOME nato a LEONFORTE il 22/02/1995
avverso il decreto del 10/02/2025 del TRIB. RAGIONE_SOCIALE di CALTANISSETTA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME il quale ha chiesto l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato.
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RITENUTO IN FATTO
Con decreto del 10 febbraio 2025 il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta ha dichiarato l’inammissibilità dell’istanza, presentata da NOME COGNOME intesa all’ammissione alla misura alternativa della detenzione domiciliare con riferimento alla porzione residua della pena di sei anni di reclusione, inflittagli pe i reati di cui agli artt. 74 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309, aggravati ai sen dell’art. 416-bis.l. cod. pen.
A tal fine, ha osservato che l’ostatività del titolo di reato cui si riferisc pena in esecuzione rende, di per sé, inammissibile l’istanza, sì da giustificare l’adozione della procedura de plano prevista dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen..
NOME COGNOME propone, con il ministero dell’avv. NOME COGNOME, ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale deduce violazione di legge per avere il Presidente del Tribunale di sorveglianza stimato l’inammissibilità dell’istanza di ammissione alla misura alternativa alla detenzione senza considerare che l’art. 4-bis della legge 26 luglio 1975, n. 354, nel testo novellato dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, ha trasformato da assoluta a relativa la presunzione di incompatibilità tra la condanna per reati ostativi cc.dd. «di prima fascia» e l’accesso alle misure alternative alla detenzione ed assegnato rilevanza, in tale prospettiva, ad allegazioni e condizioni che, nel caso di specie, avrebbero dovuto essere vagliate, stanti tenore e contenuto dell’istanza da lui presentata, previa instaurazione del contraddittorio.
Il Procuratore generale ha chiesto, con requisitoria scritta, l’annullamento con rinvio del decreto impugnato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato e, pertanto, deve essere accolto, dovendosi rilevare la nullità del provvedimento impugnato, emesso de plano al di fuori dei casi previsti dall’art. 666, comma 2, cod. proc. pen. e senza l’osservanza delle forme prescritte dall’art. 666, commi 3 e 4, cod. proc. pen.,
NOME COGNOME sta scontando condanna per reati compresi nel novero dei delitti per i quali, ai sensi dell’art. 4-bis, comma 1-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 (nel testo introdotto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito
con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199), l’assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (con l’eccezione della liberazione anticipata) possono essere concessi, «anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter, purché gli istanti dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condotta carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reat è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, dell ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile».
La citata disposizione prevede, subito dopo, che «al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessat favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustiz riparativa».
Il comma 2 dell’art. 4-bis assegna, poi, alla magistratura di sorveglianza il compito di richiedere, in vista della decisione sull’istanza di ammissione ai benefici penitenziari e per il tramite del comitato provinciale per l’ordine e la sicurezz pubblica, dettagliate informazioni che, con specifico riferimento ai casi, quale quello in esame, di cui al comma 1-bis consentano di «verificare la fondatezza degli elementi offerti dall’istante in merito al perdurare dell’operatività del sodali criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato, al profilo criminale del detenuto o dell’internato e alla sua posizione all’interno dell’associazione, alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione».
La normativa di recente conio impone, altresì, al giudice di sollecitare il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o, se si tratta di condanne per i delitti indicati all’articolo 51, commi 3-bis e 3quater, cod. proc. pen., del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado e del Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, e di acquisire informazioni dalla direzione dell’istituto ove l’istante è detenuto o internato, nonché di disporre, nei confronti del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate, accertamenti in ordine alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore
di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali.
Il comma 2-bis stabilisce, ancora, che «Quando dall’istruttoria svolta emergono indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, è onere del condannato fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria» e che «In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti…».
Risulta, dunque, dalla superiore esposizione che la novella ha trasformato la presunzione legale assoluta di immanenza dei collegamenti per il non collaborante, prevista dal precedente testo dell’art. 4-bis, in relativa, con allegazione che spetta alla parte e con la previsione, comunque, di oneri istruttori per il giudice della sorveglianza.
Alla luce della nuova normativa, quindi, il Tribunale di sorveglianza è tenuto ad apprezzare la pericolosità del detenuto per reati ostativi «di prima fascia», in particolare quanto al pericolo del mantenimento o del ripristino dei collegamenti con associazioni criminose, mediante l’esame approfondito della sua condotta carceraria e della partecipazione all’attività rieducativa, e se necessario svolgendo accertamenti tramite l’autorità di polizia.
In questo senso si è, del resto, orientata, sin dall’entrata in vigore del nuovo testo dell’art. 4-bis, la giurisprudenza di legittimità, che ha stabilito che «In tema di misure alternative alla detenzione in favore di soggetto condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia”, per effetto delle modifiche apportate all’art.4-bis ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, non assume rilievo decisivo la collaborazione con l’autorità giudiziaria, essendo demandato al giudice, alla luce della mutata natura della presunzione – divenuta relativa di mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale, la valutazione del percorso rieducativo del condannato e dell’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso, mediante gli ampliati poteri istruttori di cui all’art. 4-bis, comma 2, ord. pen.» (Sez. 1, n. 35682 del 23/05/2023, COGNOME, Rv. 284921 – 01).
Tanto, alla luce dell’espresso rilievo secondo cui «La novella del 2022 richiede dunque che sia esercitato il potere valutativo di merito in ordine alla
verifica dei requisiti di accesso alle misure alternative richieste dal ricorrente, al luce della nuova qualità – relativa e superabile – della presunzione di mantenimento di collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, da essa introdotta, in caso di mancata collaborazione processuale», accompagnato dal riconoscimento che detta situazione «non costituisce più un dato rigidamente preclusivo all’accesso ai benefici penitenziari, restando nell’ambito valutativo del Tribunale di sorveglianza superare detta presunzione, non più assoluta, sulla base degli indici, stringenti e cumulativi, che sono stati introdotti con la nuova regola iuris, e che si sostanziano nella necessità di valutare in concreto il percorso rieducativo del ricorrente e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso»; con l’esplicita indicazione del dovere, per il Tribunale di sorveglianza, di avvalersi degli ampliati poteri istruttori previsti dal second comma dell’art. 4-bis.
Nella fattispecie in esame, NOME COGNOME con l’istanza che il Presidente del Tribunale di sorveglianza ha dichiarato tout court inammissibile, accessibile al Collegio in virtù della natura processuale del vizio dedotto, ha analiticamente esposto le ragioni che, a suo modo di vedere, consentivano l’accesso alla detenzione domiciliare, avuto riguardo, tra l’altro: alla misura della pena espiata e di quella residua; alla condotta serbata in costanza di detenzione; alle prospettive di compiuta risocializzazione e di inserimento lavorativo; all’assenza di pericolo di ripristino dei contatti con gli ambienti criminali che hanno fatto d sfondo all’attività di narcotraffico che gli è valsa la condanna alla pena, di sei ann di reclusione, della cui esecuzione si discute.
Così facendo, il condannato ha sollecitato il Tribunale di sorveglianza alla verifica, da compiersi previa attivazione dei relativi poteri istruttori, de sussistenza delle condizioni per l’accesso – con riferimento alla pena residua, contenuta, al tempo di proposizione dell’istanza, in poco più di diciotto mesi – alla misura alternativa alla detenzione.
Impregiudicata ogni valutazione concernente la fondatezza della richiesta, il Presidente del Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, per parte sua, instaurare il contraddittorio camerale anziché sancirne, de plano, l’inammissibilità in ragione della ritenuta, radicale ed insuperabile, insussistenza dei presupposti per il suo accoglimento.
Il provvedimento impugnato si connota, dunque perché adottato in sostanziale violazione del principio, da tempo costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui la dichiarazione d’inammissibilità de plano è ammessa quando la richiesta sia identica, per oggetto e per elementi
giustificativi, ad altra già rigettata ovvero risulti manifestamente infondata per la inesistenza dei presupposti minimi di legge, senza implicare alcun
giudizio di merito e alcuna valutazione discrezionale, dovendo altrimenti provvedersi all’esito del procedimento camerale partecipato, ai sensi dell’art.
127 cod. proc. pen.. (cfr., tra le più recenti, Sez. 1, n. 22282 del 23/06/2020,
D. , Rv. 279452 – 01; Sez. 1, n. 32279 del 29/03/2018, Focoso, Rv. 273714;
Sez. 1, n. 24433 del 29/04/2015, COGNOME, Rv. 263970).
È, del pari, costante, nella giurisprudenza di legittimità, l’affermazione secondo cui, qualora il giudice dell’esecuzione o della sorveglianza abbia
omesso di fissare l’udienza in camera di consiglio ed adottato un, non consentito, provvedimento
de plano, si determina una nullità di ordine
generale e di carattere assoluto, rilevabile di ufficio in ogni stato e grado del procedimento, ai sensi degli artt. 178 e 179 cod. proc. pen., dato che la
procedura adottata comporta l’omesso avviso all’interessato della fissazione dell’udienza, equiparabile alla omessa citazione dell’imputato nel
procedimento ordinario, e l’assenza del suo difensore in casi in cui ne è
obbligatoria la presenza (cfr., tra le altre, Sez. 1, n. 9818 del 14/02/2014, Imperiale, Rv. 259172; Sez. 1, n. 29505 del 11/06/2013, COGNOME, Rv. 256111; Sez. 3, n. 11421 del 29/01/2013, Prediletto, Rv. 254939).
6. L’attivazione della procedura de plano al di fuori delle condizioni di legge impone, in conclusione, l’annullamento senza rinvio del provvedimento impugnato, con trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta per l’ulteriore corso, ovvero per la nuova trattazione, nel contraddittorio tra le parti, ai sensi dell’art. 666, commi 3 e 4, dell’istanza di ammissione alla detenzione domiciliare.
P.Q.M.
Annulla senza rinvio il provvedimento impugnato e dispone la trasmissione degli atti al Tribunale di sorveglianza di Caltanissetta per l’ulteriore corso. Così deciso il 18/06/2025.