Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 10291 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 10291 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 28/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a Roma il 09/07/1977 avverso la sentenza del 09/05/2024 della Corte di Appello di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; lette le conclusioni del difensore del ricorrente, Avv. NOME COGNOME che ha insistito nei motivi di ricorso e chiesto l’annullamento del provvedimento impugnato; preso atto che il ricorso è trattato con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 D.L. n.137/2020 e successivo art. 8 D.L. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, propone ricorso per cassazione avverso la sentenza del 09 maggio 2024 con la quale la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa, in data 11 settembre 2023, dal Tribunale di Roma, lo ha condannato alla pena di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 1.800,00 di multa in relazione ai reati di rapina aggravata e lesioni.
Il ricorrente, con l’unico motivo di impugnazione, lamenta il mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di rapina.
La Corte territoriale avrebbe ignorato la sentenza n. 86 del 16 aprile 2024 (depositata il 13 maggio 2024) con cui la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628 cod. pen., nella parte in cui non prevede la diminuzione di pena in caso di lieve entità del fatto.
Secondo la difesa, la condotta posta in essere dall’imputato potrebbe essere fatta rientrare nell’ipotesi attenuata di rapina in considerazione della lieve entità delle lesioni cagionate alla persona offesa e del mancato utilizzo dell’arma da parte del ricorrente.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’unico motivo di ricorso, con cui il ricorrente invoca l’applicazione della diminuente della lieve entità, è manifestamente infondato.
1.1. La Corte costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, secondo comma, cod. pen. «nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità».
Si tratta di un intervento funzionale a consentire la migliore individualizzazione del trattamento sanzionatorio per le condotte di rapina, tenuto conto che per le azioni “minime”, la forbice edittale prevista dal legislatore è stata ritenuta sproporzionata ed irragionevole e, di conseguenza, contraria alle indicazioni contenute nell’art. 27 della Costituzione.
1.2. Nel caso di specie, la motivazione della sentenza della Corte costituzionale è stata depositata successivamente all’emissione della sentenza oggetto di ricorso; di conseguenza, il ricorrente, in astratto aveva il diritto di invocare l’annullamento della sentenza di condanna per ottenere la valutazione della sussistenza delle condizioni per applicare la diminuente introdotta dalla Corte costituzionale.
1.3. Ciò premesso, deve essere ribadito che il riconoscimento dell’attenuante introdotta dalla Corte costituzionale con le sentenze n. 120/2023 e n. 86/2024 postula necessariamente una valutazione del fatto nel suo complesso, sicché non è configurabile qualora, come nel caso in esame, la lieve entità difetti con riguardo alla natura, alla specie, ai mezzi, alle modalità e alle circostanze della condotta ovvero, ancora, in relazione all’entità del danno conseguente al reato (vedi, Sez. 2, n. 9820 del 26/01/2024, COGNOME, Rv. 286092 – 01, in tema di riconoscimento dell’ipotesi di estorsione attenuata).
Tale principio, che va ribadito anche in questa sede in relazione al delitto di rapina per identità di ratio, consente di escludere che tale circostanza sia
applicabile al caso di specie, rinvenendosi nella valutazione del giudice di appello elementi di fatto incompatibili con l’invocata lieve entità del fatto.
Nel caso di specie, depone palesemente, per l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione della fattispecie attenuata di rapina quanto affermato dai giudici di appello, i quali, nel rigettare la doglianza relativa all’applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, n. 4, cod. pen., hanno sottolineato la non esiguità del danno cagionato alle persone offese e la significativa gravità del complessivo comportamento tenuto dal ricorrente nel corso della rapina a mano armata e nei frangenti immediatamente successivi alla consumazione della stessa (vedi pag. 3 della impugnata sentenza).
Ed invero, se la condotta giudicata nel merito manifesta, come nel caso oggetto di analisi, una sua gravità intrinseca, per il peso obiettivo della complessiva azione criminosa e la protervia manifestata dalla condotta sottrattiva e violenta, è fuor di dubbio che resta esclusa la possibilità di riconoscere la particolare lievità del fatto.
All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025.