Reati Ostativi e Benefici Penitenziari: La Prova della Rottura con il Passato
La concessione di benefici penitenziari per chi è stato condannato per reati ostativi rappresenta uno dei temi più dibattuti del diritto dell’esecuzione penale. Una recente sentenza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri di valutazione dopo la riforma del 2022, sottolineando come la prova di una reale e completa rescissione dei legami con il mondo criminale sia un requisito imprescindibile. Il caso analizzato riguarda un detenuto condannato per associazione finalizzata al traffico di stupefacenti, a cui sono state negate le misure alternative.
Il Caso in Esame: Diniego di Misure Alternative
Un uomo, detenuto per scontare una pena di sei anni e dieci mesi per il reato di cui all’art. 74 d.P.R. 309/90, aveva presentato istanza al Tribunale di Sorveglianza per ottenere l’affidamento in prova al servizio sociale o, in subordine, la semilibertà. La sua pena sarebbe terminata nel gennaio 2028.
Il Tribunale di Sorveglianza aveva respinto la richiesta. La decisione si basava su una valutazione di fatto, in particolare su una nota della Direzione Distrettuale Antimafia che suggeriva come l’interessato non avesse rivelato tutto ciò che era a sua conoscenza sui fatti per cui era stato condannato. Questo elemento è stato interpretato come un segnale di una mancata rottura con il contesto delinquenziale di appartenenza.
La Nuova Disciplina sui Reati Ostativi
Il ricorrente ha impugnato la decisione sostenendo un’errata applicazione della legge, in particolare dell’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario, come modificato dal cosiddetto ‘decreto anti-rave’ (d.l. 162/2022, convertito in legge 199/2022). Secondo la sua difesa, essendo il reato stato commesso prima della riforma, si sarebbe dovuta applicare una disciplina transitoria più favorevole, che richiedeva solo di verificare l’assenza di contatti attuali con la criminalità, senza indagare sul pericolo di un loro ripristino.
La Presunzione non più Assoluta
La Corte di Cassazione ha colto l’occasione per chiarire la portata della novella legislativa. La riforma del 2022 ha modificato la natura della presunzione di mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale per i condannati per reati ostativi che non collaborano con la giustizia. Prima della riforma, questa presunzione era ‘assoluta’, ovvero non ammetteva prova contraria, bloccando di fatto l’accesso ai benefici.
Oggi, la presunzione è diventata ‘relativa’, cioè superabile. Ciò significa che il detenuto può dimostrare, attraverso elementi specifici, di aver reciso i legami con il passato criminale, anche senza una formale collaborazione processuale.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha stabilito che la riforma non ha reso automatico l’accesso ai benefici, ma ha attribuito al Tribunale di Sorveglianza un potere valutativo più ampio e complesso. Il giudice deve ora verificare, sulla base di ‘indici stringenti e cumulativi’, se la presunzione di pericolosità possa essere superata. Questa valutazione deve basarsi sull’analisi concreta del percorso rieducativo del condannato e sull’effettiva assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata.
Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto corretto l’operato del Tribunale di Sorveglianza. La reticenza o la parzialità delle dichiarazioni rese dal condannato è stata considerata un elemento fattuale oggettivo e fortemente indicativo di una non ancora avvenuta rescissione del ‘radicato collegamento’ con l’ambiente criminale. Il diniego, quindi, non deriva da un’applicazione automatica della legge, ma da una valutazione di merito approfondita che ha concluso per la persistenza di un legame pericoloso.
Le Conclusioni
La sentenza ribadisce un principio fondamentale: anche dopo la riforma del 2022, per i condannati per reati ostativi l’onere di dimostrare il cambiamento è molto elevato. Non è sufficiente un percorso carcerario formalmente corretto, ma è necessaria una prova tangibile e convincente della rottura con il passato. La valutazione del giudice rimane sovrana e si fonda su tutti gli elementi disponibili, comprese le informative degli organi inquirenti. Una collaborazione incompleta o percepita come non genuina può essere interpretata come un segnale che il legame con la criminalità non è stato ancora definitivamente spezzato, precludendo così la via verso le misure alternative.
Dopo la riforma del 2022, come si valuta l’accesso ai benefici per chi ha commesso reati ostativi senza collaborare con la giustizia?
L’accesso ai benefici non è più precluso in modo assoluto. Il giudice deve esercitare un potere valutativo di merito per verificare, sulla base di indici stringenti e cumulativi, se il detenuto ha effettivamente e completamente reciso i collegamenti, attuali e potenziali, con la criminalità organizzata.
Cosa significa che la presunzione di mantenimento dei legami con la criminalità organizzata è diventata ‘relativa’?
Significa che non è più un ostacolo insormontabile. La presunzione legale che il condannato per reati gravi mantenga legami con il suo ambiente criminale può essere superata fornendo al giudice prove concrete e specifiche che dimostrino il contrario, come un percorso rieducativo eccezionale e l’assenza totale di contatti.
In questo caso, perché la richiesta di misure alternative è stata respinta nonostante la nuova legge?
La richiesta è stata respinta perché il Tribunale di Sorveglianza, con una valutazione di fatto ritenuta corretta dalla Cassazione, ha interpretato le dichiarazioni parziali e incomplete del condannato come un forte indizio della mancata rescissione dei suoi legami con l’associazione criminale di appartenenza, non superando così la presunzione di pericolosità.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26029 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26029 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 27/06/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
NOME COGNOME
Sent. n. sez. 2250/2025
CC – 27/06/2025
– Relatore –
NOME COGNOME
ha pronunciato la seguente
sul ricorso proposto da:
avverso l’ordinanza del 04/03/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di FIRENZE
udita la relazione del Consigliere NOME COGNOME
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Firenze ha rigettato l’istanza volta alla concessione dell’affidamento in prova al servizio sociale o della semilibertà, presentate da NOME COGNOME detenuto in espiazione della pena di anni sei e mesi dieci di reclusione, riportata all’esito di processo svoltosi con le forme del rito abbreviato, relativamente al reato di cui all’art. 74 d.P.R. 09 ottobre 1990, n. 309, con fine pena attualmente fissato al 16/01/2028.
2.2. Con il secondo motivo, viene denunciata erronea applicazione dell’art. 4bis Ord. pen., in relazione all’art. 3 d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199. Il reato per il quale Ł stato giudicato il ricorrente Ł anteriore al 2022 e, pertanto, deve trovare applicazione la disciplina transitoria in materia di benefici premiali, laddove Ł stabilito che debba esser solo verificata l’inesistenza di contatti con la criminalità e non anche l’insussistenza del pericolo di ripristino di tali collegamenti.
La novella del 2022, dunque, richiede che sia esercitato il potere valutativo di merito, in ordine alla verifica dei requisiti di accesso alle misure alternative invocate dal ricorrente, alla luce della nuova qualità – relativa e superabile – della presunzione di mantenimento di collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, da essa introdotta, in caso di mancata collaborazione processuale. Tale situazione, infatti, non costituisce piø un dato rigidamente preclusivo all’accesso ai benefici penitenziari, restando nell’ambito valutativo del Tribunale di sorveglianza la possibilità di superare detta presunzione – appunto in quanto non piø assoluta – sulla base degli indici, stringenti e cumulativi, che sono stati introdotti con la nuova regula iuris e che si sostanziano nella necessità di valutare in concreto il percorso rieducativo del ricorrente e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso (sul punto, si veda Sez. 1, n. 35682 del 23/05/2023, COGNOME, Rv. 284921 – 01, a mente della quale: ‹‹In tema di misure alternative alla detenzione in favore di soggetto condannato per reati ostativi cd. “di prima fascia”, per effetto delle modifiche apportate all’art.4-bis ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, non assume rilievo decisivo la collaborazione con l’autorità giudiziaria, essendo demandato al giudice, alla luce della mutata natura della presunzione – divenuta relativa – di mantenimento dei collegamenti
Il diniego di misure alternative, dunque, si basa essenzialmente su una valutazione in punto di fatto, che ha portato il Tribunale di sorveglianza a leggere la succitata nota della D.D.A. catanese nel senso che il condannato non abbia rivelato interamente ciò che era a sua conoscenza, circa i fatti per i quali si Ł proceduto a suo carico. Tale dato, di natura oggettiva, Ł stato interpretato dai Giudici di sorveglianza quale elemento fortemente evocativo di una non ancora avvenuta rescissione del radicato collegamento – lungamente protrattosi nel tempo – del soggetto nel contesto delinquenziale associativo, oggetto di accertatamente mediante la sentenza in esecuzione.