Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 31889 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: NOME COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 31889 Anno 2025
Presidente: NOME
Data Udienza: 15/05/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
XXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXXX
avverso l’ordinanza del 21/02/2025 del TRIB. SORVEGLIANZA di Roma udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale, in persona di NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Il Tribunale di Sorveglianza di Roma rigettava l’istanza di detenzione domiciliare, presentata nell’interesse di XXXXXXXXXXXXXXX, ai sensi degli artt. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) e 16nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 82, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, avendo ritenuto che il detenuto non avesse mostrato adesione ai valori socialmente condivisi ed evidenziando come non risultasse consolidato il percorso di revisione critica del proprio passato, avendo egli manifestato indifferenza per gli omicidi commessi. Il Tribunale ha espresso tale decisione, pur riconoscendo che il condannato ha dato inizio a una collaborazione con la giustizia dal luglio 2016 ed ha fruito da due anni di permessi premio, ritenendo prevalenti anche il fine pena fissato al 28 novembre 2040 e i carichi pendenti che gravano sul condannato: a) condanna in primo grado ad anni 6 e mesi 8 di reclusione per omicidio aggravato; b) condanna per omicidio aggravato ad anni 4; c) condanna in primo grado ad anni 5 e mesi 8 per stupefacenti aggravata dall’art. 7 d.l. 13 maggio 1991, n. 152, convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 1991, n. 203.
Avverso tale provvedimento ricorre, con rituale ministero difensivo, NOME COGNOME affidandosi ad un unico motivo.
Con tale motivo, egli denuncia una violazione di legge in relazione all’art. 47ter legge 26 luglio 1975, n. 354 (ord. pen.) e 16nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 82, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, e il vizio della motivazione per manifesta illogicità e contraddittorietà rispetto alle risultanze documentali, rispetto alla mancata concessione della misura alternativa alla detenzione, nonostante fossero presenti tutti i requisiti previsti dalla legge e per averla negata sulla base dell’assenza del ravvedimento dalla mancanza di empatia nei confronti delle persone offese e della presenza di ulteriori carichi pendenti possibilmente rilevanti rispetto all’entità della pena residua da scontare.
Con successiva memoria di replica alla requisitoria del Procuratore generale sono stati ulteriormente ribaditi e approfonditi gli argomenti già espressi nel motivo di ricorso.
3. Il Procuratore generale presso questa Corte ha chiesto il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato, quindi, meritevole di un rigetto.
L’art. 16-nonies d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991,
n. 64, prevede, al comma 1, che « Nei confronti delle persone condannate per un delitto commesso per finalità di terrorismo o di eversione.dell’ordinamento costituzionale o per uno dei delitti di cui all’articolo 51, comma 3-bis, del codice di procedura penale, che abbiano prestato, anche dopo la condanna, taluna delle condotte di collaborazione che consentono la concessione delle circostanze attenuanti previste dal codice penale o da disposizioni speciali, la liberazione condizionale, la concessione dei permessi premio e l’ammissione alla misura della detenzione domiciliare prevista dall’articolo 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni, sono disposte su proposta ovvero sentito il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo». I successivi commi 2 e 3 dispongono, poi, tra l’altro, che «Nella proposta o nel parere il procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo fornisce ogni utile informazione sulle caratteristiche della collaborazione prestata » e che « La proposta o il parere indicati nel comma 2 contengono inoltre la valutazione della condotta e della pericolosità sociale del condannato e precisano in specie se questi si Ł mai rifiutato di sottoporsi a interrogatorio o a esame o ad altro atto di indagine nel corso dei procedimenti penali in cui ha prestato la sua collaborazione. Precisano inoltre gli altri elementi rilevanti ai fini dell’accertamento del ravvedimento anche con riferimento alla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva». Ai sensi del comma 4, infine, «Acquisiti la proposta o il parere indicati nei commi 2 e 3, il tribunale o il magistrato di sorveglianza, se ritiene che sussistano i presupposti di cui al comma 1, avuto riguardo all’importanza della collaborazione e sempre che sussista il ravvedimento e non vi siano elementi tali da far ritenere la sussistenza di collegamenti con la criminalità organizzata o eversiva, adotta il provvedimento indicato nel comma 1 anche in deroga alle vigenti disposizioni, ivi comprese quelle relative ai limiti di pena di cui all’articolo 176 del codice penale e agli articoli 30-ter e 47-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, e successive modificazioni. Il provvedimento Ł specificamente motivato nei casi in cui le autorità indicate nel comma 2 del presente articolo hanno espresso parere sfavorevole ».
3. La giurisprudenza di legittimità, nello specificare l’ambito della verifica demandata alla magistratura di sorveglianza in vista dell’ammissione dei collaboratori di giustizia ai benefici sopra indicati, ha costantemente ritenuto che l’istituto disciplinato dall’art. 16nonies non sia applicabile in modo generalizzato, giacchØ l’esito positivo della relativa istanza presuppone l’espressione di un giudizio favorevole in ordine al ravvedimento del soggetto che si apre alla collaborazione con l’autorità giudiziaria, fondato sulla condotta complessiva del collaboratore di giustizia e sul convincimento che l’azione rieducativa svolta abbia avuto come risultato il compiuto ravvedimento,all’esito di una revisione critica della vita ante atta (Sez. 1, n. 9887 del 01/02/2007, COGNOME, Rv. 236548; in senso sostanzialmente conforme, anche Sez. 1, n. 43207 del 16/10/2012, COGNOME, Rv. 253833; Sez. 1, n. 3422 del 14/01/2009, COGNOME, Rv. 242559). Del resto, Ł stato ulteriormente notato, il requisito del «ravvedimento», previsto dall’art. 16nonies , comma 3, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di distinti e specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (Sez. 1, n. 43256 del 22/05/2018, Sarno, Rv. 274517; Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, COGNOME, Rv. 257671; Sez.
1, n. 1115 del 27/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245945). In questo ambito valutativo, tra gli elementi che possono essere utilizzati ai fini della formulazione di un giudizio prognostico favorevole al collaboratore di giustizia, devono prendersi in esame « i rapporti con i familiari, con il personale giudiziario, nonchØ lo svolgimento di attività lavorativa o di studio onde verificare se c’Ł stata da parte del reo una revisione critica della sua vita anteatta e una reale ispirazione al suo riscatto morale » (Sez. 1, n. 9887 dell’01/02/2007, Pepe, cit.). In decisioni di questa Corte, alle quali si intende dare seguito, si Ł definito tale requisito aggiuntivo senz’altro distinto e non ricavabile dalla mera collaborazione con la giustizia – come un presupposto che afferisce alla sfera intimistica del condannato, da collegarsi a un concetto di riscatto morale del singolo, nonchØ a una valutazione globale della personalità del condannato, attraverso un giudizio che consideri ogni manifestazione di condotta idonea ad assumere valore sintomatico (Sez. 1, n. 49974 del 18/7/2018, n.m.; Sez. 1, n. 817 del 10/12/2020, Campisi, n.m.). Ne discende che, ai fini dell’accertamento del presupposto del ravvedimento, si deve avere riguardo non solo agli esiti del trattamento penitenziario, ma anche alla complessiva condotta del soggetto, affinchØ entrambi questi indici possano fondare, sulla base di obiettivi parametri di riferimento, un giudizio prognostico sicuro riguardo al venir meno della pericolosità sociale dello stesso e alla effettiva capacità del suo ordinato reinserimento nel tessuto sociale (tra le altre, Sez. 1, n. 34946 del 17/07/2012, Somma, Rv. 253183; Sez. 1, n. 9001 del 04/02/2009, COGNOME, Rv. 243419; Sez. 1, n. 18022 del 24/04/2007, COGNOME, Rv. 237365).E ciò vale particolarmente quando – come nel caso in esame – i reati commessi siano sintomatici di una non irrilevante capacità a delinquere, manifestata in contesti delinquenziali di elevato livello (Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, COGNOME, Rv. 212794). In definitiva, pur dopo la maturazione dei requisiti di legge, in sede di ammissione del collaboratore di giustizia al beneficio penitenziario il giudice di sorveglianza conserva la sua autonomia valutativa, del cui esercizio deve dar conto con motivazione adeguata, conforme alla normativa speciale di riferimento e che risulti esente da aporie logiche.
4. Ritiene il Collegio che, nel caso in esame, il Tribunale di sorveglianza si sia conformato ai richiamati e condivisi canoni ermeneutici,perchØ, nella sua decisione qui impugnata, ispirandosi a una prudenza effettivamente giustificata non solo dal pesante passato criminale del condannato ma anche dalla rilevata scarsa capacità del richiedente la misura alternativa di pervenire ad una elaborazione profonda del proprio passato delinquenziale – così come segnalata – risulta giustificata la necessità di saggiare, mediante un opportuno supplemento di osservazione, l’effettività del ravvedimento, nel grado proporzionato a tale misura alternativa(in ciò consistendo il requisito di legge), dopo aver individuato precisi ambiti di ulteriore approfondimento del processo di revisione critica. Con tali argomenti svolti dal Tribunale, ancorati a inconfutabili dati obiettivi, il ricorrente non si confronta e torna a porre l’accento sull’importanza della propria collaborazione. In tal modo addebita al Tribunale di sorveglianza di essersi discostato dalla presenza dei presupposti previsti dalla legge dei quali, al contrario, l’ordinanza censurata ha compiutamente dato atto pervenendo, tuttavia, a una soluzione diversa da quella prospettata sulla base di considerazioni che – nell’evidenziare i trascorsi delinquenziali del ricorrente, autore di gravissimi reati e l’entità della pena da espiare, tenuto conto anche degli altrettanto gravi carichi pendenti – non appaiono manifestamente illogiche nØ contraddittorie e si mantengono nel solco dei poteri di valutazione rimessi alla magistratura di sorveglianza.
5. Il ricorso, per tali ragioni, deve essere rigettato con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. In caso di diffusione del presente provvedimento omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma dell’art. 52 d.lgs. n. 196 del 2003 in quanto disposto d’ufficio e/o imposto dalla legge. IN CASO DI DIFFUSIONE DEL PRESENTE PROVVEDIMENTO OMETTERE LE GENERALITA’ E GLI ALTRI DATI IDENTIFICATIVI A NORMA DELL’ART. 52 D.LGS. 196/03 E SS.MM.
Così Ł deciso, 15/05/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME