Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 5312 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6   Num. 5312  Anno 2024
AVV_NOTAIO: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
sui ricorsi proposti da COGNOME NOME, nato a Caste! San Giovanni il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Casale Monferrato il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a Grottaglie il DATA_NASCITA COGNOME NOME, nato a San Miniato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 20/09/2022 della Corte di appello di Bologna letti gli atti, il ricorso e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME; udite le conclusioni del pubblico ministero in persona del AVV_NOTAIO COGNOME, che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi; udite le conclusioni dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, e dell’AVV_NOTAIO, difensore di COGNOME NOME e COGNOME NOME, che hanno concluso per l’accoglimento dei rispettivi ricorsi o, in
subordine, per la dichiarazione di prescrizione dei reati.
RITENUTO IN FATTO
La Corte di appello di Bologna ha confermato la sentenza del 17 aprile 2018 con la quale il locale Tribunale all’esito di giudizio ordinario aveva dichiarato COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili del reato di cui all’art. 341 bis cod. pen., contestato al capo D), e COGNOME NOME e COGNOME NOME responsabili del reato di cui all’art. 337 cod. pen., contestato al capo G), esclusa l’aggravante di cui all’art. 339 cod. pen., e, con attenuanti generiche, riconosciute al COGNOME e all’COGNOME, aveva condannato il COGNOME e il COGNOME alla pena di 2 mesi di reclusione e il COGNOME e l’COGNOME alla pena di mesi 4 di reclusione, concessi a tutti, eccetto il COGNOME, i doppi benefici.
Gli imputati erano stati ritenuti responsabili delle condotte tenute, in occasione della visita a Bologna del AVV_NOTAIO, nel corso di una manifestazione non autorizzata, alla quale partecipavano esponenti dei centri sociali e dei collettivi studenteschi, contrappostisi alle forze di poliz schierate ai due ingressi del Parco della Montagnola per prevenire disordini ed impedire l’accesso ai manifestanti. In particolare, il COGNOME e il COGNOME erano stati ritenuti responsabili di oltraggio nei confronti dell’agente COGNOME destinatario del lancio di un uovo, scagliato dal COGNOME su istigazione del COGNOME, in base alla testimonianza del COGNOME ed ai fotogrammi prodotti; il COGNOME e l’COGNOME erano stati ritenuti responsabili di resistenza a pubblico ufficiale in base alle risultanze dei filmati acquisiti, risultando ripreso il primo mentr sferrava un calcio contro gli agenti per contrapporsi alla carica di alleggerimento, il secondo mentre lanciava un fumogeno contro il reparto mobile.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso i difensori degli imputati.
Nell’interesse del COGNOME e del COGNOME il difensore articola i seguenti motivi:
2.1. Con il primo motivo denuncia la contraddittorietà della motivazione con riferimento alla prova della responsabilità del COGNOME quale concorrente morale del COGNOME, autore materiale della condotta, nonché il travisamento della prova documentale e dichiarativa.
La Corte di appello avrebbe attribuito alle dichiarazioni del teste COGNOME un significato diverso ed ulteriore rispetto a quanto riferito, benché contraddetto dalle immagini acquisite; avrebbe, inoltre, fondato il convincimento su una prova inutilizzabile ovvero sulle didascalie delle foto 39-42, nonostante l’affermata utilizzabilità delle immagini al netto delle annotazioni esplicative a corredo delle stesse. A differenza di quanto sostenuto in sentenza, nel visionare le immagini il teste COGNOME non dice di aver sentito COGNOME istigare il COGNOME a tirare un uovo contro l’agente né di averlo visto tirare un uovo, né le immagini riprendono il
lancio, ma solo il movimento del braccio. E’ erronea l’indicazione delle foto citate in sentenza perché in esse il COGNOME non c’è e riguardano un frangente diverso da quello indicato dalla Corte di appello, sicché dall’analisi congiunta delle dichiarazioni del teste e delle foto dallo stesso commentate non emerge alcun collegamento tra COGNOME e il lancio dell’uovo, eventualmente avvenuto in un momento diverso e riguardante solo il COGNOME. La circostanza dell’istigazione al lancio delle uova trova riscontro solo nella annotazione di polizia a margine della foto aff. 39, espressamente dichiarata inutilizzabile.
2.2. Con il secondo motivo si denuncia la manifesta illogicità della motivazione in ordine alla responsabilità concorsuale del COGNOME in quanto il teste COGNOME ha dichiarato di non aver visto alcun lancio di uova, ma solo di aver sentito il dialogo tra i due imputati, risultante da un filmato mai acquisito, sicché pur trattandosi di prova ammissibile, ha minore affidabilità; peraltro, non è stato individuato il poliziotto indicato dal COGNOME né quello imbrattato dall’uovo né risulta accertato se l’uovo lanciato dal COGNOME avesse attinto qualcuno. La motivazione è illogica perché, pur dando atto della scarsa affidabilità del mezzo di prova, fonda il giudizio solo su quella prova.
2.3. Con il terzo motivo si deduce l’erronea applicazione dell’art. 341 bis cod. pen., la mancata riqualificazione del fatto in tentativo o la violazione dell’art. 342 cod. pen. nonché la mancanza di motivazione sulla offensività della condotta. Erroneamente la Corte di appello reputa irrilevante l’individuazione della persona offesa, in quanto il reato sarebbe integrato il reato dal gesto in sé; è, invece, indispensabile che la condotta oltraggiosa sia percepita dal pubblico ufficiale, non essendovi altrimenti alcun pericolo per il regolare esercizio della funzione. Nel caso di specie l’agente COGNOME non è mai stato sentito né il teste COGNOME ha visto alcun lancio di uova. L’impostazione seguita in sentenza integra al più un’ipotesi tentata o il reato di cui all’art. 342 cod. pen. in quanto la Cor di appello riferisce l’offesa non al singolo pubblico ufficiale, ma al corpo di polizi si richiama a tal fine l’analisi contenuta nella sentenza n. 284 del 219 della Corte Costituzionale, che affrontava un caso analogo.
2.4. Con il quarto motivo si denuncia l’illogicità della motivazione in relazione alla esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen. per omessa valutazione delle caratteristiche del fatto e della minima offensività dello stesso, mancando la prova dell’imbrattamento di un poliziotto riconducibile agli imputati e della percezione dell’offesa da parte dei presenti, in quanto nessuno dei presenti si è accorto della condotta attribuita agli imputati né è stata individuata la persona offesa e la destinazione del lancio.
Nell’interesse del COGNOME e dell’COGNOME il difensore articola i seguenti motivi:
3.1. Con il primo motivo deduce violazione di legge e vizi di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità degli imputati per il reato di resistenza e, in particolare, per aver escluso la sussistenza della scriminante di cui all’art 54 cod. pen. nella condotta del COGNOME in base alle testimonianze degli agenti di polizia giudiziaria. A differenza della sentenza di primo grado, che colloca il gesto del COGNOME di scalciare contro gli operanti subito dopo la prima carica di alleggerimento, la Corte di appello colloca la condotta nel contesto della prima carica, individuando la posizione del COGNOME tra i manifestanti venuti in contatto con gli agenti con condotta che diede origine alla carica, così da escludere la ricorrenza, anche putativa, della scriminante per aver originato la situazione di pericolo, che vedeva una manifestante ferita in terra, ma non si tiene conto di altra testimonianza che colloca il ricorrente tra i manifestanti rimasti isolati. gesto di scalciare contri gli scudi dei poliziotti senza arrecare danni fu una reazione istintiva, diretta a proteggere dalla calca la persona ferita, piuttosto che a contrapporsi alle forze dell’ordine. Sul punto si richiama la sentenza di primo grado, che ha escluso l’aggravante di cui all’art. 339 cod. pen. in ragione delle condotte isolate e non connesse tra loro dei manifestanti; la motivazione è contraddittoria perché in contrasto con la ricostruzione della sentenza di primo grado e non tiene conto della non addebitabilità al ricorrente della situazione di pericolo creatasi e della non evitabilità del pericolo, non essendo possibile indietreggiare liberamente.
3.2. Con il secondo motivo denuncia l’erronea applicazione della legge e plurimi vizi della motivazione per mancata assoluzione e mancata riqualificazione della condotta dell’COGNOME in quella di cui all’art. 674 cod. pen. in quanto la condotta del ricorrente non era diretta ad impedire attività della forza pubblica, altrimenti il lancio avrebbe avuto ben altri e gravi effetti lesivi, sicché situazione di pericolo creata dalla condotta era sussumibile nel reato contravvenzionale.
3.3. Con il terzo motivo si denunciano la violazione dell’art. 131-bis cod. pen. e vizi della motivazione per avere la Corte di appello escluso la possibilità di ritenere la tenuità del fatto nel caso di resistenza posta in essere nel corso di manifestazioni pubbliche e senza tener conto dell’assenza di effetti lesivi delle condotte, della breve durata delle stesse, dell’elemento soggettivo e della occasionalità della condotta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I motivi di ricorso non sono tutti manifestamente infondati, il che consente di rilevare d’ufficio l’intervenuta prescrizione dei reati, maturata il novembre 2022. –
Sono inammissibili perché reiterativi e manifestamente infondati i primi due motivi proposti dal difensore del COGNOME e del COGNOME con i quali si tenta di offrire una diversa lettura dei fatti, parcellizzando le prove e le dichiarazioni res dal teste COGNOME al fine di sostenere che le foto esaminate dal testimone non documentano una sequenza continua, sicché non sarebbe visibile né il lancio dell’uovo da parte del COGNOME né la presenza del COGNOME, ritenuto istigatore del gesto di disprezzo verso l’agente NOME, mai sentito né individuato quale destinatario del gesto.
In realtà, la prospettazione difensiva, oltre a non considerare che le motivazioni delle due sentenze di merito si integrano, non considera che, oltre al fascicolo fotografico realizzato dalla polizia giudiziaria, estrapolando fotogrammi dai video realizzati dalla Polizia di Stato, dalla sentenza di primo grado risulta che la prova documentale era costituita anche da video forniti dai difensori di altri imputati e da fotogrammi estrapolati da videoriprese tratte da siti internet (pag. 2 sentenza di primo grado) e che l’analisi della prova dichiarativa proposta nel ricorso si pone in netto contrasto con quanto riportato nella sentenza di primo grado. Nella stessa si dà atto che il teste COGNOME nel visionare il video, non l’album fotografico da lui realizzato, aveva riferito che nel video si vede il COGNOME indicare al COGNOME con un dito uno degli agenti che gli era di fronte dall’altra parte del cancello e la condotta trovava riscontro nell’aff. 39 dell’album fotografico (in cui si vede COGNOME additare un agente e NOME gli è vicino e nell’aff. 40 si vede NOME protendere il braccio verso questo, v. pag. 5). Inoltre, la sentenza dà atto che il COGNOME riferì (pag. 76 trascrizione) che la foto in cui si vede l’agente colpito dall’uovo era estrapolata da riprese tratte dal sit internet di Tgcom 24; che il teste aveva visto il filmato che riprendeva l’intera sequenza del lancio e sentito nel video il COGNOME additare l’agente da colpire, accompagnando il gesto con epiteti nonché dicendo al COGNOME che “quello gli aveva rotto” (pag. 6 sentenza di primo grado e pag. 11 sentenza impugnata). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
A fronte di tali elementi, della pacifica utilizzabilità della testimonianza resa da un operatore di polizia giudiziaria sui fatti oggetto di videoriprese non acquisite agli atti (Sez. 3, n.47666 del 14/07/2022, COGNOME, Rv. 283827; Sez. 5, n. 38767 del 28/06/2017, COGNOME e altri, Rv. 271210) e della sequenza documentata, riportata a pag. 12 della sentenza impugnata, il tentativo difensivo di proporre una diversa ricostruzione dell’episodio, segmentando fatti e prove, si rivela inconsistente.
2.1. E’, invece, infondata la censura della motivazione relativa alla mancata qualificazione del fatto nel reato di cui all’art. 674 cod. pen. e alla non necessari identificazione del poliziotto colpito dal lancio del COGNOME.
La critica è solo apparentemente fondata, avendo la Corte di appello ritenuto indifferente che ad essere destinatario del lancio fosse un poliziotto piuttosto che un altro, dovendosi attribuire rilievo alla funzionalità del gesto ad esprimere disprezzo verso gli agenti. In tale ottica risulta corretta la valorizzazione della portata offensiva del gesto in ragione della qualifica del destinatario, della funzione esercitata e del contesto in cui si svolse l’azione, essendo pacificamente espressivo di disprezzo il lancio dell’uovo nei confronti di un operante.
Conseguentemente è del tutto infondata la prospettata riqualificazione del reato in quello di cui all’art. 342 cod. pen., avendo, invece, la Corte pacificamente ritenuto individuabile in uno dei poliziotti impegnati nel servizio di ordine pubblico la vittima immediata del gesto offensivo, raggiunta dal lancio effettuato dal COGNOME, risultante dalle videoriprese, come già detto. La circostanza, letta unitamente alle dichiarazioni del teste COGNOME, esclude, da un lato, che il lancio fosse destinato a colpire un obiettivo indeterminato e indistintamente il corpo di polizia, dall’altro, che fosse dubbia l’identificazion della vittima, invece, precisamente indicata nell’imputazione. Analogamente è del tutto infondata, alla luce della ricostruzione del contesto e della finalit dell’azione, la richiesta di riqualificare il reato ai sensi dell’art. 674 cod. p avuto riguardo al diverso oggetto di tutela della norma, atteso che per getto pericoloso di cose atte ad offendere, imbrattare o recare molestia alla persona deve intendersi ogni fatto idoneo a recare disagio, fastidio o disturbo ovvero a turbare il modo di vivere quotidiano.
2.2. Generico e meramente reiterativo è il motivo relativo alla mancata applicazione della causa di non punibilità di cui all’art. 131 bis cod. pen., esclusa con motivazione congrua, che attribuisce rilievo alla gravità dell’offesa, al contesto di protesta in cui il gesto si inseriva ed al numero dei partecipanti, idoneo ad amplificare la portata offensiva del gesto.
I ricorsi proposti per il COGNOME e l’COGNOME sono infondati, ai limi dell’inammissibilità nella misura in cui propongono una diversa ricostruzione dei fatti e una lettura alternativa delle prove.
3.1. Il presunto contrasto con la sentenza di primo grado quanto alla collocazione della condotta del COGNOME è solo in apparenza fondato sulla mancata configurabilità dell’aggravante originariamente contestata, esclusa dal primo giudice valorizzando la reazione dei manifestanti all’improvvisa carica degli agenti.
I giudici di appello hanno fondato la valutazione sulle dichiarazioni dei testi COGNOME e COGNOME, che avevano dichiarato di aver assistito alla condotta del COGNOME, loro noto, mentre reagiva alla carica di alleggerimento, posta in essere
per contrastare l’avanzata dei manifestanti che tentavano di accedere al parco (a pag. 13 si dà atto che il COGNOME aveva scalciato all’altezza delle gambe e degli scudi, riuscendo a sfuggire al tentativo degli operanti di bloccarlo, divincolandosi dalla presa: condotta ripresa nelle foto esaminate dal teste COGNOME, che lo aveva visto contrapporsi agli agenti). La diversa ricostruzione del fatto proposta dalla difesa è diretta ad offrire una diversa interpretazione della condotta del COGNOME ed a ritenerla scriminata ex art. 54 cod. pen., invece, correttamente esclusa dai giudici di merito, anche a livello putativo, non essendo la condotta del COGNOME collegata alla condizione della donna ferita, che, secondo la prospettazione difensiva, egli avrebbe tentato di proteggere dalla calca. La sentenza dà, invece, atto che dai filmati risultava che la donna era stata riparata da uno degli agenti fino all’arrivo dell’ambulanza.
3.2. Stessa sorte spetta al motivo relativo alla condotta dell’COGNOME, ripreso mentre scaglia un fumogeno verso i poliziotti schierati da distanza ravvicinata e che raggiunge il cordone della polizia.
Correttamente la sentenza valorizza la natura oppositiva del gesto e la pregressa dotazione del fumogeno non solo in base alla prova documentale, ma, soprattutto, alle dichiarazioni del teste COGNOME (riportate a pag. 14 sentenza impugnata), rendendo ragione della mancata derubricazione nel reato di cui all’art. 674 cod. pen. per il rilievo attribuito alla finalità dell’azione.
3.3 Anche per detti ricorrenti risulta meramente reiterativo il motivo relativo alla motivazione resa per escludere la particolare tenuità del fatto, che la difesa contesta per mancata valutazione della assenza di effetti lesivi e dell’occasionalità della condotta, da ritenere congrua per le stesse ragioni espresse per gli altri due ricorrenti.
Come anticipato, i reati sono estinti per prescrizione, che va dichiarata anche per il COGNOME, non ostandovi la recidiva contestata, esclusa dal primo giudice, che non ne ha tenuto conto nella determinazione della pena.
E’ principio consolidato, costantemente ribadito dalle Sezioni Unite (Sez. U, n. 20808 del 25/10/2018, dep. 2019, COGNOME, Rv. 275319, in motivazione e da ultimo da Sez. U, n. 3585 del 24/09/2020, COGNOME, Rv. 280262), che la recidiva «è produttiva di effetti unicamente se il giudice ne accerta i requisiti costitutivi verificando non solo l’esistenza del presupposto formale rappresentato dalla previa condanna, ma anche del presupposto sostanziale, costituito dalla maggiore colpevolezza e dalla più elevata capacità a delinquere del reo da accertarsi discrezionalmente» nonché che dalla esclusione della recidiva «deriva la sua ininfluenza non solo sulla determinazione della pena ma anche sugli ulteriori effetti» conseguenti all’applicazione della circostanza aggravante (Sez. U, n. 35738 del 27/5/2010, Calibè, Rv. 247839). Ne deriva che
quando la recidiva, pur legittimamente contestata, non è riconosciuta dal giudi non ha alcun effetto ai fini di calcolo del termine di prescrizione del reato.
La sentenza impugnata va, quindi, annullata senza rinvio perché i reat sono estinti per intervenuta prescrizione.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata perché i reati sono estinti p intervenuta prescrizione.
Così deciso, 16 gennaio 2024
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Il consigliere estensore
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