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Reati ostativi: anche il tentativo preclude i benefici

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 11558/2024, ha rigettato il ricorso di una condannata per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso, confermando che i reati ostativi precludono i benefici penitenziari, come la detenzione domiciliare, anche se commessi solo in forma di tentativo. La Corte ha ritenuto irrilevante l’errore sul calcolo della pena residua e inammissibile il motivo sulla valutazione della pericolosità sociale, poiché non erano stati forniti gli elementi richiesti dalla legge per superare la presunzione di pericolosità legata a tali crimini.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati Ostativi: Anche il Tentativo Blocca l’Accesso ai Benefici

Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 11558 del 2024, ha ribadito un principio fondamentale in materia di esecuzione della pena, stabilendo che la natura ostativa di un reato si estende anche alla sua forma tentata. Questa decisione chiarisce che i reati ostativi, ovvero quei crimini di particolare allarme sociale, precludono l’accesso a misure alternative alla detenzione anche quando non sono stati portati a compimento. Analizziamo insieme i dettagli di questo importante caso.

I Fatti del Ricorso

Il caso trae origine dal ricorso presentato da una donna condannata per tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso. Il Tribunale di Sorveglianza di Roma aveva dichiarato inammissibile la sua istanza di detenzione domiciliare e rigettato quella di affidamento in prova al servizio sociale.
La difesa della condannata aveva articolato il ricorso su due punti principali:
1. Un presunto errore nel calcolo della pena residua, che, se correttamente computata, sarebbe stata inferiore ai due anni, rendendo ammissibile la detenzione domiciliare.
2. La contestazione del giudizio di pericolosità sociale, sostenendo che il Tribunale non avesse considerato elementi positivi come il ruolo marginale nel reato, la buona condotta e l’assenza di legami con la criminalità organizzata.

La Questione dei Reati Ostativi e del Tentativo

Il cuore della questione legale risiedeva nel primo motivo di ricorso. La difesa sosteneva che il divieto di concessione dei benefici penitenziari previsto dall’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario dovesse applicarsi solo ai reati consumati e non a quelli tentati. Questa tesi si basava su un orientamento giurisprudenziale che considera il tentativo una figura di reato autonoma ed eccezionale rispetto alla norma generale che regola l’accesso ai benefici.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha respinto categoricamente questa interpretazione, aderendo a un orientamento più consolidato e rigoroso, già sancito dalle Sezioni Unite.

L’Irrilevanza del Calcolo Pena e l’Inammissibilità del Secondo Motivo

Una volta stabilito che la tentata estorsione con metodo mafioso rientra a pieno titolo nel novero dei reati ostativi, la questione del calcolo della pena residua è diventata irrilevante. La legge, infatti, esclude esplicitamente l’applicazione della detenzione domiciliare per pene brevi ai condannati per i reati di cui all’art. 4-bis.
Anche il secondo motivo, relativo alla valutazione della pericolosità sociale, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha sottolineato che il ricorso non si confrontava con il nucleo della decisione del Tribunale, ovvero la mancanza dei presupposti specifici richiesti dalla nuova normativa (art. 4-bis, comma 1-bis) per superare la presunzione di pericolosità. Non basta una generica buona condotta, ma sono necessari elementi specifici e ulteriori, come l’adempimento delle obbligazioni civili, la prova di dissociazione dal contesto criminale e iniziative concrete a favore delle vittime.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte ha fondato la sua decisione sul principio espresso dalle Sezioni Unite (sentenza n. 40985/2018), secondo cui quando la legge si riferisce a delitti commessi avvalendosi del metodo mafioso o per agevolare associazioni criminali, il divieto di benefici si applica a tutti i delitti, consumati o tentati, che presentano tali caratteristiche.
La logica è chiara: ciò che rende il reato ‘ostativo’ non è il suo completamento, ma il metodo e la finalità con cui viene commesso. Un’azione criminale che utilizza l’intimidazione di stampo mafioso è considerata di massima gravità e ostativa ai benefici a prescindere dal fatto che l’obiettivo finale sia stato raggiunto o meno. Pertanto, l’istanza di detenzione domiciliare era stata correttamente dichiarata inammissibile in partenza.

Le Conclusioni

In conclusione, la sentenza rafforza un’interpretazione rigorosa della normativa sui reati ostativi. Il messaggio del legislatore e della giurisprudenza di legittimità è inequivocabile: la lotta alla criminalità di stampo mafioso passa anche attraverso un regime penitenziario severo, che non ammette sconti o facilitazioni nemmeno quando il progetto criminale si sia fermato allo stadio del tentativo. Per i condannati per tali reati, l’unica via per accedere a misure alternative resta quella di soddisfare le condizioni particolarmente stringenti previste dalla legge, dimostrando un’effettiva e concreta dissociazione dal mondo criminale.

Un reato commesso solo in forma di ‘tentativo’ può essere considerato ‘ostativo’ all’accesso ai benefici penitenziari?
Sì. La Corte di Cassazione ha confermato che il divieto di concessione di benefici penitenziari, previsto per i reati commessi con metodo mafioso, si applica sia ai reati consumati che a quelli tentati, poiché ciò che rileva è il metodo e la finalità criminale, non il completamento dell’azione.

Perché l’errore nel calcolo della pena residua è stato considerato irrilevante dalla Corte?
L’errore è stato ritenuto irrilevante perché il reato in questione rientra nell’elenco dei reati ostativi di cui all’art. 4-bis dell’ordinamento penitenziario. Per questi reati, la disposizione che permette la detenzione domiciliare per pene residue inferiori a due anni è espressamente inapplicabile a prescindere.

Cosa è necessario dimostrare per superare la presunzione di pericolosità per i condannati per reati ostativi?
Non è sufficiente la mera buona condotta carceraria o una dichiarazione di dissociazione. La legge richiede elementi specifici, diversi e ulteriori, come l’adempimento delle obbligazioni civili e risarcitorie, l’assoluta impossibilità di tale adempimento, elementi che escludano collegamenti attuali con la criminalità organizzata e iniziative concrete a favore delle vittime.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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