Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 26235 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 26235 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 09/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/11/2023 del TRIB. SORVEGLIANZA di ROMA udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Sostituto Procuratore generale AVV_NOTAIO, che ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza indicata in epigrafe, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato la domanda presentata da NOME COGNOME (soggetto in espiazione della pena di anni venti e mesi otto di reclusione, con fine pena fissato al 05/01/2031, determinata da cumulo della Procura generale presso la Corte di appello di Napoli del 22/02/2019, comprendente condanne per detenzione di armi e munizioni, associazione per delinquere di stampo mafioso, nonché per due omicidi commessi in Napoli, rispettivamente, il 21/07/1996 e il 24/11/2009), avente ad oggetto la concessione della detenzione domiciliare.
Ricorre per cassazione NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, deducendo due motivi, che vengono di seguito riassunti entro i limiti strettamente necessari per la motivazione, ai sensi dell’art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo viene denunciato vizio di motivazione. Il condanNOME ha già espiato una rilevante porzione della pena complessiva, pari a circa quindici anni, a fronte di una pena totale ammontante a venti anni e otto mesi. Il fine pena non potrà essere ulteriormente aggravato, visto che il condanNOME non annovera carichi pendenti. Trattasi di soggetto che ha iniziato la collaborazione con la giustizia da oltre dieci anni e che ha mostrato, da tempo, una profonda rivisitazione del proprio passato deviante, avendo anche reiteratamente fruito di periodi di liberazione anticipata. COGNOME, inoltre:
ha sempre svolto una regolare attività lavorativa anche all’esterno;
ha trascorso un rilevante periodo di tempo in regime di libertà in località protetta;
ha ottenuto il parere favorevole del gruppo di osservazione e trattamento.
Il provvedimento avversato è restato insensibile., però, ai progressi di risocializzazione compiuti dal condanNOME e non ha saputo cogliere i tangibili segnali di ravvedimento manifestati da quest’ultimo, finendo per affidarsi esclusivamente:
all’aspetto della gravità dei reati (pur commessi molti anni addietro);
al profilo della ritenuta insussistenza del ravvedimento (profilo ampiamente riconosciuto al condanNOME, invece, in sede di permessi premio e liberazione anticipata);
alla natura ancora troppo recente dell’intrapreso iter premiale (percorso risalente, al contrario, a tre e non a due anni addietro);
alla prospettiva di possibili modifiche peggiorative del fine pena (dato da reputarsi, invece, non rispettoso delle risultanze processuali, st nte l’assenza di carichi pendenti);
alla ritenuta insufficienza dei cambiamenti della personalità (così ponendosi in contrasto con i pareri espressi dalla DNA e dal gruppo di osservazione e trattamento).
2.2. Con il secondo motivo, si denuncia violazione degli artt. 47-ter legge 26 luglio 1975, n. 354 e vizio della motivazione. Il Tribunale di sorveglianza ha ignorato la sussistenza di tutti i requisiti pretesi dalla norma, ossia una ampia e qualificata collaborazione con la giustizia, ad opera di soggetto condanNOME per uno dei reati di cui all’art. 51, comma 3-bis cod. proc. pen. e l’aver scontato almeno un quarto della pena in esecuzione (tenendo un buon comportamento, recidendo i contatti con le associazioni criminali di riferimento e mostrando ravvedimento per quanto commesso).
2.3. Con il terzo motivo, viene denunciato travisamento del fatto, nonché illogicità e vizio della motivazione. Il fine pena del COGNOME non potrà, contrariamente a quanto ritenuto dal Tribunale di sorveglianza, subire ulteriori peggioramenti; tra i carichi pendenti, infatti, non vi è ormai più il richiamato processo per il reato ex art. 416-bis cod. pen., definito con sentenza del 17/10/2016 (passata in giudicato il 02/07/2017). Il condanNOME, inoltre, gode di permessi premio da un periodo antecedente, rispetto a quello erroneamente indicato nell’ordinanza impugnata.
Il Procuratore generale ha chiesto dichiararsi inammissibile il ricorso. A fronte della responsabilità del condanNOME per fatti estremamente gravi, il Tribunale di sorveglianza – con motivazione non apparente o illogica – ha reputato necessario una più profonda maturazione della revisione critica del pregresso agire.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Le critiche difensive, sebbene articolate in plurimi motivi, presentano una evidente connotazione comune e ben si prestano, quindi, alla trattazione unitaria.
Giova ricordare che questa Corte ha più volte ribadito (Sez. 1, n. 43256 del 22/05/2018, COGNOME, Rv. 274517 – 01; Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, COGNOME, Rv. 257671; Sez. 1, n. 1115 del 27/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245945; Sez. 1, n. 34283 del 12/07/2005, COGNOME, Rv. 232219; Sez. 1, n. 48505 del 18/11/2004, COGNOME, Rv. 230137) come – ai fini della concessione dei benefici penitenziari nei confronti dei collaboratori di giustizia – ilequisito d
«ravvedimento», postulato dall’art. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito con modificazioni dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, non possa essere in alcun modo presunto, in base al solo dato della avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti legami del condanNOME con associazioni criminali, ma esiga la ricorrenza di ulteriori, specifici elementi, di qualsivoglia natura, atti a dimostrarne, sia pur in termini di ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza. Tale ravvedimento, inoltre, deve essere parametrato alla tipologia di beneficio invocato, vigendo anche in relazione ai collaboratori di giustizia il generale criterio della gradualità, materia di concessione di benefici penitenziari (Sez. 1, n. 23343 del 23/03/2017, COGNOME, Rv. 270016; Sez. 1, n. 20551 del 04/02/2011, COGNOME, Rv. 250231; Sez. 1, n. 31999 del 06/07/2006, COGNOME, Rv. 234889). Trattasi di un criterio applicativo che – sebbene non rappresenti una regola assoluta e codificata – è consigliato dall’esperienza e risponde all’esigenza di razionale apprezzamento delle esigenze rieducative e di prevenzione, cui è ispirato il significato stesso del trattamento penitenziario; esigenza che opera, viepiù, allorquando i reati commessi siano sintomatici di una elevata attitudine delinquenziale, peraltro estrinsecatasi in contesti di notevole caratura criminale (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, Foti, Rv. 212794). Anche all’indomani della maturazione delle condizioni di ammissibilità dettate dalla legge, in sede di ammissione del collaboratore di giustizia al beneficio penitenziario, il giudice di sorveglianza conserva dunque intonsa la sua autonomia valutativa, del cui esercizio deve dar conto con motivazione congrua, aderente ai canoni della logica e conforme alla normativa speciale di riferimento
3. La motivazione dell’ordinanza impugnata risponde pienamente ai canoni interpretativi suddetti e mostra di saper fare buon governo dei principi cardine della complessa materia. Ispirandosi, infatti, alla necessaria prudenza nel percorso trattamentale – una attenzione da reputarsi sicuramente legittima e ragionevole, al cospetto dei rilevanti trascorsi criminali del condanNOME – il Tribunale di sorveglianza ha evidenziato la natura ancora molto parziale, generica e recente del percorso di rivisitazione critica del proprio passato criminale, compiuto dal condanNOME.
3.1. Questi non mostra ancora la sussistenza di un sicuro ravvedimento, dato che evita di analizzare compiutamente i gesti omicidiari compiuti, limitandosi all’ovvia considerazione per il dolore con ciò cagioNOME ai familiari delle vittime. Giustamente stigmatizzata, nell’ordinanza avversata, risulta poi la volontà di presentare – in maniera ancora edulcorata e minimale – la propria condotta omicidiaria, inverosimilmente descrivendola come casuale, laddove il, contesto di
malavita organizzata, nel quale i fatti si collocano, esige immancabilmente una attenta preordinazione e una poderosa causale criminale.
3.2. Trattasi di una valutazione di merito, pienamente consentita al Tribunale di sorveglianza e sorretta da una struttura motivazionale coerente e priva di aporie logiche o spunti di contraddittorietà e, pertanto, meritevole di restare immune da qualsivoglia censura in sede di legittimità. La carenza del requisito del ravvedimento, infine, elide la valenza di ogni profilo ulteriore, finendo per assorbire le ulteriori doglianze difensive.
Alla luce delle considerazioni che precedono, si impone il rigetto del ricorso; segue ex lege la condanna del ricorrente al pagamento delle spese.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, 09 aprile 2024
Il Consigliere estensore
Il Presiden,