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Rapina lieve entità: la Consulta introduce attenuante

Due individui, condannati per rapina aggravata, ricorrono in Cassazione contestando il loro riconoscimento. La Suprema Corte rigetta i motivi legati alle prove, ma accoglie una nuova istanza basata sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 86/2024. Tale pronuncia ha introdotto l’attenuante della rapina di lieve entità, dichiarando parzialmente incostituzionale l’art. 628 c.p. La Cassazione, quindi, annulla la sentenza limitatamente alla determinazione della pena, rinviando il caso alla Corte d’Appello per un nuovo calcolo alla luce della nuova attenuante.

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Pubblicato il 16 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rapina di Lieve Entità: La Cassazione Apre a Pene Più Mite

Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 19938/2024) ha stabilito un principio fondamentale per i reati di rapina, applicando per la prima volta l’attenuante della rapina di lieve entità introdotta dalla Corte Costituzionale. Questa decisione segna una svolta importante nella valutazione della proporzionalità della pena, annullando una condanna e rinviando il caso alla Corte d’Appello per un ricalcolo della sanzione. Vediamo nel dettaglio i fatti e le implicazioni di questa pronuncia.

I Fatti e il Ricorso in Cassazione

Il caso riguardava due persone condannate in primo e secondo grado per il reato di rapina aggravata. La difesa aveva presentato ricorso in Cassazione lamentando principalmente vizi nella procedura di riconoscimento degli imputati. Secondo i legali, la condanna si basava su elementi incerti: il mancato riconoscimento da parte della vittima durante il dibattimento e l’identificazione avvenuta tramite immagini di videosorveglianza sfocate, basandosi più sull’abbigliamento che su caratteristiche fisionomiche distintive. Inoltre, si contestava la mancata motivazione sul ruolo specifico di uno dei due concorrenti nel reato.

La Suprema Corte, in prima battuta, ha ritenuto infondati questi motivi, riaffermando il principio secondo cui il giudizio di legittimità non può trasformarsi in una nuova valutazione delle prove. La ricostruzione dei fatti e l’apprezzamento degli elementi probatori operati dai giudici di merito sono stati considerati logici e coerenti, e quindi non censurabili in sede di Cassazione.

La Svolta: l’Applicabilità della Rapina di Lieve Entità

Il punto di svolta del processo è avvenuto durante l’udienza in Cassazione. Il difensore ha sollevato una questione nuova, basata sulla sentenza della Corte Costituzionale n. 86 del 2024, depositata dopo la sentenza d’appello impugnata. Con questa storica pronuncia, la Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’articolo 628, secondo comma, del codice penale, nella parte in cui non prevedeva una diminuzione di pena per i fatti di rapina di lieve entità.

Sulla scia di una precedente decisione in materia di estorsione (sent. n. 120/2023), la Corte Costituzionale ha introdotto una “valvola di sicurezza” per consentire al giudice di adeguare la pena alla gravità concreta del fatto, evitando sanzioni sproporzionate per episodi minimi, caratterizzati da un danno o un pericolo esiguo.

La Decisione della Suprema Corte: Annullamento con Rinvio

Di fronte a questa novità normativa, la Corte di Cassazione ha cambiato l’esito del giudizio. Ha riconosciuto che la dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale ha effetti anche sui processi in corso. La mancata previsione dell’attenuante al momento della condanna in appello costituiva una nullità sopravvenuta della sentenza, ma limitatamente al trattamento sanzionatorio.

Pertanto, pur dichiarando definitivo l’accertamento della responsabilità penale degli imputati, la Corte ha annullato la sentenza impugnata solo per quanto riguarda la quantificazione della pena.

Le Motivazioni

La motivazione della Cassazione si fonda su un duplice binario. Da un lato, ribadisce la propria funzione di giudice di legittimità, che non può sovrapporre la propria valutazione del materiale probatorio a quella, logicamente argomentata, dei giudici di merito. I motivi di ricorso relativi all’identificazione e al concorso di persone sono stati quindi respinti. Dall’altro lato, la Corte ha il dovere di applicare il diritto sopravvenuto (ius superveniens), specialmente quando questo deriva da una pronuncia di incostituzionalità che introduce un trattamento più favorevole per l’imputato. La sentenza n. 86/2024 della Consulta ha modificato il quadro normativo, rendendo la determinazione della pena, così come effettuata dalla Corte d’Appello, non più conforme a legge.

Le Conclusioni

La Corte ha rinviato il caso ad un’altra sezione della Corte d’Appello di Bologna. Il nuovo giudice dovrà riconsiderare il caso esclusivamente per valutare se il fatto possa essere qualificato come rapina di lieve entità, e, in caso affermativo, applicare la corrispondente diminuzione di pena. Questa sentenza consolida un importante principio di proporzionalità e individualizzazione della sanzione penale, garantendo che anche per reati gravi come la rapina, la pena possa essere adeguata alla reale offensività della condotta.

È possibile ottenere una riduzione di pena per una rapina di lieve entità?
Sì, a seguito della sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale, è stata introdotta una circostanza attenuante specifica che permette al giudice di diminuire la pena fino a un terzo quando la rapina, per natura, mezzi, modalità o per la particolare tenuità del danno, risulti di lieve entità.

Cosa succede se una norma viene dichiarata incostituzionale dopo una condanna non ancora definitiva?
La dichiarazione di illegittimità costituzionale di una norma penale si applica anche ai processi in corso. Come avvenuto in questo caso, la Corte di Cassazione può rilevare d’ufficio la nullità sopravvenuta della sentenza impugnata nel punto relativo alla pena e rinviare a un nuovo giudice per la sua rideterminazione secondo la nuova normativa più favorevole.

La Corte di Cassazione può riesaminare le prove e la ricostruzione dei fatti?
No, il ruolo della Corte di Cassazione è limitato al cosiddetto ‘sindacato di legittimità’. Non può rivalutare le prove o sostituire il proprio apprezzamento dei fatti a quello dei giudici di merito (primo grado e appello), a meno che la motivazione della sentenza impugnata non sia manifestamente illogica, contraddittoria o inesistente.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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