Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 29686 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 3 Num. 29686 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 22/05/2025
TERZA SEZIONE PENALE
ALDO ACETO
Sent. n. sez. 822/2025
CC – 22/05/2025
R.G.N. 5618/2025
– Relatore –
ha pronunciato la seguente
Sui ricorsi proposti da:
RAGIONE_SOCIALE legalmente rappresentata da COGNOME CosimoCOGNOME
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità dei ricorsi; uditi gli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME difensori di fiducia di NOME
Venuto e di RAGIONE_SOCIALE che hanno concluso per l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 20 dicembre 2024, il Tribunale di Messina ha parzialmente accolto la richiesta di riesame proposta da NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il decreto di sequestro preventivo del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto del 20 novembre 2024 finalizzato alla confisca diretta: 1) delle somme di denaro giacenti sui conti correnti intestati alla RAGIONE_SOCIALE fino all’importo di euro 641.402,68 e, in caso di incapienza, fino al medesimo concorrente importo di euro 641.402,68 sul denaro, sui beni mobili e immobili di NOME COGNOME in relazione al reato di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, per non aver versato, quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE nel termine ultimo per la presentazione del mod. 770/2022, relativo all’anno di imposta 2021, ovvero il 31/12/2022, la somma di euro 281.045,03, corrispondente alle ritenute operate risultanti dalla dichiarazione del sostituto d’imposta, nonchØ dalle certificazioni uniche rilasciate ai sostituti per l’anno di imposta 2021 (capo A); nonchØ in relazione al reato di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, per non aver versato, quale rappresentante legale della RAGIONE_SOCIALE, l’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base alla dichiarazione annuale relativa all’anno di imposta 2021, pari ad euro 383.883,00, entro il termine per il versamento dell’acconto relativo al periodo di imposta successivo (27/12/2022) (capo B); 2) dei crediti di imposta ceduti dalla RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME a Poste Italiane s.p.a. per un ammontare complessivo pari ad euro 1.645.533,00, sempre che i crediti non siano già stati portati in compensazione, in relazione al reato di cui all’art. 81, 110, 640-bis cod. pen., per aver indotto in errore l’Erario
con artifici e raggiri consistiti, per NOME COGNOME nell’aver ricevuto crediti di imposta inesistenti, applicando lo sconto in fattura per lavori edilizi mai interamente pagati dai beneficiari, per una somma complessiva pari ad euro 1.645.533,00, nonchØ cedendo i medesimi crediti a Poste Italiane s.p.a. e monetizzandoli, per i soggetti beneficiari dei lavori, nell’aver omesso di pagare o nell’aver pagato solo parzialmente i lavori effettuati dalla RAGIONE_SOCIALE, ricevendo lo sconto in fattura da NOME COGNOME nonchØ cedendo alla RAGIONE_SOCIALE unipersonale crediti di imposta inesistenti (capo C).
L’accoglimento parziale riguardava l’importo fino a concorrenza del quale operare il sequestro finalizzato alla confisca per i reati di cui ai capi A e B della provvisoria incolpazione, rideterminandolo in euro 631.357,83, con restituzione della somma di euro 10.044,85 all’avente diritto.
Avverso l’indicata ordinanza, NOME COGNOME in proprio e nella qualità di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE, e RAGIONE_SOCIALE, a mezzo dei difensori di fiducia, propongono ricorso per cassazione, affidandosi a cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo, i ricorrenti lamentano violazione dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 e degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., 321 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen., essendo la motivazione adottata in sede di riesame del tutto apparente, rispetto alle argomentazioni proposte dalla difesa con l’istanza di riesame.
Deduce la difesa che le certificazioni contenute nell’allegato 2 della C.N.R. del 18/04/2024 erano quelle estratte dall’anagrafe tributaria e trasmesse telematicamente dalla società all’Agenzia delle Entrate. Tali certificazioni, aggiunge la difesa, erano prive di qualsiasi sottoscrizione di consegna ai sostituiti, recando soltanto la firma digitale del sostituto d’imposta che aveva trasmesso la certificazione, per cui il Tribunale di Messina, nel richiamare la predetta documentazione trasmessa su supporto informatico e nell’affermare che le certificazioni erano state consegnate ai sostituiti, aveva sostanzialmente equiparato la trasmissione telematica all’effettiva consegna delle certificazioni ai lavoratori, pervenendo a tale conclusione con una motivazione apparente, poichØ la trasmissione telematica delle certificazioni uniche all’Agenzia delle Entrate era condotta diversa dal rilascio della certificazione ai sostituiti.
2.2 Con il secondo motivo, i ricorrenti lamentano violazione degli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, dell’art. 23 del d.l. n. 34 del 2023, degli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen., 273 e 321 cod. proc. pen., in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b) e c), cod. proc. pen.
Lamenta la difesa che il Tribunale non si Ł pronunciato sulla specifica causa di non punibilità prevista dagli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, secondo la quale le condotte previste da dette disposizioni sono punite se il debito tributario non Ł in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3-bis del d.lgs. n. 462 del 1997, considerando soltanto la speciale causa di non punibilità prevista dall’art. 23 d.l. n. 34 del 2023, che presuppone che l’azione penale sia stata già esercitata, tant’Ł che indica, come dies ad quem, ‘prima che sia pronunciata sentenza di appello’. Diversamente, la causa di non punibilità prevista dagli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 opera anche nella fase antecedente, sicchŁ se il contribuente, come nel caso in esame, si Ł attivato per rateizzare il proprio credito tributario, prima che sia esercitata l’azione penale, non sarà chiamato a rispondere dei predetti reati nemmeno se, in caso di decadenza dal beneficio della
rateizzazione, la somma residua sia inferiore a cinquantamila euro.
2.3 Con il terzo motivo, i ricorrenti lamentano violazione di legge in riferimento agli artt. 640-bis cod. pen. e 321 cod. proc. pen., a norma dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., avendo riguardo alla ritenuta configurabilità del reato di truffa aggravata ai danni dello Stato.
La difesa contesta la configurabilità del reato di truffa aggravata, assumendo che, solo quando i crediti ceduti siano stati materialmente riscossi o compensati, può dirsi realizzato il danno per lo Stato e configurabile il reato di truffa ex art. 640-bis cod. pen., per essersi verificata la concreta perdita del denaro, siccome erogato a rimborso di un credito fittizio ovvero non incassato per effetto di compensazione con un credito fittizio; prima di tale momento, può sussistere solo il tentativo del reato di cui all’art. 640-bis cod. pen. o, eventualmente, la truffa in danno dei cessionari.
Deduce, inoltre, la difesa che il sequestro preventivo a fini impeditivi poteva concernere soltanto quei crediti derivanti dal diritto alla detrazione di imposta spettante a quegli otto committenti delle opere, non anche il sequestro di tutti i crediti ceduti a RAGIONE_SOCIALE, anche da committenti diversi, e poi da questa ceduti a Poste Italiane.
2.4 Con il quarto motivo, i ricorrenti lamentano inosservanza della legge extrapenale e processuale prevista a pena di nullità (art. 606 cod. proc. pen., comma 1, lett. b) e c), in riferimento agli artt. 321, comma 2, 125 cod. proc. pen. e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000), per omessa motivazione specifica in ordine al periculum in mora, privo di qualsivoglia concretezza.
Deduce la difesa che il Tribunale del riesame di Messina non aveva adeguatamente precisato le ragioni di sussistenza di una situazione di periculum tale da rendere necessaria l’anticipazione dell’effetto ablativo della confisca rispetto alla definizione del giudizio, avuto riguardo alle lacune presenti tanto nella C.N.R., quanto nel decreto del G.I.P., essendo stato ritenuto sussistente il periculum in una chiave di valutazione ipotetica e congetturale, non suffragata da elementi concreti tali da lasciar presagire una possibile dispersione del denaro o un suo occultamento; nØ era stato dato conto del perchØ il sequestro si rendesse necessario a fronte dell’atteggiamento collaborativo del contribuente che si era attivato con la rateizzazione a seguito della comunicazione di irregolarità e in data antecedente al sequestro.
2.5 Con il quinto motivo, i ricorrenti lamentano violazione di legge ex art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., in relazione all’art. 125 cod. proc. pen. e all’art. 321 cod. proc. pen. e 12-bis d.lgs. n. 74 del 2000.
La difesa lamenta che l’ordinanza impugnata Ł priva di motivazione sulla determinazione del maggior profitto dei reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 (da euro 641.402,68 ad euro 664.928,03) e sulla diminuzione dell’importo totale delle rate pagate (da euro 33.570,20 ad euro 10.044,85).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il secondo motivo dei ricorsi Ł fondato, il primo motivo Ł infondato, il terzo inammissibile e gli ultimi due motivi devono ritenersi assorbiti.
Con riferimento al primo motivo dei ricorsi, con il quale si contesta l’avvenuta consegna delle certificazioni ai sostituiti, l’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, come novellato dall’art. 1, comma 1, lett. b), d.lgs. n. 87 del 2024, prevede che sia punito con la reclusione da sei mesi a due anni chiunque non versa, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti per un ammontare superiore a 150.000,00 euro per
ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non Ł in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3bis del D.lgs. 462/97. Viene altresì stabilito che, in caso di decadenza dal beneficio della rateazione ai sensi dell’art. 15-ter del d.P.R. n. 602 del 1973, il colpevole Ł punito se l’ammontare del debito residuo Ł superiore a 50.000,00 euro.
Il nuovo testo della disposizione, che fa riferimento unicamente alle ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti, ha recepito quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza 14.7.2022, n. 175, con la quale Ł stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 7, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 158 del 2015 nella parte in cui ha inserito le parole nel testo dell’art. 10-bis del D.lgs. 74/2000 e dello stesso art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000 limitatamente alle parole “dovute sulla base della stessa dichiarazione o”.
Tanto premesso, secondo la giurisprudenza di questa Corte, ai fini della configurabilità del delitto di omesso versamento di ritenute dovute o certificate, di cui all’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, non Ł sufficiente il solo inoltro, in via telematica, all’Agenzia delle entrate della dichiarazione del sostituto d’imposta, posto che tale adempimento non si traduce nella materiale consegna ai sostituiti della certificazione, nØ risulta a questa equipollente (Sez. 3, n. 18214 del 07/03/2024, COGNOME, Rv. 286284; Sez. 3, n. 25987 del 13/07/2020, COGNOME, Rv. 279743): il rilascio delle certificazioni ai sostituiti costituisce, dunque, l’elemento che attribuisce rilievo penale all’omesso versamento delle ritenute, diversamente residuando l’illecito amministrativo tributario sanzionato in via amministrativa.
Se, dunque, le indicazioni contenute nel modello 770 non sono da sole idonee a provare il fatto del rilascio delle certificazioni, a fronte del canone dell’accertamento al di là di ogni ragione dubbio richiesto in sede giudizio, costituiscono tuttavia indizio che può essere sufficiente in sede cautelare reale a fronte del differente standard dimostrativo in questa sede richiesto (Sez. U, n. 24782 del 22/03/2018, Macerata, Rv. 272801), purchŁ se ne fornisca motivazione adeguata (Sez. 3, n. 48591 del 26/04/2016, COGNOME Rv. 268492; nello stesso senso, Sez. 3, n. 8049 del 27/09/2017, dep. 2018, COGNOME, n.m.).
E ciò può ritenersi avvenuto nel caso di specie, avendo l’ordinanza impugnata affermato che la documentazione trasmessa su supporto informatico confermava che le ventitrŁ certificazioni – pacificamente trasmesse telematicamente dalla RAGIONE_SOCIALE all’Agenzia delle Entrate – erano state consegnate ai destinatari come richiesto dalla disposizione normativa.
In proposito, Sez. 3, n. 5020 del 26/11/2024, dep. 2025, COGNOME, Rv. 287514, afferma che la prova della messa a disposizione e conoscenza della certificazione al lavoratore, in presenza delle diverse modalità in cui può avvenire, possa essere assolta anche mediante inserimento nel cassetto fiscale di ciascun cittadino agevolmente consultabile dal medesimo sul sito dell’Agenzia delle Entrate, i cui contenuti conoscitivi sono stati implementati dall’art. 23 del d.lgs. 8 gennaio 2024, n. 1, da cui la conclusione che l’inserimento nel cassetto fiscale dei singoli dipendenti può costituire la prova del rilascio della certificazione, certamente idonea ad integrare il fumus commissi delicti.
Pertanto, nel caso in esame, sussistendo la prova che tutte le certificazioni uniche emesse dalla società per ciascun lavoratore erano state inviate all’Agenzia delle Entrate e, conseguenzialmente, inserite nel cassetto fiscale di ciascuno dei lavoratori dipendenti, può ritenersi che esse siano giunte a loro conoscenza e che sia, quindi, integrato, sotto questo profilo, il fumus commissi delicti, essendo stato acclarato che la RAGIONE_SOCIALE a fronte di ritenute complessivamente operate per euro 283.921,61, abbia versato all’Erario solo le ritenute da redditi di lavoro autonomo, pari ad euro 2.876,58, omettendo di versare le ritenute operate per i lavoratori dipendenti, pari ad euro 281.045,03.
Di qui l’infondatezza del primo motivo dei ricorsi.
3. Il secondo motivo dei ricorsi Ł fondato nei termini di seguito illustrati.
Come anticipato, il nuovo testo dell’art. 10-bis d.lgs. n. 74 del 2000, oltre ad aver precisato che il delitto Ł integrato dall’omesso versamento di ‘ritenute risultanti dalla certificazione rilasciata ai sostituiti’, ha anche fissato nel 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto di imposta, il termine entro il quale deve avvenire il versamento delle ritenute, ed ha stabilito che il reato Ł configurabile soltanto ‘se il debito tributario non Ł in corso diestinzione mediante rateazione, ai sensi dell’articolo 3-bis del decreto legislativo18 dicembre 1997, n. 462’, disposizione quest’ultima che prevede la possibilità di versareratealmente le somme dovute, risultanti dall’attività di controllo automatizzato(avvisi bonari ex art. 36-bis del d.P.R. n. 600 del 1973) e dalla liquidazione formaledelle dichiarazioni (art. 36-ter del d.P.R. n. 600 del 1973).
Allo stesso modo, il legislatore del 2024 Ł intervenuto sulla disposizione di cui all’art. 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000 relativa all’omesso versamento IVA, prevedendo, con un meccanismo speculare a quello di cui all’art. 10-bis, la punibilità con la reclusione da sei mesi a due anni di chiunque non versi, entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, l’imposta sul valore aggiunto dovuta in base alla medesima dichiarazione, per un ammontare superiore a 250.000,00 euro per ciascun periodo d’imposta, se il debito tributario non Ł in corso di estinzione mediante rateazione, ai sensi dell’art. 3-bis del d.lgs. n. 462 del 1997.
Proprio per favorire l’avvio del piano rateale l’art. 1, comma 7, d.lgs. n. 87 del 2024 ha modificato anche l’art. 3-bis d.lgs. n. 462 del 1997, prevedendo che, ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, gli esiti del controllo automatizzato, effettuato ai sensi degli artt. 36-bis d.P.R. n. 600 del 1973 e 54-bis d.P.R. n. 633 del 1972, siano comunicati, rispettivamente, al sostituto d’imposta e al contribuente entro il 30 settembre dell’anno successivo a quello di presentazione della relativa dichiarazione. Nelle more del ricevimento della comunicazione il sostituto o il contribuente può provvedere spontaneamente al pagamento rateale delle somme dovute a titolo di ritenute o di imposta, nella misura di almeno un ventesimo per ciascun trimestre solare. La prima rata Ł versata entro il termine indicato nel comma 1 degli articoli 10-bis e 10-ter e le rate successive sono versate entro l’ultimo giorno di ciascun trimestre successivo. Dopo il ricevimento della comunicazione, il pagamento rateale prosegue secondo le disposizioni dell’art. 3-bis cit.
Lo spostamento al 31 dicembre della rilevanza penale del fatto Ł, dunque, coerente con la finalità di rendere effettivi i presupposti per l’accesso alla rateizzazione del debito relativo all’imposta evasa.
Secondo il meccanismo normativo delineato dal legislatore del 2024, d.lgs. n. 87, per i reati c.d. ‘riscossivi’, pertanto, non costituisce piø reato la fattispecie nella quale sia intervenuto il versamento delle ritenute (art. 10-bis) o dell’IVA (art. 10-ter) entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale di sostituto d’imposta o della dichiarazione annuale ai fini IVA ovvero la fattispecie nella quale, sempre entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione della dichiarazione annuale, sia in corso il pagamento rateale delle somme dovute a seguito di comunicazione di irregolarità; evenienza quest’ultima certamente rilevante nel caso in esame.
Il ricorrente ha, infatti, dimostrato che, subito dopo aver ricevuto gli esiti del controllo automatizzato, sia in ordine alla dichiarazione modello 770/2022 (ottobre 2024), sia in ordine
alla dichiarazione IVA/2022 (novembre 2024), ha aderito al piano rateale, versando, per ciascuna delle due contestazioni, la prima rata nei termini previsti.
Il Tribunale cautelare non si Ł pronunciato sulla integrazione delle fattispecie di reato di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, come ridisegnate dal legislatore del 2024, limitandosi a valutare l’incidenza della causa di non punibilità di cui all’art. 23 del d.l. n. 34 del 2023, nonostante i ricorrenti avessero allegato documentazione attestante di aver ricevuto comunicazione dell’esito dei controlli automatizzati e di aver, conseguentemente, avviato i pagamenti previsti nei relativi piani rateali di estinzione dei debiti tributari.
L’ordinanza impugnata deve, quindi, essere annullata sul punto, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Messina, che dovrà valutare la persistenza del beneficio della rateazione avviata secondo il meccanismo di cui all’art. 3-bis d.lgs. n. 462 del 1997, tenendo conto che l’art. 5 d.lgs. n. 87 del 2024 introduce una deroga al principio di retroattività per l’applicazione delle norme piø favorevoli solo per le disposizioni di cui agli artt. 2, 3 e 4 dello stesso decreto, mentre per le disposizioni introdotte dall’art. 1 d.lgs. n. 87 del 2024 (tra cui le modifiche agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000) non Ł prevista alcuna disposizione derogatoria, sicchŁ trovano applicazione i principi posti dall’art. 2 cod. pen.
BenchŁil terminedisciplinatodal nuovo testo degli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74 del 2000, vale a dire il 31 dicembre dell’anno successivo a quello di presentazione delledichiarazioniannuali, sia scadutoper entrambe le fattispecie – trattandosi di dichiarazioni annuali presentate nell’anno 2022 (relative all’anno di imposta 2021) -il 31 dicembre 2023, il nuovo meccanismo di integrazione del reato previsto dalle menzionate disposizioni Ł entrato in vigore il 29 giugno 2024 ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 87 del 2024.Da ciò consegue che, trattandosi di disposizione penale piø favorevole per l’interessato sotto lo specifico profilo della non integrazione dei reati, la norma deve considerarsi applicabile, essendoin corso dei piani rateali finalizzati all’estinzione dei debiti tributari, attivati proprio a seguito della comunicazione degli esiti del controllo automatizzato ex art. 3-bis d.lgs. n. 462 del 1997,secondo il meccanismo estintivo ideato dal legislatore, fermo restando che, in ipotesi di decadenza dal beneficio dell’adesione al piano di rateazione, il reato si intenderà perfezionato solo se l’ammontare del debito residuo sarà superiore ad euro 50.000,00 per la fattispecie di cui all’art. 10-bis e ad euro 75.000,00 per la fattispecie di cui all’art. 10-ter.
Il terzo motivo dei ricorsi Ł inammissibile per difetto di legittimazione.
Occorre ricordare che, mentre l’art. 322 cod. proc. pen. disciplina la legittimazione astratta alla proposizione del riesame reale (attribuita all’imputato, alla persona alla quale le cose sono state sequestrate ed a quella che avrebbe diritto alla loro restituzione), le norme sulle impugnazioni in generale disciplinano il profilo dell’ammissibilità e postulano la necessità di un concreto interesse all’impugnazione, in assenza del quale l’impugnazione va dichiarata inammissibile. In altri termini, l’art. 322 cod. proc. pen. individua le categorie astrattamente legittimate all’impugnazione “reale”, mentre gli artt. 568, comma 4, e 591, comma 1, lettera a), cod. proc. pen. impongono un vaglio di ammissibilità fondato sulla verifica della concreta legittimazione in ragione della sussistenza di un interesse concreto e attuale, posto che l’impugnazione Ł inammissibile quando Ł proposta da chi non Ł legittimato o, pur essendolo, non ha interesse.
Ebbene, nel caso dell’impugnazione del sequestro preventivo Ł proprio la morfologia delle misure cautelari reali – che impongono un vincolo giuridico sul bene – a rendere indispensabile l’effetto di restituzione quale connotato essenziale ed imprescindibile dell’interesse ad impugnare (Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, COGNOME, Rv. 281098; Sez. 3, n. 9947 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 266713).
In tale contesto, dunque, la sussistenza dell’interesse ad impugnare non può presumersi dalla legittimazione ad impugnare: Ł infatti onere di chi impugna dedurre la sussistenza dell’interesse ad impugnare, ai sensi degli artt. 568, comma 4, e 581 comma 1, lettera d), cod. proc. pen.
Nei procedimenti cautelari reali la sussistenza dell’interesse Ł strettamente collegata alla richiesta di restituzione del bene, sicchØ Ł onere di chi impugna indicare, a pena di inammissibilità, oltre all’avvenuta esecuzione del sequestro, le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sostengono la sua relazione con la cosa sottoposta a sequestro, relazione che consentirebbe la restituzione del bene a chi impugna.
Nel caso di specie, i crediti di imposta che si assume essere inesistenti, per essere stato applicato lo sconto in fattura in relazione a lavori edilizi mai interamente pagati dai beneficiari, sono stati negoziati e monetizzati dalla RAGIONE_SOCIALE mediante cessione a Poste Italiane s.p.a. che ne ha la disponibilità, cosicchŁ non potrebbe essere disposta la restituzione dei crediti in favore della società ricorrente o del suo rappresentante legale, essendo i crediti stati ceduti ed essendone conseguentemente stata trasferita la disponibilità in capo al cessionario RAGIONE_SOCIALE
Pertanto, i ricorrenti sono carenti di interesse in ordine all’annullamento del decreto di sequestro preventivo riguardante i crediti di imposta ceduti a Poste Italiane s.p.a., essendo l’interesse tutelato dall’ordinamento, in materia di impugnazioni reali, volto alla reintegrazione patrimoniale di chi abbia subito l’imposizione del vincolo: anche in caso di accoglimento delle prospettazioni difensive, infatti, i crediti di imposta andrebbero restituiti a Poste Italiane s.p.a. e non già al ricorrente, con la conseguenza che manca l’interesse al gravame (cfr., sul punto, Sez. 3, n. 16352 dell’11/01/2021, cit.; Sez. 3, n. 3602 del 16/01/2019, Rv. 276545; Sez. 3, n. 47313 del 17/05/2017, Rv. 271231; Sez. 3, n. 35072 del 12/04/2016, Rv. 267672; Sez. 5, n. 20118 del 20/04/2015, Rv. 263799).
Il quarto e il quinto motivo dei ricorsi devono ritenersi assorbiti, in conseguenza della natura pregiudiziale del secondo motivo di cui Ł stata ritenuta la fondatezza e della inammissibilità dei ricorsi relativamente al reato di cui agli artt. 81, 110, 640-bis cod. pen.
In conclusione, l’ordinanza impugnata deve essere annullata limitatamente ai reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74/2000, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Messina competente ai sensi dell’art. 324, comma 5, cod. proc. pen., che provvederà a riesaminare la vicenda attenendosi a quanto deciso da questa Corte. I ricorsi devono invece dichiararsi inammissibili relativamente al reato di cui agli artt. 81, 110, 640-bis cod. pen.
P.Q.M
Annulla l’ordinanza impugnata limitatamente ai reati di cui agli artt. 10-bis e 10-ter d.lgs. n. 74/2000 e rinvia per nuovo giudizio al Tribunale di Messina competente ai sensi dell’art. 324, co. 5, c.p.p. Dichiara inammissibili i ricorsi relativamente al reato di cui agli artt. 81, 110, 640bis c.p.
Così Ł deciso, 22/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME