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Rapina lieve entità: la Cassazione chiarisce i limiti

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso di un Procuratore Generale contro una sentenza che applicava l’attenuante della rapina lieve entità. La Corte ha stabilito che la valutazione sulla lieve entità del fatto è una questione di merito, non censurabile con un ricorso per saltum, il quale è limitato alle sole violazioni di legge. La decisione del tribunale di primo grado è stata quindi confermata, ribadendo l’importanza del principio di proporzionalità della pena introdotto dalla Corte Costituzionale.

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Pubblicato il 17 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Rapina lieve entità: la Cassazione fissa i paletti per il ricorso del PM

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento sull’applicazione dell’attenuante della rapina lieve entità, introdotta da una storica decisione della Corte Costituzionale. Il caso analizzato dalla Suprema Corte riguarda il ricorso di un Pubblico Ministero contro il riconoscimento di tale attenuante a un imputato, ritenendo che la valutazione del giudice di merito non fosse corretta. La decisione finale sottolinea la distinzione fondamentale tra valutazione dei fatti e violazione di legge.

I Fatti del Caso

Il procedimento ha origine dalla condanna di un individuo per tentata rapina impropria e lesioni. L’uomo si era impossessato di un borsello contenente denaro, documenti, uno smartphone di ultima generazione e altri effetti personali, sottraendoli a due turisti. Il giudice per le indagini preliminari di Firenze, procedendo con rito abbreviato, aveva riqualificato il reato come ‘tentato’ e non ‘consumato’ e, soprattutto, aveva riconosciuto l’attenuante speciale della rapina lieve entità, prevista dalla sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale. Di conseguenza, l’imputato era stato condannato a una pena di sedici mesi di reclusione e quattrocento euro di multa.

Il Ricorso del Pubblico Ministero e la questione della rapina lieve entità

Insoddisfatto della decisione, il Procuratore Generale presso la Corte d’Appello di Firenze ha proposto ricorso diretto in Cassazione (il cosiddetto ricorso per saltum). Secondo il PM, l’attenuante era stata concessa erroneamente. Le sue argomentazioni si basavano su diversi punti:
1. Gravità del danno: La sottrazione di uno smartphone di ultima generazione e di documenti personali avrebbe comportato un danno grave, inclusa la perdita di dati sensibili.
2. Valore del bene: Il valore del telefono non poteva essere considerato ‘minimo’.
3. Modalità della condotta: L’azione era stata commessa con destrezza e violenza, seppur non lieve, e in modo reiterato verso più persone.
In sostanza, il PM contestava il percorso motivazionale del giudice di primo grado, chiedendo alla Cassazione di rivalutare le circostanze del fatto per escludere l’applicazione dell’attenuante.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso infondato, rigettandolo. La motivazione della Suprema Corte si articola su un principio processuale cardine: i limiti del ricorso per saltum. L’art. 569, comma 3, del codice di procedura penale stabilisce che questo tipo di ricorso può essere proposto solo per denunciare una violazione di legge, non per contestare la valutazione dei fatti compiuta dal giudice di merito.

La Corte ha osservato che il Pubblico Ministero non ha indicato una norma violata, ma si è limitato a proporre una valutazione ‘antagonista’ delle prove e delle modalità della condotta, cercando di sostituire il proprio giudizio a quello del tribunale. Questo tipo di doglianza, che attiene al merito della decisione, è inammissibile in sede di legittimità, specialmente con un ricorso per saltum.

La sentenza ribadisce inoltre la ratio dell’intervento della Corte Costituzionale (sentenza n. 86/2024), che ha introdotto l’attenuante per la rapina lieve entità per adeguare il trattamento sanzionatorio al principio di proporzionalità e alla finalità rieducativa della pena (art. 27 della Costituzione). I giudici costituzionali hanno ritenuto sproporzionata una pena rigida per fatti di rapina che, per la natura dell’azione, i mezzi, il danno o il pericolo, risultino di lieve entità. La valutazione di tale ‘lieve entità’ è un compito affidato al prudente apprezzamento del giudice di merito, che deve considerare tutte le circostanze del caso concreto.

Conclusioni

La decisione della Cassazione stabilisce un principio chiaro: la valutazione sulla concessione dell’attenuante per la rapina lieve entità costituisce un giudizio di fatto, riservato al giudice di merito. Tale giudizio non può essere messo in discussione in Cassazione attraverso un ricorso per saltum, a meno che non si lamenti un vizio di motivazione radicale o una palese violazione di legge. Il ricorso del Pubblico Ministero, basato su una diversa interpretazione delle circostanze fattuali, non rientra in queste categorie e, pertanto, è stato correttamente respinto. Questa pronuncia consolida l’applicazione della nuova attenuante e rafforza la discrezionalità del giudice nel garantire che la pena sia sempre proporzionata alla reale gravità del reato commesso.

Cos’è l’attenuante per rapina di lieve entità?
È una circostanza attenuante speciale, introdotta dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024, che permette al giudice di diminuire la pena per il reato di rapina (art. 628 c.p.) quando il fatto, per natura, mezzi, modalità dell’azione o per la particolare tenuità del danno, risulti di lieve entità.

Perché la Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Pubblico Ministero?
La Corte ha rigettato il ricorso perché il Pubblico Ministero aveva proposto un ‘ricorso per saltum’, che consente di contestare solo violazioni di legge. Le sue argomentazioni, invece, riguardavano la valutazione dei fatti (la gravità del danno, le modalità della condotta), che è di esclusiva competenza del giudice di merito e non può essere riesaminata in sede di legittimità con questo tipo di impugnazione.

La valutazione sulla lieve entità del fatto è una questione di diritto o di merito?
Secondo la sentenza, la valutazione sulla lieve entità del fatto è una questione di merito, affidata all’apprezzamento del giudice che valuta le prove. Non è una questione di pura interpretazione di una norma giuridica, e quindi non può essere oggetto di un ricorso in Cassazione fondato sulla sola violazione di legge.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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