Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12973 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12973 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 31/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
FESTUS NOME nato il DATA_NASCITA in NIGERIA (CUI 04WHVS9)
avverso la sentenza in data 31/05/2023 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona della Sostituta Procuratrice generale NOME, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
letta la nota dell’AVV_NOTAIO, che ha replicato alla requisitoria della sostituta procuratrice generale e ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
NOME, per il tramite del proprio difensore, impugna la sentenza in data 31/05/2023 della Corte di appello di Roma, che ha riformato la sentenza in data 02/12/2022 del Tribunale di Roma, escludendo la recidiva e rideterminando la pena inflitta per i reati di rapina impropria e lesioni aggravate.
Deduce:
Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla qualificazione della rapina impropria nella forma consumata e non in quella del tentativo.
Il ricorrente, introduce il motivo richiamando i principi di diritto affermati d questa Corte in materia di distinzione tra rapina impropria consumata e tentata, con particolare riferimento a quanto chiarito dalle Sezioni Unite con la sentenza n. 34952 del 10/04/2012 e a quanto affermato con la sentenza n. 46412 del
16/10/2014 della seconda sezione penale.
Osserva, dunque, che i beni sottratti dall’NOME (12 bottiglie di olio) non erano mai usciti dalla sfera di controllo dell’avente diritto, tanto che l’imputato riconsegnava spontaneamente, mentre l’azione violenta era stai:a attuata solo dopo la riconsegna ed era volta unicamente a evitare il controllo delle Forze dell’Ordine.
Rimarca come non si possa ritenere sussistente lo spossessamento quando, come nel caso in esame, la sottrazione sia avvenuta in un grande magazzino sotto la sorveglianza costante degli addetti alla vigilanza e il soggetto agente non abbia superato le casse predisposte per i pagamenti.
Secondo il ricorrente, dunque, il mancato superamento delle case colloca il fatto nel paradigma del tentativo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché aspecifico.
1.1. Sotto tale profilo, sarà sufficiente rilevare come la ricostruzione offerta in valutazione dal ricorrente sia diversa da quella in realtà cristallizzata nella doppia sentenza conforme.
Il ricorrente, invero, orienta la difesa assumendo che l’imputato era stato fermato prima del suo passaggio alle casse, mentre sia il Tribunale, sia la Corte di appello hanno chiarito che NOME è stato fermato dopo che aveva superato le casse, quando veniva fermato dagli addetti alla vigilanza, dai quali si divincolava esercitando violenza e provocando le lesioni.
La Corte di appello, in particolare, ha rimarcato che NOME aveva superato le casse senza provvedere al pagamento, così che il personale di vigilanza era stato costretto ad attivarsi per recuperare la refurtiva e risultando irrilevante che il tut fosse accaduto sotto la loro sorveglianza.
1.2. Tale notazione rimarca il difetto di specificità, in quanto manca il reale confronto con le argomentazioni della sentenza impugnata, che risultano ignorate dal ricorrente.
Il vizio di aspecificità, invero, si configura non solo nel caso de indeterminatezza e genericità, ma anche per la mancanza di correlazione tra le ragioni argomentate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di aspecificità conducente, a mente dell’art. 591 comma 1 lett. c), all’inammissibilità (Sez. U, n. 8825 del 27/10/2016, Rv. 268823; Sez. 2, Sentenza n. 11951 del 29/01/2014 Rv. 259425, Lavorato; Sez. 4, 29/03/2000, n. 5191, Barone, Rv. 216473; Sez. 1, 30/09/2004, n. 39598, COGNOME, Rv. 230634; Sez. 4, 03/07/2007, n. 34270, COGNOME, Rv. 236945; Sez. 3, 06/07/2007, n. 35492, COGNOME, Rv. 237596).
Quanto esposto comporta la declaratoria di inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del
procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Così deciso in data 31/01/2024
Il Consigliere est.
GLYPH La Presidente