Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14549 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14549 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di
NOME COGNOME alias NOME COGNOME nato in Albania il 22/06/1982 avverso l’ordinanza del 26/11/2024 del Tribunale di Roma visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha lette le richieste concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il Tribunale di Roma, in funzione di Tribunale del riesame, ha integralmente confermato l’ordinanza del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Velletri in data 9 novembre 2011, che aveva disposto la misura cautelare della custodia in carcere nei confronti di NOME COGNOME in relazione ai reati di cui agli artt 110-628, 110-337 e 110-648 cod. pen.
Ricorre per cassazione il suddetto indagato, a mezzo del proprio difensore, deducendo tre motivi di impugnazione.
N
2.1. Vizi di motivazione in relazione alla ribadita sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza con riferimento al delitto di rapina impropria. Dato il già avvenuto impossessamento della refurtiva, difetterebbe il legame temporale e funzionale tra la violenza esercitata contro gli operanti e il conseguimento di uno degli scopi previsti dalla norma incriminatrice.
2.2. Vizi di motivazione in relazione alla mancata qualificazione del reato come rapina tentata, avuto riguardo al costante monitoraggio da parte degli operanti della commissione del furto in abitazione e al costante orientamento che in tali occasioni esclude la consumazione del suddetto delitto.
2.3. Violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla scelta della misura, non essendosi dato conto della possibilità di applicare, in luogo della coercizione intramuraria, una misura non custodiale ovvero, quantomeno, gli arresti dorniciliari, se del caso con braccialetto elettronico.
Il ricorso è inammissibile.
3.1. Il primo motivo è manifestamente infondato.
Invero, nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o ad assicurare al colpevole l’impunità (Sez. 2, n. 30775 del 10/05/2023, COGNOME, Rv. 285038-02; Sez. 7, ord. n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617-01; Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310-01; Sez. 2, n. 30127 del 09/04/2009, COGNOME, Rv. 244821-01; Sez. 6, n. 39924 del 16/10/2008, Aasoul, Rv. 242412-01).
3.2. La giurisprudenza richiamata a sostegno del secondo motivo, attinente al delitto di furto, non è in termini con il caso di specie, poiché la struttura del fa tipico ex art. 628, secondo comma, cod. pen. impone conclusioni radicalmente opposte: ai fini della consumazione della rapina impropria, infatti, non è necessario che l’agente abbia conseguito il possesso della cosa mobile altrui, essendo sufficiente che ne abbia semplicemente compiuto la sottrazione, rispetto alla cui sussistenza non assume rilievo in senso contrario il controllo del personale di vigilanza, siccome idoneo ad eventualmente impedire soltanto la successiva acquisizione di un’autonoma disponibilità della cosa stessa (Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117-01; Sez. 2, n. 11135 del 22/02/2017, Tagaswill, Rv. 269858-01).
Anche tali censure risultano, dunque, manifestamente infondate.
3.3. Il terzo motivo, infine, risulta totalmente aspecifico non confrontandosi con la congrua motivazione che sottolinea il grave precedente per sequestro di
persona e rapina, unitamente alla mancanza di una stabile occupazione e di un domicilio (stante l’inidoneità sul punto della documentazione allegata), di modo
che non solo risultava impossibile una prognosi favorevole in ordine alla misura autocustodiale, ma, prima ancora, erano state espressamente considerate
inidonee a contenere il pericolo di recidiva misure non custodiali.
4. Il ricorso deve pertanto essere dichiarato inammissibile, con condanna del ricorrente, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., al pagamento delle spese
processuali e, a titolo di sanzione pecuniaria, di una somma in favore della Cassa delle ammende, da liquidarsi equitativamente, valutati i profili di colpa emergenti
dall’impugnazione (Corte cost., 13 giugno 2000, n. 186), come da dispositivo.
Non conseguendo dall’adozione del presente provvedimento la rimessione in
1-ter, libertà del ricorrente, deve provvedersi ai sensi dell’art. 94, comma
disp.
att. cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Manda la Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94, comma 1-ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso il 18 marzo 2025.