Rapina Impropria: L’Unitarietà dell’Azione Fa la Differenza tra Furto e Rapina
La distinzione tra furto e rapina, specialmente nella sua forma di rapina impropria, è una questione cruciale nel diritto penale, con conseguenze significative sulla pena. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un’importante occasione per ribadire i principi che regolano questa materia, chiarendo quando l’uso della violenza trasforma un furto in una rapina.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per tentata rapina. La difesa sosteneva che il reato dovesse essere riqualificato in due distinti illeciti: tentato furto e percosse. L’argomentazione difensiva si basava sulla presunta mancanza di un collegamento immediato e contestuale tra il tentativo di sottrarre la merce e la violenza successivamente esercitata. L’imputato lamentava, inoltre, il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione.
L’Analisi della Corte: L’Unitarietà dell’Azione nella Rapina Impropria
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo le argomentazioni della difesa. I giudici hanno sottolineato che i motivi del ricorso erano mere doglianze di fatto, riproponendo questioni già esaminate e correttamente respinte nei precedenti gradi di giudizio.
Il punto centrale della decisione riguarda il principio di unitarietà del fatto di reato. La Corte ha spiegato che, per la configurabilità della rapina impropria, non è possibile scomporre l’azione delittuosa in condotte separate (la sottrazione e la violenza). L’elemento che unisce questi due momenti è il nesso teleologico, ovvero la finalità della violenza, che deve essere diretta a conservare il possesso della refurtiva o a garantirsi l’impunità.
Il Requisito dell’Immediatezza
La Suprema Corte ha chiarito un aspetto fondamentale: il requisito dell'”immediatezza” tra sottrazione e violenza non va inteso come una stretta e assoluta contestualità temporale. Citando un precedente consolidato (Cass. n. 30775/2023), i giudici hanno ribadito che è sufficiente che tra le due azioni intercorra un arco di tempo tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione complessiva. Ciò che conta è che la violenza sia la diretta conseguenza del furto e sia funzionale a impedirne la repressione o a consolidarne gli effetti.
Il Diniego delle Attenuanti Generiche
Anche il secondo motivo di ricorso, relativo alle circostanze attenuanti, è stato giudicato inammissibile. La Corte ha ritenuto che la decisione dei giudici di merito fosse supportata da una motivazione sufficiente e non illogica, avendo adeguatamente considerato le deduzioni difensive.
Le Motivazioni della Decisione
La decisione della Cassazione si fonda su due pilastri. In primo luogo, il ricorso è stato giudicato inammissibile perché tentava di ottenere una nuova valutazione dei fatti, compito precluso alla Corte di legittimità. In secondo luogo, dal punto di vista giuridico, è stato riaffermato che l’azione di chi usa violenza dopo aver sottratto un bene, allo scopo di mantenere il possesso di quest’ultimo o di fuggire, costituisce un’unica azione criminosa e configura il reato di rapina impropria.
Conclusioni
L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande rilevanza pratica. Stabilisce chiaramente che, per aversi rapina impropria, non è richiesta una perfetta coincidenza temporale tra il furto e la violenza. L’elemento decisivo è il legame funzionale tra le due condotte: se la violenza è utilizzata come mezzo per portare a compimento il progetto criminoso iniziato con la sottrazione, l’intero fatto deve essere qualificato come rapina. Questa interpretazione garantisce una tutela più forte contro condotte che, pur iniziando come un’aggressione al patrimonio, sfociano in una violenza contro la persona.
Quando un furto si trasforma in rapina impropria?
Un furto diventa rapina impropria quando, subito dopo la sottrazione della cosa, l’autore del fatto usa violenza o minaccia contro una persona per assicurare a sé o ad altri il possesso del bene sottratto, oppure per garantirsi l’impunità.
È necessario che la violenza sia immediata e contestuale al furto per configurare la rapina impropria?
No, secondo la Corte di Cassazione, non è richiesta una contestualità temporale assoluta. È sufficiente che tra la sottrazione e l’uso della violenza o della minaccia intercorra un arco temporale che non interrompa l’unitarietà dell’azione, e che la violenza sia funzionale a conservare la refurtiva o ad assicurare la fuga.
Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché i motivi presentati erano considerati mere doglianze di fatto, che riproponevano questioni già valutate dai giudici di merito, e non vizi di legittimità. Inoltre, la qualificazione giuridica del fatto come tentata rapina impropria era stata ritenuta corretta in base ai consolidati principi giurisprudenziali.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 3290 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 3290 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 03/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato il 13/12/1975
avverso la sentenza del 11/04/2024 della CORTE APPELLO di BOLOGNA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il vizio motivazionale e la violazione di legge in relazione alla mancata riqualificazione del reat tentata rapina in quella di tentato furto e percosse per supposto travisamento d risultanze probatorie, è indeducibile poiché costituito da mere doglianze in pu di fatto, per di più riproduttive di profili di censura già adeguatamente vagl disattesi con corretti argomenti giuridici dai giudici di merito e, perciò scandito da specifica critica analisi delle argomentazioni alla base della sent impugnata (si vedano, in particolare, pagg. 2 e 3 della sentenza impugnata ordine all’esatta qualificazione del reato così come contestato, attesa l’impossi in diritto di scomporre l’azione delittuosa in separate condotte, in ragione del principio di unitarietà del fatto di reato);
che, peraltro, tale doglianza è volta a prefigurare una rivalutazione e alternativa rilettura delle fonti probatorie, estranee al sindacato di legit avulsa da pertinente individuazione di specifici travisamenti di emergen processuali correttamente valorizzate dai giudici del merito a pag. 2 della sente impugnata;
che la dedotta prospettazione riguardante il supposto difetto di unitarietà tra l’azione della sottrazione della merce e la presunta violenza occorsa risulta in palese contrasto con il dato normativo e con consolidata giurisprudenza legittimità sul punto, secondo cui ai fini della configurabilità del d di rapina impropria , il requisito dell’immediatezza non richiede la contestualità temporale tra la sottrazione della “res” e l’uso della violenza o della minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta a impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o ad assicurare al colpevole l’impunità (Sez. 2, Sent. n. 30775 del 10/05/2023 Ud., dep. 17/07/2023, Rv. 285038 – 02);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si eccepisce l’erronea applicazione della legge penale e l’omessa motivazione avuto conto al diniego dell concessione delle circostanze attenuanti generiche nella loro massima estensione è indeducibile poiché inerente al trattamento punitivo, benché sorretto sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive (si veda, in particolare, pag. 3 della sentenza impugnata);
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
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Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa del ammende.
Così deciso in Roma, il 03/12/2024
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Il Consigliere COGNOME