Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 10294 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 10294 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CASTELLAMMARE DI STABIA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 22/03/2023 della CORTE APPELLO di NAPOLI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Catello COGNOME;
ritenuto che il l’unico motivo di ricorso, con cui la difesa deduce vizio di motivazione, per travisamento della prova, in ordine all’individuazione del ricorrente quale autore del gesto predatorio in danno della persona offesa, è formulato in termini non consentiti: la Corte d’appello, infatti, ha preso in esame (cfr., pagg. 3-4) le doglianze difensive avanzate con l’atto di gravame, con specifico riferimento alla indicazione dell’altezza del malvivente, quale indicata dalla persona offesa, difforme rispetto a quella del COGNOME ma, per altro verso, ha ritenuto, con argomentazioni non manifestamente illogiche, tale circostanza non decisiva rispetto agli ulteriore elementi di natura oggettiva e convergenti nella individuazione del COGNOME come autore del fatto (cfr., pag. 4 della sentenza); il vizio di “travisamento”, invero, deve riguardare una prova che non sia stata affatto valutata ovvero che sia stata considerata dal giudice di merito in termini incontrovertibilmente difformi (non già dal suo “significato” ma) dal suo “significante” e che venga individuata specificamente e “puntualmente” come idonea a disarticolare il ragionamento su cui si fonda la decisione laddove, invece, nel caso di specie, la difesa si limita ad evidenziare la inesattezza della descrizione della vittima (quanto all’altezza del suo aggressore) che la Corte d’appello non ha affatto trascurato ma che, con valutazione tipicamente di merito, ha stimato non rilevante laddove inserita in un quadro probatorio più complessivo e composto da una serie convergente di elementi oggettivi;
rilevato che il secondo motivo del ricorso è manifestamente infondato alla luce della ricostruzione del fatto operato dai giudici di merito i quali hanno dato conto del fatto che il COGNOME era stato individuato e bloccato dagli operanti che, accorsi sul posto, avevano seguito le indicazioni dei presenti rinvenendo il ricorrente accovacciato dietro un’autovettura intento a cambiarsi i vestiti e, a pochi metri di distanza, la refurtiva: è appena il caso di ribadire che, nella rapina impropria, il requisito della immediatezza della violenza o della minaccia va riferito esclusivamente agli aspetti temporali della “flagranza” o “quasi flagranza” e non va interpretato letteralmente nel senso che violenza o minaccia debbono seguire la sottrazione senza alcun intervallo di tempo (cfr., Sez. 2, n. 40421 del 26.6.2012, COGNOME; Sez. 2, n. 43764 del 4.10.2013, COGNOME, cha ha chiarito che nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato,
sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità); il riferimento operato in ricorso all’arrest delle SS.UU. “Ventrice” riguarda l’ipotesi della diretta percezione del fatto di reato da parte dell’operante cui, tuttavia, va aggiunta quella della individuazione dell’autore del fatto per essere stato egli colto “con cose o tracce dalle quali appaia che egli abbia commesso il reato immediatamente prima” (cfr., art. 382, comma primo, cod. proc. pen.);
ritenuto che il terzo motivo del ricorso è a sua volta formulato in termini non consentiti avendo anche in tal caso la difesa evocato il “travisamento” della prova con riguardo al contenuto del verbale di arresto che, in realtà, la Corte d’appello (cfr., pag. 5 della sentenza) ha recepito dando conto dei rilievi difensivi e, tuttavia, inserito nel contesto della vicenda ritenendo, in termini certamente non irragionevoli, la condotta del ricorrente collegata alla condotta predatoria immediatamente precedente risultando perciò funzionale al tentativo di evitarne le ineluttabili conseguenze; di qui, pertanto, la correttezza, in diritto, del ritenu concorso tra il delitto di rapina impropria e quello di resistenza a pubblico ufficiale (cfr., sul punto, da ultimo, Sez. 2 – , n. 43364 del 21/09/2023, Ugheghele, Rv. 285194 – 01);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente ai pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 09/01/2024