Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 32510 Anno 2025
REPUBBLICA ITALIANA Relatore: COGNOME
Penale Sent. Sez. 1 Num. 32510 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Data Udienza: 27/06/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
Composta da
– Presidente –
NOME COGNOME NOME COGNOME
– Relatore –
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Giffone il DATA_NASCITA avverso l’ordinanza del Tribunale di Sorveglianza di Roma del 5/3/2025 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME; letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza in data 5.3.2025, il Tribunale di Sorveglianza di Roma ha provveduto su un reclamo avverso un decreto di rigetto di permesso premio da parte del Magistrato di Sorveglianza di Roma, richiesto da NOME COGNOME ex artt. 30ter ord. pen. e 16nonies D.L. n. 8 del 1991.
Il provvedimento premette che il condannato sta espiando un ergastolo con isolamento diurno, attinto da un cumulo di sei sentenze di condanna per i delitti di cui agli artt. 73 e 74 d.P.R. n. 309 del 1990, danneggiamento, omicidio, distruzione di cadavere, occultamento di cadavere, sequestro di persona e armi, posti in essere tra aprile 1992 e gennaio 2015.
Il Magistrato di Sorveglianza aveva respinto la richiesta di permesso, considerato che il detenuto ha commesso tre reati in materia di armi nel gennaio 2015 dopo l’instaurazione della collaborazione nell’ottobre 2014 e tenuto conto della non genuina resipiscenza per i gravissimi delitti di omicidio e distruzione di cadavere.
Il Tribunale, nonostante il parere favorevole della RAGIONE_SOCIALE e della RAGIONE_SOCIALE, reputa NOME non meritevole del beneficio, in quanto non ravvisa segnali di ravvedimento, giacchØ le sole parole di pentimento appaiono meramente strumentali all’ottenimento del beneficio, non corredate da alcun progetto risarcitorio e da alcuna spiegazione in merito al comportamento ostile tenuto nel processo per l’omicidio in espiazione.
Il collaborante Ł stato ammesso al programma di protezione solamente a febbraio 2021, sebbene la collaborazione sia iniziata a ottobre 2014. La collaborazione, benchØ sempre valutata attendibile e riscontrata, non Ł stata spontanea, in quanto frutto di una volontà di vendetta contro uno dei correi nell’omicidio, che era il suo principale accusatore e che aveva tentato di rapire il figlio.
Di conseguenza, il Tribunale, non riscontrando una piena e sincera resipiscenza per i gravissimi reati compiuti nØ un atteggiamento improntato a valori di lealtà e trasparenza, ha
ritenuto imprescindibile un ulteriore periodo di osservazione del detenuto.
Avverso la predetta sentenza, ha proposto ricorso il difensore di NOME COGNOME, articolando un unico motivo, con cui deduce, ai sensi dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., il vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento del requisito del ravvedimento, nonchØ, ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., inosservanza o erronea interpretazione dell’art.30ter Ord. Pen.
Il ricorso rileva, in primo luogo, che NOME non ha commesso il reato in materia di armi nel gennaio 2015, giacchØ era ininterrottamente detenuto dall’11.7.2014. Piuttosto, in occasione del primo verbale di interrogatorio del 5/1/2015, egli ha riferito circostanze che hanno consentito il rinvenimento di alcune armi, per la detenzione delle quali Ł stato successivamente condannato con sentenza di patteggiamento del 16.5.2018.
Ciò premesso, il Tribunale di Sorveglianza – secondo il ricorrente – ha formulato valutazioni in assoluto contrasto con quanto risultava dagli atti, omettendo di considerare gli elementi favorevoli al condannato, tra i quali innanzitutto il suo contributo collaborativo nel processo di omicidio, nel quale la Corte di assise di Como, valorizzando le sue dichiarazioni in qualità di coimputato in procedimento connesso, ha condannato alla pena dell’ergastolo due correi nel 2020. Nella stessa sentenza, i giudici hanno considerato che il fatto che NOME ha rivelato i motivi di astio nutriti nei confronti di altro imputato sia indice di credibilità e che essere vendicativo non significa essere un calunniatore.
Inoltre, il Tribunale ha omesso di valutare il parere della DNA del 13.4.2023 e l’approfondimento istruttorio del 13.7.2024. Nel parere si legge che la collaborazione di NOME Ł sempre stata valutata intrinsecamente attendibile e fornita di riscontri oggettivi e individualizzanti: tutti i procedimenti in cui egli ha reso dichiarazioni accusatorie ed eteroaccusatorie si sono conclusi con sentenze definitive che ne hanno confermato l’attendibilità. Nello stesso parere, si evidenzia che la decisione di collaborare Ł stata assunta spontaneamente, traducendosi nell’assunzione delle proprie responsabilità anche per fatti inediti, ed Ł sintomatica di rescissione di qualsiasi collegamento con la criminalità. Anche il parere della DDA di Milano esalta la genuinità e la decisività delle dichiarazioni di NOME, la cui scelta collaborativa Ł giudicata seria e costante.
Ancora, Ł stato trascurato – lamenta il ricorso – il contenuto della relazione di sintesi della equipe trattamentale della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE. Innanzitutto, nella relazione del 7.7.2022, si esprimeva parere favorevole, valorizzando il grado adeguato di consapevolezza del detenuto circa la gravità dei fatti commessi; altrettanto favorevole era il parere espresso del direttore del carcere. Nell’aggiornamento del 16.11.2022, si segnalava la revisione critica del detenuto circa l’omicidio in danno di NOME NOME e il suo vissuto di dolore nei confronti dei familiari della vittima. Si sottolineavano i costanti colloqui psicologici svolti con NOME nell’accompagnamento al cammino di revisione del proprio percorso personale e si evidenziava la crescente sensibilità, la capacità empatica e l’attenzione al prossimo. Nell’ultimo aggiornamento del 24/2/2025, si confermano le precedenti positive valutazioni e si precisa che il detenuto ha ulteriormente portato avanti in modo evolutivo il proprio percorso di revisione e di consapevolezza, maturando un’ulteriore capacità di autocritica degli errori commessi. Altrettanto destituita di fondamento Ł l’affermazione secondo cui le parole di pentimento di NOME siano esclusivamente finalizzate all’ottenimento del beneficio.
Dunque, si Ł in presenza di un iniziale processo di revisione critica che, secondo una consolidata giurisprudenza di legittimità, Ł sufficiente per la concessione del permesso premio.
Invece, il percorso logico del Tribunale non Ł comprensibile, in quanto non risulta da
quali elementi abbia colto l’assenza dell’avvio di un percorso di revisione a fronte di diversi elementi che deponevano tutti in senso contrario.
Con requisitoria scritta trasmessa l’1.6.2025, il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto il rigetto del ricorso, osservando che, ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del ravvedimento non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori e specifici elementi, di qualsiasi natura, tali da dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza.Tanto premesso, nel caso in esame il provvedimento impugnato ha doverosamente e congruamente dato atto, a fronte della gravità dei reati in espiazione, della ‘non genuina resipiscenza per i gravissimi delitti di omicidio, occultamento e distruzione di cadavere’ e della ‘scarsa evoluzione personologica’.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł infondato.
L’ordinanza impugnata ha fatto corretta applicazione del principio – costantemente affermato da questa Corte e richiamato anche dal Procuratore AVV_NOTAIO nella sua requisitoria scritta – secondo cui, ai fini della concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, il requisito del “ravvedimento” previsto dall’art. 16nonies , comma 3, del d.l. 15 gennaio 1991, n. 8, convertito nella legge 15 marzo 1991, n. 82, non può essere oggetto di una sorta di presunzione, formulabile sulla sola base dell’avvenuta collaborazione e dell’assenza di persistenti collegamenti del condannato con la criminalità organizzata, ma richiede la presenza di ulteriori e specifici elementi, di qualsivoglia natura, che valgano a dimostrarne in positivo, sia pure in termini di mera, ragionevole probabilità, l’effettiva sussistenza (Sez. 1, n. 43256 del 22/5/2018, COGNOME, Rv. 274517 – 01; Sez. 1, n. 48891 del 30/10/2013, COGNOME, Rv. 257671 – 01; Sez. 1, n. 1115 del 27/10/2009, dep. 2010, COGNOME, Rv. 245945 – 01).
In ossequio al criterio di gradualità dell’accesso alle misure alternative, il requisito, benchØ non consista nell’avvenuto conseguimento del fine ultimo del trattamento rieducativo, deve comunque essere inteso come la maturazione di un definitivo e irreversibile distacco dal contesto criminale rispetto al quale Ł maturata la scelta collaborativa (Sez. 5, n. 637 del 23/10/2024, dep. 2025, Comito, Rv. 287407 – 01).
In questa prospettiva, la motivazione sfavorevole dell’ordinanza impugnata deve essere considerata adeguata, perchØ opera un appropriato riferimento al fatto che segnali autentici di ravvedimento sono da escludersi in mancanza di spiegazioni – circostanza, questa, non contrastata nemmeno dal ricorso – del comportamento improntato a volontà di vendetta nel processo in cui pure il detenuto ha correttamente collaborato e del movente dell’omicidio commesso.
Il Tribunale di Sorveglianza ha senza illogicità considerato insufficiente il sentimento di pentimento esternato dal detenuto durante il trattamento penitenziario, in quanto non accompagnato da alcun progetto risarcitorio, e ha pertanto congruamente valorizzato la necessità della gradualità (v. Sez. 1, n. 5689 del 18/11/1998, dep. 1999, Foti, Rv. 212794 01) nella valutazione dell’appena abbozzato processo di modificazione della personalità del condannato e di evoluzione verso la revisione delle scelte criminali con l’abbandono dei disvalori su cui tali scelte di fondavano.
Vero Ł che la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE avevano espresso parere favorevole alla concessione del beneficio.
Ma il Tribunale di Sorveglianza, dandone atto, ha ritenuto recessivi tali pareri, sulla base della considerazione – assistita da motivazione non manifestamente illogica, nØ contraddittoria – che la collaborazione prestata nel processo non si identifica nel ravvedimento e che sussistono al contrario elementi poco indicativi di una reale revisione critica, a fronte di gravissimi reati, nel senso che i motivi alla base della collaborazione, pur non inficiandone la attendibilità, non sono indicativi, nell’ambito di una necessaria valutazione globale della condotta del soggetto, di un avvenuto riscatto morale rispetto alla sua vita anteatta.
In questo modo, l’ordinanza impugnata si Ł confrontata con i suddetti pareri, non vincolanti in materia di concessione dei benefici penitenziari in favore dei collaboratori di giustizia, e li ha motivatamente disattesi, traendo prevalenti elementi di valutazione da altre fonti (Sez. 1, n. 40823 del 5/6/2013, COGNOME, Rv. 257532 – 01; Sez. 1, n. 1543 del 6/4/1994, P.m. in proc. Di Trapani, Rv. 198316 – 01),
Alla luce di quanto fin qui osservato, pertanto, il ricorso deve essere rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così Ł deciso, 27/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME