Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 6966 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 6966 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 18/01/1999
avverso la sentenza del 26/02/2024 della CORTE di APPELLO di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza resa il 26 febbraio 2024 la Corte d’Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa in data 27 giugno 2023 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Roma, esclusa la circostanza aggravante di cui all’art. 628, comma 3, n. 3-bis), cod. pen. e ritenuta l’aggravante di cui all’art. 61, n. 5), cod. pen. come contestata nell’imputazione, per quanto di interesse rideterminava la pena inflitta nei confronti dell’imputato NOME COGNOME in relazione al reato di rapina pluriaggravata in concorso.
Avverso detta sentenza proponeva ricorso per cassazione l’imputato per il tramite del proprio difensore, chiedendone l’annullamento e articolando un unico motivo di doglianza, con il quale deduceva inosservanza o erronea
applicazione della legge penale in relazione alle modifiche intervenute sull’art. 628 cod. pen. in conseguenza dell’intervento additivo della Corte Costituzionale operato con la sentenza n. 86 del 2024.
Assumeva, in particolare, che il fatto ascritto al ricorrente doveva essere considerato di lieve entità, avuto riguardo alla condotta posta in essere dal medesimo, nella specie concretatasi esclusivamente nell’utilizzo, nei confronti della vittima, di frasi di scarsa valenza intimidatoria, quali “vattene via” e “è meglio se vai via”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
Si deve premettere che, come è noto, con sentenza n. 86 del 2024 la Corte Costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 628, primo comma, cod. pen. nella parte in cui non prevede che la pena da esso comminata è diminuita in misura non eccedente un terzo quando per la natura, la specie, i mezzi, le modalità o circostanze dell’azione, ovvero per la particolare tenuità del danno o del pericolo, il fatto risulti di lieve entità.
Ritiene il Collegio che nel caso di specie la Corte d’Appello abbia fatto corretta applicazione dell’art. 628 cod. pen., come risultante dal ricordato intervento additivo della Corte Costituzionale intervenuto con sentenza n. 86 del 2024, in quanto, ritenendo la responsabilità dell’imputato per il reato di rapina pluriaggravata, ha escluso in radice la possibilità di considerare il fatto di lieve entità.
In particolare, la Corte territoriale ha ritenuto la sussistenza delle due circostanze aggravanti contestate, dell’avere l’imputato profittato di circostanze di tempo, di luogo o di persona, anche in riferimento all’età, tali da ostacolare la pubblica o privata difesa, nonché dell’avere agito in più persone riunite, ritenendo, pertanto, che nella specie le modalità e circostanze dell’azione parametri che risultano fra quelli espressamente indicati dalla Corte Costituzionale quale riferimento ai fini della valutazione della lieve entità del fatto – fossero connotate da una particolare gravità, giudizio che appare incompatibile con una valutazione di lieve entità.
Alla stregua di tali rilievi il ricorso deve, dunque, essere dichiarato inammissibile.
Il ricorrente deve, pertanto, essere condannato, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese del procedimento.
In virtù delle statuizioni della sentenza della Corte costituzionale del 13 giugno 2000, n. 186, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza “versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità”, deve, altresì, disporsi che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di tremila euro in favore della cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 30/10/2024