Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 5853 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1   Num. 5853  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 10/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a NAPOLI il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 05/07/2023 del TRIBUNALE DI SORVEGLIANZA di ROMA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni del PG NOME COGNOME, che ha concluso per l’annullamento del provvedimento impugNOME;
dato avviso al difensore;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugNOME, il Tribunale di sorveglianza di Roma ha rigettato l’istanza di detenzione domiciliare presentata ai sensi degli artt. 47-ter ord. pen., 16-nonies, legge 15 marzo 1991, n. 82, portante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8, nell’interesse di NOME COGNOME, collaboratore di giustizia, evidenziando che il «beneficio è ritenuto prematuro, occorrendo normalizzare la condotta e stabilizzare l’equilibrio ed approfondire la revisione critica».
Ricorre NOME COGNOME, a mezzo del difensore AVV_NOTAIO, che chiede l’annullamento dell’ordinanza impugnata, denunciando la violazione di legge, in relazione all’art. 16-nonies, legge n. 82 del 1991, e la illogicità della motivazione che, a fronte dei positivi pareri (RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE) e relazioni (osservazione penitenziaria), prospetta un giudizio negativo incentrato su elementi concernenti i reati commessi in data anteriore alla collaborazione (iniziata il 17 aprile 2018), omettendo di considerare il significativo periodo di tempo trascorso agli arresti domiciliari, e che la rilevata problematicità di adattamento al contesto detentivo deriva, semmai, proprio dalla scelta operata che ha portato il ricorrente, da ultimo, a segnalare l’illecito ingresso in carcere di apparecchi cellulari, poi effettivamente rinvenuti, scelta che ha determiNOME una intuibile difficoltà di relazione con gli altri detenuti. 
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso non è fondato.
1.1. Va premesso che la giurisprudenza di legittimità è orientata ad affermare che «ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del “ravvedimento” previsto dall’art. 16 nonies, comma terzo, del D.L. 15 gennaio 1991 n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991 n. 82, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condanNOME con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori, specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza» (Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, COGNOME, Rv. 257671).
Il Tribunale di sorveglianza, che ha fatto buon uso del principio espresso dalla giurisprudenza di legittimità, non ha compiuto errori logici nella motivazione del provvedimento impugNOME.
2.1. A fronte della esistenza dei positivi elementi conoscitivi risultanti dai pareri della RAGIONE_SOCIALE, della RAGIONE_SOCIALE e del RAGIONE_SOCIALE, nonché della relazione di osservazione penitenziaria, il Tribunale di sorveglianza ha valorizzato: la riduttività della rielaborazione critica del proprio agito (defin dall’interessato una semplice “parentesi sbagliata”); la soggettività della scelta di collaborazione (priva di senso di responsabilità per le condotte compiute e di condanna per i reati commessi; omessa valorizzazione, quale spinta collaborativa, del tentato omicidio subito); l’atteggiamento oppositivo manifestato anche con l’astensione dal vitto e dalla terapia (tanto da essere sottoposto al regime di sorveglianza); l’inadeguato adattamento al contesto (aggressione subìta in carcere a causa di infondate accuse rivolte a un compagno di detenzione; pettegolezzi sconvenienti su famigliari di altri detenuti che hanno determiNOME l’isolamento sociale del condanNOME); l’esistenza di rilevanti carichi pendenti (sentenze di condanna) che lasciano presagire un sensibile incremento del residuo di pena.
2.2. Il ricorso, che si limita a trascurare tali emergenze, ribadisce le positive valutazioni delle quali pure il Tribunale dà atto, senza riuscire a porre in luce chiari elementi di illogicità della motivazione.
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 10 gennaio 2024.