Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 38468 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 38468 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 12/07/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a TORRE DEL GRECO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 17/04/2024 del TRIB. SORVEGLIANZA di NAPOLI
udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha dichiarato inammissibile l’istanza volta all’accertamento della impossibilità o inesigibilità della collaborazione e alla concessione di permessi premio, presentata da NOME COGNOME, detenuto con fine pena fissato al 24/04/2028, condanNOME con sentenza del Tribunale di Napoli del 12/10/2020 (pronuncia confermata dalla Corte di appello di Napoli il 19/09/2022 e passata in giudicato il 29/11/2023) alla pena di anni dieci di reclusione, per esser stato ritenuto colpevole dei reati di cui agl artt. 416-bis e 629 cod. pen.
Ricorre per cassazìone NOME COGNOME, a mezzo dell’AVV_NOTAIO, deducendo erronea applicazione degli artt. 4-bis, comma 1-bis, 30-ter legge 26 luglio 1975, n. 354, in relazione al decreto legge n. 162 del 2022, nonché motivazione apparente in RAGIONE_SOCIALE alla produzione documentale della difesa.
Trattasi di soggetto che ha espiato oltre la metà della pena detentiva in esecuzione e che ha trascorso quattro anni in regime di arresti domiciliari, fruendo ripetutamente di autorizzazioni che gli consentivano una sostanziale condizione di libertà; eppure, COGNOME non ha mai dato segnali di attualizzazione dei suoi legami con ambienti malavitosi. Anche al tempo in cui commise i reati per i quali è stato giudicato, del resto, il condanNOME aveva legami con la criminalità organizzata, ma non è stato mai considerato organico ad alcun clan (del resto, i sodalizi con i quali aveva rapporti, ossia il clan COGNOMERAGIONE_SOCIALE e il clan COGNOME, ormai non sono più operativi). Ad analoghe conclusioni, poi, giunge la relazione comportamentale, parimenti versata in atti.
COGNOME, inoltre, ha superato i sessanta anni ed è una persona ben inserita nella comunità territoriale, come dimostra l’otteninnento di numerosi permessi premio; i fatti per i quali è stato condanNOME, infine, erano legati all’attività de ditta di pulizia della quale era titolare e, quindi, sono del tutto circoscritti tempo.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso.
Il Tribunale dì sorveglianza ha deciso in conformità ai principi di diritto dettati dalla giurisprudenza di legittimità; l’impugnazione, di contro, propone solo una diversa interpretazione degli atti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
2. É pacifico che sia in esecuzione, a carico di NOME COGNOME, una condanna relativa all’art. 416-bis cod. pen., delitto ricompreso nel novero delle figure tipich per le quali – a norma dell’art. 4-bis, comma 1-bis, legge 26 luglio 1975, n. 354 (nel testo introdotto dal d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito con modificazioni dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199) – l’assegnazione al lavoro esterno, i permessi premio e le misure alternative alla detenzione (con l’eccezione della liberazione anticipata) possono essere concessi, anche in assenza di collaborazione con la giustizia ai sensi dell’articolo 58-ter Ord. pen., purché gli istanti dimostrino l’adempimento delle obbligazioni civili e degli obblighi di riparazione pecuniaria conseguenti alla condanna o l’assoluta impossibilità di tale adempimento e alleghino elementi specifici, diversi e ulteriori rispetto alla regolare condott carceraria, alla partecipazione del detenuto al percorso rieducativo e alla mera dichiarazione di dissociazione dall’organizzazione criminale di eventuale appartenenza, che consentano di escludere l’attualità di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva e con il contesto nel quale il reat è stato commesso, nonché il pericolo di ripristino di tali collegamenti, anche indiretti o tramite terzi, tenuto conto delle circostanze personali e ambientali, delle ragioni eventualmente dedotte a sostegno della mancata collaborazione, della revisione critica della condotta criminosa e di ogni altra informazione disponibile. Tale disposizione normativa prevede, inoltre, che «al fine della concessione dei benefici, il giudice accerta altresì la sussistenza di iniziative dell’interessat favore delle vittime, sia nelle forme risarcitorie che in quelle della giustiz riparativa».
Il secondo comnna dell’art. 4-bis Ord. pen, assegna, poi, alla magistratura di sorveglianza il compito di richiedere – in vista della decisione sull’istanza ammissione ai benefici penitenziari e per il tramite del RAGIONE_SOCIALE – dettagliate informazioni che, con specifico riferimento ai casi, quale quello in esame, di cui al comma 1-bis consentano di «verificare la fondatezza degli elementi offerti dall’istante in merito al perdurar dell’operatività del sodalizio criminale di appartenenza o del contesto criminale nel quale il reato è stato consumato, al profilo criminale del detenuto o dell’interNOME e alla sua posizione all’interno dell’associazione, alle eventuali nuove imputazioni o misure cautelari o di 3 prevenzione sopravvenute a suo carico e, ove significative, alle infrazioni disciplinari commesse durante la detenzione».
La normativa di nuovo conio impone, altresì, al giudice di sollecitare il parere del pubblico ministero presso il giudice che ha emesso la sentenza di primo grado o – se si tratta di condanne per i delitti indicati all’articolo 51, connmi 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen. – del pubblico ministero presso il tribunale del capoluogo del distretto ove è stata pronunciata la sentenza di primo grado e del
Procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo, nonché di acquisire informazioni dalla direzione dell’istituto ove l’istante è detenuto o interNOME e di disporre carico del medesimo, degli appartenenti al suo nucleo familiare e delle persone ad esso collegate – accertamenti in RAGIONE_SOCIALE alle condizioni reddituali e patrimoniali, al tenore di vita, alle attività economiche eventualmente svolte e alla pendenza o definitività di misure di prevenzione personali o patrimoniali. Il comma 2-bis stabilisce, ancora, che «Quando dall’istruttoria svolta emergono indizi dell’attuale sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata, terroristica o eversiva o con il contesto nel quale il reato è stato commesso, ovvero del pericolo di ripristino di tali collegamenti, è onere del condanNOME fornire, entro un congruo termine, idonei elementi di prova contraria» e che «In ogni caso, nel provvedimento con cui decide sull’istanza di concessione dei benefici il giudice indica specificamente le ragioni dell’accoglimento o del rigetto dell’istanza medesima, tenuto conto dei pareri acquisiti…».
2.1. La novella, quindi, ha trasformato la presunzione legale assoluta di immanenza dei collegamenti per il non collaborante, prevista dalla previgente lettera dell’art. 4-bis Ord. pen., in una presunzione relativa, che postula un onere di allegazione gravante sulla parte e che prevede, comunque, l’adempimento di compiti istruttori per il giudice della sorveglianza.
2.2. In ossequio alla nuova normativa, pertanto, il Tribunale di sorveglianza è tenuto ad apprezzare specificamente il grado di pericolosità del soggetto che si trovi in espiazione di condanne inflitte per reati ostativi «di prim fascia», segnatamente in RAGIONE_SOCIALE al pericolo di mantenimento o ripristino dei collegamenti con associazioni criminose, attraverso l’esame approfondito della sua condotta carceraria e della partecipazione all’attività rieducativa e, laddove ritenuto necessario, ricorrendo ad accertamenti da svolgersi per il tramite dell’autorità dì polizia.
In questo senso, del resto, si è immediatamente orientata la giurisprudenza di legittimità, che ha stabilito che «In tema di misure alternative alla detenzione in favore di soggetto condanNOME per reati ostativi cd. “di prima fascia”, per effetto delle modifiche apportate all’art. 4-bis Ord. pen. con d.l. 31 ottobre 2022, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre 2022, n. 199, non assume rilievo decisivo la collaborazione con l’autorità giudiziaria, essendo demandato al giudice, alla luce della mutata natura della presunzione divenuta relativa – di mantenimento dei collegamenti con l’organizzazione criminale, la valutazione del percorso rieducativo del condanNOME e dell’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso, mediante gli ampliati poteri istruttori di cui all’art. 4-bis, comma 2, ord. pen.» (Sez. 1, n. 35682 del 23/05/2023, Catarisano, rv. 284921). Conclusione
alla quale si perviene, in forza del rilievo secondo cui «La novella del 2022 richiede dunque che sia esercitato il potere valutativo di merito in RAGIONE_SOCIALE alla verifica dei requisiti di accesso alle misure alternative richieste dal ricorrente, alla luce del nuova qualità – relativa e superabile – della presunzione di mantenimento di collegamenti con l’organizzazione di appartenenza, da essa introdotta, in caso di mancata collaborazione processuale», accompagNOME dal riconoscimento che detta situazione «non costituisce più un dato rigidamente preclusivo all’accesso ai benefici penitenziari, restando nell’ambito valutativo del Tribunale di sorveglianza superare detta presunzione, non più assoluta, sulla base degli indici, stringenti e cumulativi, che sono stati introdotti con la nuova regola iuris, e che si sostanziano nella necessità di valutare in concreto il percorso rieducativo del ricorrente e l’assenza di collegamenti, attuali o potenziali, con la criminalità organizzata e con il contesto mafioso»; con l’esplicita indicazione del dovere, per il Tribunale di sorveglianza, di avvalersi degli ampliati poteri istruttori previsti dal second comma dell’art. 4-bis Ord. pen.
2.3. Si ricorda inoltre come, già nel regime previgente, per l’istituto del permesso premio si era evidenziata la rilevanza, nei congrui casi, dell’attività istruttoria di iniziativa ufficiosa, affermandosi che, in tema di concessione di questo beneficio premiale a soggetto condanNOME per delitti ostativi ai sensi dell’art. 4bis, comma 1, Ord. pen., non potesse ritenersi legittima l’ordinanza del giudice di sorveglianza che si fosse limitata a dichiarare l’inammissibilità dell’istanza per omessa specifica allegazione di elementi di prova idonei a dimostrare la sussistenza dei requisiti sulla base dei quali, dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 253 del 2019, poteva essere concesso il beneficio (vale a dire l’assenza di collegamenti con la criminalità organizzata e del pericolo del loro ripristino), incombendo all’istante l’allegazione di elementi fattuali (quali, a esempio, l’assenza di procedimenti posteriori alla carcerazione, il mancato sequestro di missive o la partecipazione fattiva all’opera rieducativa) che, anche solo in chiave logica, fossero idonei a contrastare la presunzione di perdurante pericolosità prevista dalla legge per negare lo stesso, potendo, eventualmente, il giudice completare l’istruttoria anche d’ufficio (Sez. 1, n. 33743 del 14/07/2021, COGNOME, rv. 281764).
3. Così delineato il quadro normativo di interesse, può passarsi all’esame della concreta fattispecie.
Il Tribunale di sorveglianza di Napoli ha esposto le ragioni poste a fondamento della ritenuta insussistenza del requisito della impossibilità della collaborazione, da parte del condanNOME, compendiandole – nella motivazione dell’avversata ordinanza, nei seguenti termini:
in primo luogo, si sottolinea emergere dagli atti (rectius, dalla parte motiva della sentenza in esecuzione) la partecipazione del COGNOME a una pluralità di episodi, così reputandosi inconferente il tentativo di sminuirne la caratura delinquenziale, trattandosi di soggetto che – nella sua veste di titolare della ditta di pulizie c operava, al tempo, all’interno dei locali che ospitavano l’amministrazione comunale – aveva comunque interessi in appalti di vario genere (dunque, non solo nel campo della pulizia degli ambienti, ma anche del gioco, delle mense scolastiche, delle concessioni relative ai taxi);
si evidenzia che COGNOME, inoltre, era uomo di riferimento, nel settore degli appalti, non solo delle associazioni camorristiche egemoni in territorio torrese (sodalizi criminali ormai non più attivi, quali i già citati clan COGNOME RAGIONE_SOCIALE–RAGIONE_SOCIALE), ma anche dì diverse altre organizzazioni, di più vasta dimensione e diffusione territoriale;
si segnala come il condanNOME si sia dimostrato in grado di imporre estorsioni alle ditte appaltatrici, riuscendo anche a incidere sull’esito di gare di appalto e operando tanto nell’interesse proprio, quanto a vantaggio delle organizzazioni camorristiche con le quali si rapportava;
si ricorda trattarsi di soggetto che manteneva consolidati rapporti anche con uomini politici della zona, così fungendo da anello di congiunzione fra malavita organizzata, imprenditoria e politica.
Coglie nel segno, però, la deduzione difensiva, circa il rilievo impropriamente decisivo e assorbente attribuito – ad opera del Tribunale di sorveglianza – all’unico dato, rappresentato dalla assenza di collaborazione impossibile.
COGNOME ha addotto, infatti, di aver fruito di plurime autorizzazioni, che gli hanno consentito una sostanziale condizione di libertà, senza che ciò abbia mai dato adito ad alcuna forma di attualizzazione dei collegamenti con la criminalità organizzata; ha poi dedotto il tenore positivo della relazione comportamentale, parimenti inserita nell’incarto processuale e posta a fondamento dell’istanza. Ha rappresentato, infine, l’esistenza di un suo soddisfacente inserimento nel tessuto sociale e lavorativo.
4.1. A fronte di tali deduzioni, il Tribunale di sorveglianza ha disatteso l’istanza valorizzando esclusivamente, come detto, il dato della omissione – da parte del condanNOME – di una completa propalazione del proprio patrimonio conoscitivo, in tal modo finendo per adottare un provvedimento distonico, rispetto al quadro normativo sopra delineato. Tanto in ragione:
dell’incompletezza dell’istruttoria, che deve invece costituire l’architrave del provvedimento [è restato carente, in primo luogo, ogni riferimento ad iniziative di
tipo riparatorio, elemento normativo di co-valutazione della concessione del beneficio (Sez. 1, n. 32878 del 20/04/2023, COGNOME, n.m.)];
dell’esame solo parziale delle allegazioni provenienti dal condanNOME, circa il suo inserimento sociale;
della mancata attivazione – stante l’astratta ammissibilità, dal punto di vista sia formale che contenutistico, dell’istanza – del circuito informativo indicato dall’art 4-bis, comma 2 Ord. pen.
4.2. Il Tribunale di sorveglianza avrebbe dovuto, in altri termini, valutare la fondatezza e la sufficienza di tutte le allegazioni contenute nell’istanza e negli atti depositati dal condanNOME, nonché acquisire le ulteriori informazioni ritenute necessarie, sia quanto al pericolo di contatti del condanNOME con l’associazione di appartenenza, esercitando i poteri istruttori attribuiti dall’art. 4-bis, comma 2, legge 25 luglio 1975, n. 354, sia quanto alla valenza del percorso rieducativo eventualmente seguito.
Gli ulteriori dati da valutare, insomma, risultano nell’avversato provvedimento del tutto “annegati”, nella esclusiva considerazione circa la carenza di collaborazione; a tale dato è stata attribuita, pertanto, una incongrua efficacia preclusiva, in RAGIONE_SOCIALE all’invocato beneficio ;
Alla luce delle considerazioni che precedono, l’ordinanza impugnata viene annullata, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Napoli.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di sorveglianza di Napoli.
Così deciso in Roma, il 12 luglio 2024.