Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 16973 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 16973 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 01/04/2025
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SECONDA SEZIONE PENALE
Composta da:
NOME COGNOME – Presidente – NOME COGNOME NOME COGNOME COGNOME NOME COGNOME – Relatore –
Sent. n. sez. 621
UP – 01/04/2025
R.G.N. 4119/2025
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato il 19/02/1990 in ROMANIA avverso la sentenza in data 24/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’ inammissibilità del ricorso;
letta la nota del 20/03/2025 fatta pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME che ha insistito per l’accoglimento del ricorso ;
a seguito di trattazione con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23 co. 8 d.l. n. 137/2020 e successivo art. 8 d.l. 198/2022.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 24/10/2024 della Corte di appello di Roma, che ha confermato la sentenza in data 07/03/2023 del Tribunale di Roma, che lo aveva condannato per il reato di rapina.
Deduce:
1.1. Vizio di motivazione sulla qualificazione giuridica del fatto.
Secondo il ricorrente il fatto doveva essere qualificato quale furto e non come rapina impropria, atteso che la condotta violenta (il divincolamento) non era diretta ad assicurarsi il possesso o a procurarsi l ‘impunità , ma soltanto a resistere all’altrui condotta violenta, di cui l’imputato era vittima.
A sostegno dell’assunto riporta i contenuti del verbale di arresto, dal quale emerge che l’imputato, mentre era inseguito dalla persona offesa, veniva colpito con uno spray urticante da un terzo estraneo, che fermava la sua fuga e consentiva all’inseguitore di raggiungerlo, dal che nasceva una colluttazione.
Sostiene che gli effetti dello spray urticante rendeva impossibile ogni possibilità di esercitare violenza verso alcuno.
1.2. Violazione di legge per la mancata applicazione della riduzione prevista per i fatti di lieve entità.
Il ricorrente si duole della mancata considerazione dei principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 86 del 2024 in tema di lieve entità del fatto di rapina, visto che nel caso in esame veniva sottratta una singola banconota da cinquanta euro.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Con il primo motivo d’impugnazione il ricorrente sostiene che il fatto andava qualificato quale furto e non come rapina impropria, mancando una violenza vòlta ad assicurarsi il possesso o a procurarsi l’impunità, atteso che l’imputato era stato colpito con spray urticante, che lo aveva immobilizzato.
In realtà quanto rappresentato nel motivo si risolve in una ricostruzione dei fatti valutata in chiave difensiva che, in quanto tale, non è scrutinabile dalla Corte di cassazione.
Tanto più ove si rilevi che il giudice -sulla base degli atti versati nel giudizio e legittimamente utilizzati dal giudice in ragione del rito abbreviato prescelto- ha osservato che l’imputato , acciuffato dalla persona offesa, scalciava contro questa, facendola cadere più volte a terra, per sfuggire alla sua presa e, quindi, per procurarsi l’impunità.
Va osservato, dunque, come la motivazione della sentenza impugnata non presenti alcun vizio riconducibile alla nozione delineata nell’art. 606, comma 1, lett. e) cod. proc. pen., avendo il giudice di appello correttamente ritenuto la sussistenza degli elem enti costitutivi del delitto ascritto all’odiern o ricorrente, conformemente alle risultanze processuali.
Le censure esposte, dal loro canto, si collocano nella nozione di travisamento del fatto, in quanto la sentenza impugnata viene -in sostanza- censurata per non avere accolto la ricostruzione fattuale proposta dalla difesa, sulla base di una lettura delle emergenze istruttorie alternativa a quella ritenuta dalla corte di appello.
Da ciò l’ inammissibilità del motivo, atteso che «il giudice di legittimità, investito di un ricorso che proponga una diversa valutazione degli elementi di prova (cosiddetto travisamento del fatto), non può optare per la soluzione che ritiene più adeguata alla ricostruzione dei fatti, valutando l’attendibilità dei testi e le conclusioni dei periti e consulenti tecnici, potendo solo verificare, negli stretti limiti della censura dedotta, se un mezzo di prova esista e se il risultato della prova sia quello indicato dal giudice di merito, sempre che questa veri-fica non si risolva in una valutazione della prova. (…)» (Sez. 4, n. 36769 del 09/06/2004, COGNOME, Rv. 229690 -01).
1.2. Risulta parimenti inammissibile anche il secondo motivo d’impugnazione, con cui il ricorrente invoca il riconoscimento della tenuità del fatto evidenziando che la rapina ha avuto a oggetto soltanto cinquanta euro.
A tale riguardo, non risulta che il ricorrente abbia sollecitato alla corte di appello la valutazione di tale attenuante, nonostante fosse in condizione di conoscere i contenuti della sentenza n. 86 del 2024 della Corte costituzionale, le cui motivazioni sono state pubblicate il 15/05/2024, così che poteva sollecitarle alla corte di appello fino all’udienza di discussione, tenutasi il 24/10/2024.
Va, infatti, richiamato quanto affermato in relazione all’estorsione, ma valevole anche per la rapina, là dove si è precisato che «in tema di impugnazioni, non è deducibile con ricorso per cassazione l’omessa motivazione del giudice di appello in ordine al denegato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di estorsione, prevista dalla sentenza della Corte cost. n. 120 del 2023, ove la questione, già proponibile in quella sede, non sia stata prospettata in appello con i motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni» (Sez. 2, n. 19543 del 27/03/2024, G., Rv. 286536 -01).
Da ciò discende che la doglianza è stata tardivamente proposta per la prima volta in cassazione, con la sua conseguente inammissibilità insieme al ricorso nella sua interezza.
Alla declaratoria di inammissibilità dell’impugnazione segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 01/04/2025 Il Consigliere estensore Il Presidente NOME COGNOME NOME COGNOME