Rapina impropria: la sottrazione è sufficiente per la consumazione del reato
Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fornisce importanti chiarimenti sul delitto di rapina impropria, specificando il momento esatto in cui il reato può dirsi consumato. Secondo i giudici, non è necessario che il colpevole acquisisca il possesso stabile e autonomo della refurtiva; la semplice sottrazione del bene è sufficiente a integrare la fattispecie criminosa. Analizziamo insieme la decisione per comprenderne la portata e le implicazioni pratiche.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un individuo condannato nei primi due gradi di giudizio per il reato di rapina impropria. L’imputato sosteneva che il reato non si fosse consumato, poiché non aveva mai conseguito il pieno possesso della merce sottratta, essendo stato costantemente monitorato dal personale di vigilanza del negozio. Inoltre, si doleva del mancato riconoscimento delle attenuanti generiche, a suo dire ingiustamente negate.
La questione è quindi giunta all’esame della Corte di Cassazione, chiamata a pronunciarsi sulla corretta interpretazione dell’articolo 628, secondo comma, del codice penale.
L’Analisi della Corte sulla Rapina Impropria
La Corte ha respinto le argomentazioni della difesa, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito un principio fondamentale relativo alla rapina impropria: ai fini della consumazione, è sufficiente che l’agente abbia compiuto la sottrazione della cosa mobile altrui. La “sottrazione” si realizza nel momento in cui il bene viene tolto dalla sfera di controllo del legittimo detentore.
Il fatto che l’azione sia avvenuta sotto il controllo del personale di vigilanza non esclude la sussistenza della sottrazione. Tale controllo, infatti, può al massimo impedire il successivo consolidamento del possesso, ovvero l’acquisizione di un’autonoma disponibilità del bene, ma non elide il primo e fondamentale atto della sottrazione. Di conseguenza, la violenza o la minaccia usata subito dopo per garantirsi la fuga o il possesso del bene integra pienamente il reato di rapina impropria.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo al mancato riconoscimento delle attenuanti generiche (art. 62-bis c.p.), è stato giudicato infondato. La Corte ha ribadito un orientamento consolidato secondo cui il giudice di merito, nel motivare il diniego, non è tenuto a prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli emersi nel processo.
È sufficiente, infatti, che la motivazione si basi su un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi (come la gravità dei fatti o i precedenti penali) o, in alternativa, sull’assenza di elementi positivi di particolare rilievo. Tale valutazione è sufficiente a superare tutte le altre argomentazioni difensive.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su una chiara distinzione tra l’atto della “sottrazione” e il successivo “conseguimento del possesso”. Per la rapina impropria, il legislatore ha inteso punire la condotta violenta o minacciosa che segue immediatamente una sottrazione, a prescindere dal fatto che l’agente riesca o meno a godere del bene rubato. La ratio della norma è quella di tutelare non solo il patrimonio, ma anche l’incolumità della persona offesa o di terzi.
I giudici hanno ritenuto che i giudici di merito avessero correttamente applicato la legge penale, fornendo una motivazione ampia e logica per il loro convincimento. Il ricorso è stato quindi giudicato manifestamente infondato e, di conseguenza, inammissibile.
Conclusioni
Questa ordinanza consolida l’interpretazione giurisprudenziale sul delitto di rapina impropria, stabilendo in modo netto che la consumazione del reato si perfeziona con la sottrazione del bene, seguita immediatamente dalla violenza o minaccia. La vigilanza interna a un esercizio commerciale non è di per sé sufficiente a impedire la configurazione del reato, ma rappresenta un elemento che può incidere sulla fase successiva all’impossessamento. La decisione riafferma inoltre l’ampia discrezionalità del giudice di merito nella valutazione delle attenuanti generiche, purché la decisione sia adeguatamente motivata.
Quando si considera consumato il reato di rapina impropria?
Il reato di rapina impropria si considera consumato con il compimento della sottrazione della cosa mobile, non essendo necessario che l’agente ne consegua il possesso definitivo e autonomo.
La presenza della vigilanza in un negozio impedisce la configurazione del reato di rapina impropria?
No, secondo la Corte il controllo del personale di vigilanza non esclude la sussistenza della sottrazione. Tale controllo può al massimo impedire la successiva acquisizione di un’autonoma disponibilità del bene, ma non incide sulla consumazione del reato se alla sottrazione segue la violenza o la minaccia.
Per negare le attenuanti generiche, il giudice deve analizzare tutti gli elementi a favore e a sfavore dell’imputato?
No, non è necessario. Per motivare il diniego delle attenuanti generiche è sufficiente che il giudice fornisca un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o all’assenza di elementi positivi rilevanti.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6472 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6472 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 21/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 01/09/1989
avverso la sentenza del 18/03/2024 della CORTE APPELLO di FIRENZE
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
considerato che entrambi i motivi di ricorso, con i quali si deducono violazioni di legge in relazione agli artt. 628, secondo comma, e 62-bis cod. pen., oltre ad essere privi di concreta specificità, sono manifestamente infondati;
che, invero, ai fini della consumazione del delitto di rapina impropria, non è necessario che l’agente abbia conseguito il possesso della cosa mobile altrui, essendo sufficiente che ne abbia semplicemente compiuto la sottrazione, rispetto alla cui sussistenza non assume rilievo in senso contrario il controllo del personale di vigilanza, siccome idoneo ad eventualmente impedire soltanto la successiva acquisizione di un’autonoma disponibilità della cosa stessa (cfr. Sez. 2, n. 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117 – 01; Sez. 2, n. 11135 del 22/02/2017, Tagaswill, Rv. 269858 – 01; Sez. 2, n. 46412 del 16/10/2014, COGNOME, Rv. 261021 – 01);
che, inoltre, quanto alle attenuanti generiche, nel motivare il diniego della diminuente richiesta, non è necessario che il giudice prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente un congruo riferimento agli elementi negativi ritenuti decisivi o rilevanti ovvero all’assenza di elementi positivi, rimanendo disattesi o superati tutti gli altri da tale valutazione (cfr. Sez. 3, n. 24128 del 18/03/2021, COGNOME, Rv. 281590; Sez. 2, n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549 – 02; Sez. 2, n. 3896 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 265826 – 01);
che, nella specie, i giudici del merito hanno correttamente applicato la legge penale, ampiamente motivando le ragioni del loro convincimento (si vedano, in particolare, pagg. 4 e 5);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, il 21 gennaio 2025.