Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 17875 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 2 Num. 17875 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/04/2025
SECONDA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
R.G.N. 4439/2025
NOME COGNOME
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME NOMECOGNOME nato a LAMEZIA TERME il 20/07/1959, avverso la sentenza del 11/09/2024 della Corte d’appello di Catanzaro; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME
COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 12/11/2018 il Tribunale di Lamezia Terme aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile dei reati di rapina e lesioni personali aggravate, a lui ascritti e, ritenuto tra di essi il vincolo della continuazione, lo aveva condannato alla pena complessiva e finale di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 500 di multa.
La Corte d’appello di Catanzaro, in parziale riforma della sentenza di primo grado, ha dichiarato non doversi procedere nei confronti dell’imputato in relazione al reato di lesioni personali perchØ estinto per intervenuta prescrizione ed ha conseguentemente eliminato la pena stabilita in aumento sul delitto di rapina per il quale ha confermato la condanna ad anni 2 di reclusione ed euro 400 di multa;
ricorre per cassazione NOME COGNOME a mezzo del difensore che deduce:
3.1 mancanza e manifesta illogicità della motivazione; erronea applicazione dell’art. 628 cod. pen.; riconoscimento della fattispecie di lieve entità: lamenta l’errore in cui sono incorse le sentenze di merito sulla qualificazione del fatto che andava ricondotto alla fattispecie del furto con strappo atteso che la violenza era stata diretta principalmente sulla res e solo indirettamente sulla persona offesa; aggiunge che, in ogni caso, la condotta dell’imputato non era stata diretta a perseguire un profitto di natura patrimoniale e che avrebbe dovuto trovare applicazione la sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale atteso il modesto valore del bene attinto dalla condotta delittuosa ma, anche, la lieve entità del pregiudizio cagionato alla persona offesa che aveva indotto costei a rimettere la querela;
3.2 erronea applicazione dell’art. 163 cod. pen.: rileva che, a sØguito della eliminazione dell’aumento di pena per le lesioni personali, la Corte avrebbe dovuto verificare, anche d’ufficio, la possibilità di concedere all’imputato il beneficio della sospensione condizionale della pena detentiva;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso Ł inammissibile perchØ articolato con censure manifestamente infondate ovvero non consentite in questa sede.
Con il primo articolato motivo del ricorso, la difesa deduce, in primo luogo, vizio di motivazione ed erronea applicazione della legge penale con riguardo alla qualificazione dell’episodio in termini di rapina piuttosto che di furto con strappo; rileva come, in ogni caso, sarebbe mancato il dolo di fattispecie dal momento che il fine perseguito dal ricorrente sottraendo il telefonino alla persona offesa non era di natura patrimoniale e, infine, che il fatto avrebbe dovuto essere ricondotto nell’ipotesi ‘lieve’ come introdotta nel sistema per effetto dalla sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale.
1.1 La prima doglianza Ł manifestamente infondata risultando assolutamente pacifico, nella ricostruzione dell’episodio restituita dalle due sentenze di merito (cfr., pag. 2 della sentenza d’appello: ‘… il COGNOME si scagliava contro NOME per ottenere da lei il suo cellulare e poterne visionare il contenuto … prima scaraventava a terra la donna per neutralizzare le sue resistenze e poi, muovendo le mani sul suo corpo, si impossessava del suo telefono, prima di fuggire via’; cfr., anche, pag. 5 della sentenza di primo grado) che l’azione violenta del ricorrente era stata diretta prima sulla persona offesa consentendo di superarne la resistenza consentendo all’imputato di sottrarle il telefonino.
Assolutamente corretto, perciò, Ł stato l’inquadramento del fatto nella fattispecie di cui all’art. 628 cod. pen. e non già nel paradigma del furto ‘con strappo’ di cui all’art. 624-bis cod. pen. (cfr., tra le tante. Sez. 2, n. 16899 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 276558 – 01).
1.2 Quanto alla finalità perseguita dall’agente, Ł sufficiente richiamare l’arresto delle Sezioni Unite del 2023 che, pur riferito al delitto di furto, ha dettato un principio certamente mutuabile anche per il delitto di rapina chiarendo che il fine di profitto che integra il dolo specifico del reato va inteso come qualunque vantaggio anche di natura non prettamente patrimoniale perseguito dall’autore (cfr., Sez. U, n. 41570 del 25/05/2023, C., Rv. 285145 – 01).
1.3 La richiesta di ricondurre il fatto nell’ipotesi ‘lieve’ originata dalla sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale Ł preclusa.
La sentenza della Corte Costituzionale Ł stata adottata nella camera di consiglio del 16/04/2024, depositata il 13/05/2024 e pubblicata sulla G.U. il 15/05/2024.
La decisione della Corte d’appello Ł intervenuta l’11/09/2024 e, pertanto, la difesa avrebbe potuto e dovuto dedurre la questione quantomeno con i motivi aggiunti.
In tal senso si Ł ormai orientata la giurisprudenza di questa Corte affermatasi già con riguardo alla omologa ipotesi della estorsione ‘lieve’ a sua volta introdotta nel sistema a sØguito della sentenza n. 120 del 2023 della stessa Corte Costituzionale: si Ł infatti affermato che non Ł deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni (cfr., Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536 – 01; conf., tra le numerose non massimate,
Sez. 2, n. 12497 dell’01/04/2025, Cileo; Sez. 2, n. 10968 del22/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 9947 del 07/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 5852 del 30/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 4583 del 29/01/2025, COGNOME; Sez. 2, n. 4517 del 04/12/2024, Calcavecchia).
D’altra parte, se Ł vero che il giudice d’appello, ai sensi dell’art. 597, comma quinto, cod. proc. pen., ben avrebbe potuto riconoscere d’ufficio l’attenuante in parola, Ł altrettanto pacifico, tuttavia, che la mancata adozione di una siffatta iniziativa officiosa, non accompagnata da alcuna motivazione, non può rappresentare un motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o per vizio di motivazione qualora l’imputato, nell’atto di appello o almeno in sede di conclusioni del giudizio di secondo grado, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con la redazione di una puntuale motivazione (cfr., Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019, dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02; Sez. 4, n. 29538 del 28/05/2019, COGNOME, Rv. 276596 – 02).
2. Il secondo motivo Ł a sua volta inammissibile per ragioni simili a quelle appena esposte nel punto 1.3.
NØ nell’atto d’appello ma nemmeno nel giudizio di secondo grado (svoltosi in forma cartolare) la difesa aveva sollecitato la concessione del beneficio della sospensione condizionale della pena per il caso, poi effettivamente concretizzatosi, di revisione della stessa in termini tali da consentire il riconoscimento del beneficio; Ł dunque appena il caso di richiamare l’arresto delle SS.UU. ‘Salerno’ secondo cui, in tema di sospensione condizionale della pena, fermo l’obbligo del giudice d’appello di motivare circa il mancato esercizio del potere-dovere di applicazione di detto beneficio in presenza delle condizioni che ne consentono il riconoscimento, l’imputato non può dolersi, con ricorso per cassazione, della sua mancata concessione, qualora non ne abbia fatto richiesta nel corso del giudizio di merito (cfr., Sez. U, n. 22533 del 25/10/2018, dep. 2019, Salerno, Rv. 275376 – 01, in cui la Corte ha spiegato che il mancato esercizio del potere-dovere del giudice di appello di applicare di ufficio i benefici di legge, non accompagnato da alcuna motivazione che renda ragione di tale “non decisione”, non può costituire motivo di ricorso per cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, se l’effettivo espletamento del medesimo potere-dovere non sia stato sollecitato da una delle parti, almeno in sede di conclusioni nel giudizio di appello, ovvero, nei casi in cui intervenga condanna la prima volta in appello, neppure con le conclusioni subordinate proposte dall’imputato nel giudizio di primo grado).
3. L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, non ravvisandosi ragione alcuna per escludere profili di colpa nell’attivare l’impugnazione.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 16/04/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME