Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 7320 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 7320 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 15/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME NOME nato a NUORO il 23/04/1978 avverso la sentenza del 20/05/2024 della CORTE d’APPELLO di CAGLIARI visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale COGNOME che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso; ricorso trattato in camera di consiglio senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli art. 610, comma 5, e 611, commi 1 bis e seguenti, cod. proc. pen..
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Cagliari ha confermato la sentenza pronunciata il 7 dicembre 2021 dal Giudice per l’Udienza Preliminare presso il Tribunale di Cagliari, con cui NOME COGNOME era stata condannata alla pena di tre anni (oltre a pena pecuniaria) per il reato di rapina aggravata dalla età della persona offesa (ultrasessantacinquenne) e dalla commissione del reato nella abitazione della vittima (art. 628, terzo comma, n. 3-bis e 3-quinquies).
Presentando ricorso per Cassazione, la Difesa dell’imputata formula un unico motivo, fondato sulla violazione di legge e sul vizio motivazionale (art. 606,
lett. b ed e, cod. proc. pen.) sul punto della affermazione di responsa dell’imputata per il reato contestato.
In fatto, si sostiene nel ricorso, non si tratta di una rapina impropria furto con strappo ex art. 624 bis cod. pen..
La sequenza temporale infatti vide l’iniziale strappo del denaro dalle della persona offesa e l’inizio della fuga dalla abitazione, immediatam arrestata a causa della pronta reazione della anziana vittima, riuscita a chiu chiave la porta d’ingresso, fermando così l’intrusa. Della fase successiva, avvenne la colluttazione tra le due donne, per strappare la chiave di ingre assicurarsi la fuga dall’abitazione, non vi è menzione nel capo di imputazione
CONSIDERATO IN DIRITTI)
L’unico motivo di ricorso, concernente la qualificazione giuridica del fa è infondato e porta pertanto al rigetto del ricorso stesso.
Va innanzi tutto considerato che il motivo si limita a riproporre, s apportare sostanziali argomenti nuovi, quanto già sostenuto nell’atto di appel fini della ricostruzione del fatto e della successiva applicazione della legge secondo l’ordinario criterio del sillogismo giuridico.
Sennonché, va detto in premessa, si è in presenza di c.d. “doppia conforme in punto affermazione della penale responsabilità dell’imputata per il fatto di come contestato, con la conseguenza che le due sentenze di merito posson essere lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo st rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di appello a quella di primo e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi criteri valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, Argentieri 257595; Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218).
Si aggiunge che, lungi dal delineare un effettivo vizio di legittimi doglianze articolate finiscono per contestare il giudizio di responsabilità in di rapina, ovvero il risultato probatorio cui sono approdati i giudici di meri con valutazione conforme delle medesime emergenze istruttorie, sono stat concordi nel ritenere al contrario tali elementi pienamente e integralm riscontrati all’esito della ricostruzione della concreta vicenda processuale. effetti, è utile ribadire che, ai fini della corretta deduzione del vizio di vio legge di cui all’art. 606, comma 1, lett. b) cod. proc. pen., il motivo di rico strutturarsi sulla contestazione della riconducibilità del fatto – come ricostr giudici di merito – nella fattispecie astratta delineata dal legislatore; a invece, è, come accade sovente ed anche nel caso di specie, sostenere che
emergenze istruttorie acquisite siano idonee o meno a consentire la ricostruzi della condotta di cui si discute in termini tali da ricondurla al paradigma lega caso specifico, di rapina). Nel primo caso, infatti, viene effettivamente in ril profilo di violazione di legge laddove si deduce l’erroneità dell’op “sussunzione” del fatto (non suscettibile di essere rimessa in discussione in di legittimità) rispetto alla fattispecie astratta; nel secondo caso, invece, l si risolve nella contestazione della possibilità di enucleare, dalle prove ac una condotta corrispondente alla fattispecie tipica che è, invece, operaz prettamente riservata al giudice di merito. Con la censura svolta, il rico contesta, sotto vari profili, l’approdo decisionale cui sono pervenuti i giu merito nell’affermare la qualificazione del fatto come rapina, sottoponendo Corte di legittimità una serie di argomentazioni che si risolvono nella formulaz di una diversa ed alternativa ricostruzione dei fatti posti a fondamento decisione ovvero nella proposizione di diverse e rinnovate chiavi di lettur compendio probatorio.
Si tratta del tentativo di trasporre in sede di legittimità, doglia pertengono al giudizio di merito, nel tentativo di ottenere un terzo giudiz fatto. Ciò traspare anche dalla promiscua, confusa e cumulativa enunciazione tutti i vizi motivazionali, secondo una tecnica redazionale di per sé ind genericità del motivo di ricorso e, in definitiva, segno della natura di merit doglianza che ad esso solo strumentalmente tenta di agganciarsi (Sez. 6, n. 13 del 17/03/2015, 0., Rv. 262965 – 01). Ed altrettanto esplicito nel senso formulazione di un motivo buono per un atto di appello ma non proponibile i Cassazione, è l’evocata l’errata applicazione dell’art. 192 cod. proc. pen. (pg ricorso), a dispetto della costante affermazione di questa Corte per cui deducibile la violazione del già citato articolo, per censurare l’erronea valu degli elementi di prova acquisiti (ex multis Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, Filardo, 280027-04).
Per quanto detto, le critiche mosse alla sentenza risultano infon innanzitutto in relazione allo sviluppo della azione ed all’oggetto della violen
La sentenza della Corte d’appello, infatti, evidenzia opportunamente a pg. che il nucleo violento dell’azione va individuato nello strappo del denaro dalle dell’anziana, cui è seguita la breve colluttazione di cui si dà conto in sentenz atto qualifica il fatto come rapina perché la persona offesa, e non la res, fu l’oggetto della violenza. Un quantum di violenza limitato (si riconosce pure nella sentenza), ma sufficiente a determinare una situazione per cui le bancono invece di ‘passar di mano’, caddero in terra, dando tempo alla imputata di ce di raccattarle, ed alla anziana, vista la malaparata, di correre a chiudere l
casa nel tentativo di impedire la fuga alla Liotta. Ed a corroborare la conclusione nel senso che una violenza (pur non produttiva di lesioni) vi fosse stata, soccorre l’osservazione, comune alle due decisioni, del rinvenimento sul pavimento dell’appartamento della anziana, di una cartellina porta documenti e di altri oggetti caduti nel corso della colluttazione, che ne comprova l’esistenza, fermata dalla reazione della vittima.
Quanto poi alla violenza che è seguita, per strappare le chiavi dalle mani della Pinna e poter quindi conquistare l’uscita, irrilevante è la deduzione che tale aspetto non sarebbe menzionato nell’imputazione, perché la violenza sufficiente ad integrare la rapina, già si era manifestata con lo strappo delle banconote, come si è spiegato.
Per le ragioni predette, il ricorso va rigettato. Ne consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così d ciso il 15 gennaio 2025