Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 33667 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 33667 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA in ROMANIA
avverso la sentenza in data 13/01/2025 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso per l ‘inammissibilità del ricorso;
a seguito di trattazione in camera di consiglio, senza la presenza delle parti in mancanza di richiesta di trattazione orale pervenuta nei termini secondo quanto disposto dagli articoli 610, comma 5, e 611, comma 1bis e seguenti del codice di procedura penale.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME, per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 13/01/2025 della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza in data 07/02/2024 del Tribunale di Roma, che lo aveva condannato
per il reato rapina aggravata perché commessa da più persone riunite e nelle pertinenze di un luogo di privata dimora della persona offesa, oltre che dalla recidiva, specifica e infraquinquennale.
Deduce:
1.1. Violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla qualificazione giuridica del fatto.
Il ricorrente, dopo aver riassunto la vicenda processuale, sostiene che il fatto andava riqualificato come furto e non come rapina impropria, in quanto la violenza ricadeva sulla persona solo indirettamente e perché manca il rapporto di immediatezza tra sottrazione e violenza nel caso di azione di divincolamento posta in essere dall’agente.
1.2. Violazione di legge in relazione all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen., in relazione alla misura della pena.
In questo caso il ricorrente si duole del mancato riconoscimento dell’attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4 cod. pen., nonostante la minimale consistenza dell’offesa alla persona e il modico valore del bene sottratto .
1.3. Violazione di legge e vizio di motivazione in relazione all’aggravante della violenza e/o minaccia commessa da più persone riunite.
Il ricorrente osserva che la Corte di appello non ha fatto corretta applicazione della giurisprudenza di legittimità da essa stessa richiamata, là dove non considera che la circostanza della compresenza di più persone deve essere nota alla persona offesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Con il primo motivo d ‘impugnazione viene denunciata la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità e alla qualificazione giuridica del fatto.
Il motivo è meramente reiterativo dell’identica questione prospettata con l’atto di gravame, affrontata e risolta dalla Corte di appello, che ha spiegato che il rapporto di immediatezza tra sottrazione violenza non deve essere inteso nel senso della contestualità e della loro verificazione nello stesso contesto spazio temporale.
P er l’ esatta comprensione del rapporto di immediatezza occorre fare riferimento alla sua accezione etimologicamente più ampia, che sta a indicare qualcosa che non ha nulla di interposto, di cose che si succedono nel tempo e nello spazio e che sono tra loro in rapporto di causalità, senza che fra l’una e l’altra si interpongano altre persone o cose o fatti. Tanto vale a dire che il fatto da qualificare deve intendersi in maniera unitaria e complessiva e considerare se vi sia stata una soluzione di continuità tra la sottrazione/impossessamento, l’inizio delle ricerche, il rintraccio dei malviventi nel corso della fuga (anch’essa intesa in senso ampio,
potendo protrarsi per un tempo indeterminato e con modalità variabili) e, infine, la violenza adoperata per sottrarsi alla cattura e guadagnarsi l’impunità.
Sulla base di tale nozione di immediatezza, va ribadito il principio di diritto già affermato da questa Corte (correttamente richiamato dai giudici di merito), a mente del quale «nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità» (Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310 -01, in fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come rapina impropria di un furto cui erano seguite immediate indagini di P.G. nell’ambito delle quali gli autori dello stesso, dopo circa due ore, venivano individuati ed arrestati, dopo aver tentato di forzare un posto di blocco; nello stesso senso, Sez. 7, n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617 -01).
1.2. In punto di ricostruzione dei fatti, il ricorrente denuncia l’inattendibilità delle dichiarazioni rese dalle persone offese.
A tale proposito va osservato che la rivalutazione dell’attendibilità dei testimoni è estraneo al giudizio di legittimità, a mente del principio incontroverso in giurisprudenza secondo cui la valutazione della credibilità della persona offesa dal reato rappresenta una questione di fatto che ha una propria chiave di lettura nel compendio motivazionale fornito dal giudice e non può essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice non sia incorso in manifeste contraddizioni (in tal senso cfr., Sez. U , n. 41461 del 19/07/2012, COGNOME‘Arte, Rv. 253214 -01, in motivazione; in questo senso, Sez. 5, n. 51604 del 19/09/2017, COGNOME co, Rv. 271623 -01).
Nel caso di specie non si rinvengono manifeste contraddizioni.
1.3. Con il secondo motivo d ‘impugnazione il ricorrente si duole della mancata applicazione della circostanza attenuante di cui all’art. 62, comma primo, n. 4, cod. pen.
In questo caso, si rinviene la correttezza della motivazione resa dai giudici di appello sul punto (si veda la pag. 5 della sentenza impugnata ove, si è fatto riferimento non solo al pregiudizio patrimoniale ma anche a quello non patrimoniale derivato alla persona offesa, a seguito della condotta violenta perpetrata nei suoi confronti dal ricorrente), in termini coerenti con la costante ed assolutamente prevalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui la circostanza attenuante del danno patrimoniale di speciale tenuità, presuppone necessariamente che il pregiudizio cagionato sia lievissimo, ossia di valore economico pressoché irrisorio, avendo riguardo non solo al valore in sé della cosa sottratta, ma anche agli ulteriori
effetti pregiudizievoli che sono conseguenza del reato, sicché, con specifico riguardo al delitto di rapina, non è sufficiente che il bene mobile sottratto sia di modestissimo valore economico, ma occorre valutare anche gli effetti dannosi connessi alla lesione della persona contro la quale è stata esercitata la violenza o la minaccia, attesa la natura pluri-offensiva del delitto, il quale lede non solo il patrimonio, ma anche la libertà e l’integrità fisica e morale della persona aggredita per la realizzazione del profitto (cfr., Sez. U, n. 42124 del 27/06/2024, COGNOME, Rv. 287095 -02; Sez. 2, n. 28269 del 31/05/2023, COGNOME, Rv. 284868 -01; Sez. 2, n. 50987 del 17/12/2015, COGNOME, Rv. 265685 -01; Sez. 2, n. 19308 del 20/01/2010, Uccello, Rv. 247363 -01).
1.4. Con il terzo motivo d’impugnazione il ricorrente si duole del riconoscimento dell’aggravante delle più persone riunite.
La doglianza, però, si sostanzia in una ricostruzione dei fatti alternativa a quella dei giudici della doppia sentenza conforme, nella quale si evidenzia come i coimputati fossero simultaneamente presenti al momento del fatto e come tale compresenza fosse nota alla vittima del reato, per come evidenziato alla pagina 5 della sentenza di primo grado, richiamata dalla sentenza di appello.
Il ricorrente nega la configurabilità dell’aggravante osservando che la persona offesa non aveva visto e notato l’altro coimputato, il signor COGNOME che -secondo la ricostruzione difensiva- «era in posizione di attesa sulla rampa che conduceva alle cantine il quale, difatti, veniva visto solo dalla figlia della persona offesa all’atto di rincorrere NOME».
Il ricorrente, in sostanza, offre una ricostruzione del fatto alternativa a quella ritenuta dai giudici della doppia sentenza conforme, sulla base di una diversa lettura delle emergenze istruttorie.
Da ciò discende l’inammissibilità del motivo , atteso che «il giudice di legittimità, investito di un ricorso che proponga una diversa valutazione degli elementi di prova (cosiddetto travisamento del fatto), non può optare per la soluzione che ritiene più adeguata alla ricostruzione dei fatti, valutando l’attendibilità dei testi e le conclusioni dei periti e consulenti tecnici, potendo solo verificare, negli stretti limiti della censura dedotta, se un mezzo di prova esista e se il risultato della prova sia quello indicato dal giudice di merito, sempre che questa verifica non si risolva in una valutazione della prova. ( …) » (Sez. 4, n. 36769 del 09/06/2004, COGNOME, Rv. 229690 -01).
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 23/09/2025
Il Consigliere est. Il Presidente
NOME COGNOME NOME COGNOME