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Rateizzazione pena pecuniaria: l’onere della prova

La Corte di Cassazione, con ordinanza 11461/2024, ha dichiarato inammissibile il ricorso di due imputati che chiedevano la rateizzazione della pena pecuniaria. La Corte ha chiarito che tale beneficio non è un diritto automatico, ma è subordinato alla prova concreta delle disagiate condizioni economiche da parte del condannato, prova che nel caso specifico era del tutto mancante.

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Pubblicato il 7 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rateizzazione Pena Pecuniaria: L’Onere della Prova Ricade sul Condannato

L’accesso alla rateizzazione della pena pecuniaria non è un diritto automatico, ma un beneficio concesso dal giudice solo in presenza di specifiche condizioni. Con la recente ordinanza n. 11461 del 2024, la Corte di Cassazione torna a ribadire un principio fondamentale: spetta al condannato l’onere di dimostrare, con prove concrete, le proprie disagiate condizioni economiche. Vediamo nel dettaglio la vicenda e i principi di diritto affermati.

I Fatti del Caso

Due soggetti, condannati dalla Corte d’Appello di Catania, hanno presentato ricorso per Cassazione. L’unico motivo di doglianza riguardava la presunta carenza di motivazione della Corte territoriale in merito alla conversione della pena detentiva in pena pecuniaria e, soprattutto, al mancato accoglimento della richiesta di rateizzazione del pagamento.

Secondo i ricorrenti, il giudice d’appello non avrebbe adeguatamente giustificato la sua decisione, limitandosi a un generico diniego. La richiesta mirava a ottenere la possibilità di pagare la somma dovuta in comode rate, come previsto dall’art. 133 ter del codice penale.

La rateizzazione pena pecuniaria secondo la Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato i ricorsi inammissibili, giudicandoli non solo generici, ma anche manifestamente infondati. Gli Ermellini hanno colto l’occasione per riaffermare l’orientamento consolidato in materia di rateizzazione pena pecuniaria.

Il Collegio ha chiarito che questo beneficio ha come presupposto essenziale le “disagiate condizioni economiche del condannato”, le quali devono essere valutate in rapporto all’entità della pena pecuniaria inflitta. Tuttavia, non è sufficiente una mera affermazione di difficoltà economica. La legge e la giurisprudenza sono chiare: l’imputato deve assumersi un ruolo attivo, allegando e producendo ogni documentazione utile a comprovare il proprio stato.

L’Onere della Prova

Il punto centrale della decisione risiede proprio nella ripartizione dell’onere della prova. Il giudice di merito, nell’esercitare il proprio potere discrezionale, deve motivare la sua scelta (sia essa di concessione o di diniego) mettendo in relazione due elementi:

1. L’ammontare della pena: la somma totale che il condannato è tenuto a versare.
2. Le condizioni economiche del condannato: la situazione patrimoniale e reddituale che deve essere provata documentalmente.

Se il condannato non fornisce prove concrete a sostegno della sua richiesta, il giudice non è tenuto a concedere la rateizzazione. La semplice richiesta verbale o una generica lamentela non sono sufficienti a far sorgere l’obbligo per il giudice di disporre accertamenti d’ufficio.

Le Motivazioni della Decisione

Nel caso di specie, la Corte di Cassazione ha rilevato che i ricorrenti non avevano fornito alcuna prova delle loro presunte difficoltà economiche. Le circostanze necessarie per giustificare la concessione del beneficio erano “del tutto mancanti (o comunque non provate)”.

Di conseguenza, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché presentava una prospettazione giuridica in “palese contrasto con il dato normativo e con la consolidata giurisprudenza di legittimità”. Non si può contestare una carenza di motivazione del giudice se, in primo luogo, è la parte interessata a non aver fornito gli elementi di fatto su cui tale motivazione avrebbe dovuto basarsi. La Corte ha quindi condannato i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Le Conclusioni

Questa ordinanza conferma un principio cruciale per chiunque si trovi ad affrontare una condanna a una pena pecuniaria e intenda chiederne la rateizzazione. La richiesta deve essere supportata da un’adeguata documentazione (es. dichiarazione dei redditi, certificazione ISEE, estratti conto, contratti di lavoro precario) che attesti in modo oggettivo l’impossibilità o la grave difficoltà di saldare il debito in un’unica soluzione. In assenza di tale corredo probatorio, il ricorso che lamenta il diniego del beneficio è destinato a essere dichiarato inammissibile per genericità e manifesta infondatezza.

Quando un condannato può ottenere la rateizzazione di una pena pecuniaria?
La rateizzazione può essere concessa dal giudice quando il condannato si trova in disagiate condizioni economiche, valutate in relazione all’importo della pena da pagare.

Chi deve dimostrare le difficoltà economiche per ottenere la rateizzazione?
Secondo la Corte, l’onere della prova ricade interamente sul condannato. È lui che deve allegare e produrre la documentazione necessaria a dimostrare il suo stato di difficoltà economica.

Cosa succede se la richiesta di rateizzazione non è supportata da prove?
Se la richiesta è generica e non accompagnata da prove documentali, il giudice può legittimamente respingerla e un eventuale ricorso contro tale decisione verrà dichiarato inammissibile, come stabilito in questa ordinanza.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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