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Reati della stessa indole: furto e spaccio esclusi

La Corte di Cassazione ha stabilito che i precedenti per spaccio di stupefacenti e per furto sono considerati reati della stessa indole, in quanto entrambi motivati da un fine di lucro illecito. Di conseguenza, la presenza di tali precedenti configura un comportamento abituale che impedisce l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto (art. 131-bis c.p.) a un’imputata condannata per un ulteriore furto. La Corte ha rigettato il ricorso, confermando che per definire i reati della stessa indole si deve guardare alla natura dei fatti e ai motivi, non solo alla norma violata.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Reati della stessa indole: Quando Furto e Spaccio Precludono la Non Punibilità

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 17658/2025, offre un importante chiarimento sul concetto di reati della stessa indole e le sue implicazioni sull’applicabilità della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. La Corte ha stabilito che un passato criminale caratterizzato da reati diversi, come furto e spaccio di stupefacenti, può comunque integrare quel “comportamento abituale” che preclude l’accesso a questo beneficio, se tali reati sono accomunati dalla stessa spinta motivazionale: il profitto illecito.

I Fatti del Caso

La vicenda giudiziaria ha origine da un furto di capi di abbigliamento di modico valore, commesso da una donna in un esercizio commerciale. Per questo fatto, la donna veniva condannata in primo grado e la sentenza confermata in appello. La difesa aveva richiesto l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., che permette di non punire l’autore di un reato quando l’offesa è di particolare tenuità e il comportamento non è abituale.

Tuttavia, la Corte d’appello negava il beneficio, evidenziando i precedenti penali dell’imputata: una condanna per traffico di stupefacenti risalente al 2013 e una per tentato furto pluriaggravato del 2018. Secondo i giudici di merito, questa sequenza di illeciti delineava un quadro di abitualità criminale, ostativo alla concessione della non punibilità. La difesa ha quindi presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che la mera presenza di precedenti non fosse sufficiente, in assenza di una formale dichiarazione di abitualità nel delinquere.

La Decisione della Corte di Cassazione e i reati della stessa indole

La Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, confermando la decisione della Corte d’appello. Il punto cruciale della sentenza risiede nell’interpretazione del concetto di “comportamento abituale” ai fini dell’art. 131-bis c.p. La Corte ha ribadito che, per escludere il beneficio, non è necessaria una dichiarazione formale di abitualità a delinquere, ma è sufficiente che l’autore abbia commesso, oltre al reato per cui si procede, almeno altri due reati della stessa indole.

Le Motivazioni: l’indole comune tra furto e spaccio

Il cuore della motivazione della Suprema Corte si concentra sulla definizione di reati della stessa indole. Richiamando la fondamentale pronuncia delle Sezioni Unite “Tushaj”, i giudici hanno spiegato che tale valutazione non deve fermarsi alla semplice somiglianza della norma violata. Al contrario, bisogna analizzare in concreto la natura dei fatti, le circostanze e, soprattutto, i motivi che li hanno determinati.

Nel caso specifico, la Corte ha ritenuto che il delitto di traffico di stupefacenti e quello di furto, sebbene tutelino beni giuridici diversi, sono accomunati da un elemento fondamentale: il movente dell’indebito lucro. Entrambe le condotte sono dettate dalla volontà di conseguire un profitto illecito. Questa omologia motivazionale è sufficiente per qualificarli come reati della stessa indole.

Di conseguenza, la sequenza dei reati commessi dall’imputata (spaccio nel 2013, furto aggravato nel 2018 e il furto oggetto del presente giudizio) integra pienamente il presupposto del “comportamento abituale” previsto dall’art. 131-bis. Questo ha giustificato il diniego della causa di non punibilità, poiché la condotta della donna non poteva essere considerata occasionale, ma espressione di una tendenza a delinquere per profitto.

Le Conclusioni

Questa sentenza consolida un principio di grande rilevanza pratica. Stabilisce che, nella valutazione della “particolare tenuità del fatto”, il giudice deve condurre un’analisi approfondita e sostanziale della storia criminale dell’imputato. Non ci si può limitare a un confronto formale tra le fattispecie di reato, ma è necessario indagare la radice motivazionale delle condotte illecite. La decisione chiarisce che la ricerca di un guadagno illecito è un potente fattore unificante che può rendere reati della stessa indole anche illeciti apparentemente distanti tra loro, come il furto e lo spaccio, precludendo così l’accesso a benefici come la non punibilità per tenuità del fatto.

Per escludere la non punibilità per tenuità del fatto è necessaria una dichiarazione formale di ‘abitualità nel delinquere’?
No, la sentenza chiarisce che, ai fini dell’applicazione dell’art. 131-bis c.p., non è necessaria una dichiarazione formale di abitualità nel delinquere. È sufficiente che l’autore abbia commesso almeno due reati della stessa indole oltre a quello per cui si sta procedendo.

Cosa si intende per ‘reati della stessa indole’ ai fini dell’art. 131-bis c.p.?
Si intendono non solo i reati che violano la stessa norma di legge, ma anche quelli che, pur essendo diversi, presentano caratteri fondamentali comuni. Questi caratteri possono riguardare le circostanze oggettive, le condizioni ambientali o, come nel caso di specie, i motivi che li hanno determinati (ad esempio, il fine di lucro illecito).

Un precedente per spaccio di stupefacenti può essere considerato della ‘stessa indole’ di un furto?
Sì, secondo la Corte di Cassazione. La sentenza ha stabilito che il reato di spaccio e quello di furto possono essere considerati della stessa indole perché entrambi sono caratterizzati da un movente comune: la ricerca di un profitto illecito. Questa comunanza motivazionale li rende omologhi ai fini della valutazione del comportamento abituale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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