Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 15979 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 15979 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 08/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Tunisia il 28/03/1990
avverso la sentenza 08/07/2024 della Corte d’appello di Bologna visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore COGNOME il quale ha concluso chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 08/07/2024, la Corte d’appello di Bologna confermava la sentenza del 30/10/2023 del G.u.p. del Tribunale di Bologna, emessa in esito a giudizio abbreviato, con la quale NOME COGNOME previo riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche e della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4), cod. pen., era stato condannato alla pena di un anno e sei mesi di reclusione ed C 280,00 di multa per il reato di rapina impropria ai danni del RAGIONE_SOCIALE
Avverso tale sentenza del 08/07/2024 della Corte d’appello di Bologna, ha proposto ricorso per cassazione, per il tramite del proprio difensore avv. NOME COGNOME NOME COGNOME affidato a un unico motivo, con il quale deduce:
«riqualificazione del trattamento sanzionatorio per applicazione dell’attenuante di lieve entità del fatto per il reato di rapina e mancanza di idonea ed adeguata motivazione».
Dopo avere rammentato che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 86 del 2024, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità», il NOME COGNOME espone che: a) «ne caso di specie emerge come l’aggressione alla libertà di autodeterminazione della persona offesa è risultata minima»; b) «l quantum di violenza si è limitato ad una spinta data in occasione della fuga al dipendente del supermercato»; c) «a persona offesa NOME non ha riportato nessuna lesione personale»; d) «a persona offesa – sentita a SIT – non manifesta nessuna forma di paura e timore per la propria incolumità»; f) «l valore della merce è di soli 54 euro (per generi alimentari)»; g) «il fatto rappresenta il tipico schema di un furto (commesso senza mezzi fraudolenti o oggetti atti ad offendere o danneggiare la merce) che si converte in rapina impropria per l’intervento del dipendente del supermercato».
Tanto esposto, il ricorrente rappresenta che «N’esame di questi elementi avrebbero dovuto portare la Corte distrettuale a rideterminare il trattamento sanzionatorio con l’applicazione della circostanza attenuante speciale prevista per la rapina così da rideterminare la pena in maniera proporzionale», mentre la stessa Corte, «in violazione dell’art. 546 c.p.p.», aveva «omesso di ricostruire i percorso logico-giuridico seguito nell’esercizio del potere discrezionale».
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso non è consentito.
Si deve al riguardo rilevare che la sentenza impugnata è stata pronunciata il 08/07/2024, cioè quando la sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024, con la quale è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen., «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità», era già stata decisa 16/04/2024), depositata (il 13/05/2024) e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica (il 15/05/2024).
Ciò comporta che, per potersi dolere, in questa sede di legittimità, della mancata applicazione della suddetta circostanza attenuante, la relativa questione
avrebbe dovuto essere prospettata già davanti alla Corte d’appello, con i motivi aggiunti o in sede di formulazione delle conclusioni, e che la stessa questione non
può essere prospettata per la prima volta davanti alla Corte di cassazione.
In tale senso, si è già pronunciata la stessa Corte di cassazione, in prima battuta, con riguardo all’analoga circostanza attenuante della lieve entità del
delitto di estorsione, introdotta con la sentenza della Corte costituzionale n. 120
del 2023.
È stato infatti chiarito, con argomentazioni che sono pienamente condivise dal
Collegio e che qui, per brevità, ci si limita a richiamare, che, «n tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione
del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n.
120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle
conclusioni» (Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536-01).
Il principio è stato successivamente espressamente ribadito anche con riguardo alla circostanza attenuante della lieve entità del delitto di rapina che è stata introdotta con la sentenza della Corte costituzionale n. 86 del 2024 e che viene qui in rilievo (Sez. 2, n. 44819 del 20/11/2024, Rodi, non massimata).
Poiché nel caso in esame la questione della lieve entità della rapina impropria che è stata attribuita al NOME COGNOME non risulta essere stata prospettata né con motivi nuovi di appello né in sede di formulazione delle conclusioni nel giudizio di appello (come risulta dall’epigrafe della sentenza impugnata), il motivo si deve ritenere tardivamente proposto e, perciò, non consentito.
Pertanto, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la conseguente condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616, comma 1, cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento, nonché, essendo ravvisabili profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento della somma di € 3.000,00 in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle E1 tr) 4 j ,c· 0 spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle …/ “I r., al n.0 ammende.
Così deciso il 08/04/2025.