Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 44226 Anno 2024
NOME
Penale Sent. Sez. 2 Num. 44226 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 25/10/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: COGNOME COGNOME (CUI 05IYOIE) nato il 05/02/1996 in ROMANIA NOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 09/12/1999 in ROMANIA NOME COGNOME (CUI CODICE_FISCALE) nato il 48/09/1997 in ROMANIA avverso la sentenza in data 17/01/2024 della CORTE DI APPELLO DI TRIE- visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
letta la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi;
letta la nota fatte pervenire dall’Avvocato NOME COGNOME, nell’interesse di COGNOME e COGNOME che ha replicato alle conclusioni del pubblico ministero e ha insistito per l’accoglimento dei ricorsi;
letta la flotta dell’Avvocato COGNOME che, nell’interesse d della parte civile RAGIONE_SOCIALE ha concluso per la conferma della sentenza impugnata.
RITENUTO IN FATTO
NOMECOGNOME NOME COGNOME e NOME COGNOME, per il tramite dei rispettivi procuratori speciali e con separati ricorsi, impugnano la sentenza in data 17/01/2024 della Corte di appello di Trieste, che ha riformato la sentenza in data 24/03/2023 del Tribunale di Pordenone, rideterminando la pena inflitta a NOME e a NOME e confermandola nei confronti di tutti gli imputati in punto di
responsabilità per i plurimi fatti di furto aggravato, danneggiamento e per la rapina loro rispettivamente ascritti.
Deducono:
NOME COGNOME
1.1. Violazione di legge in relazione agli artt. 628 e 624 cod. pen..
Secondo il ricorrente, i giudici hanno erroneamente qualificato come rapina il fatto contestato al capo v) che, invece, va ricondotte nel paradigma del furto.
A tale proposito, dopo avere riportato la motivazione della Corte di appello sul punto, sostiene che nel caso di specie manca il requisito della immediatezza tra la sottrazione del bene e la violenza adoperata nei confronti dei pubblici ufficiali, non ricorrendo gli estremi della quasi-flagranza e mancando la concatenazione logica e temporale tra la commissione del delitto e l’inseguimento dell’indiziato.
A sostegno dell’assunto -dopo avere ripercorso le condizioni richieste per aversi il requisito dell’immediatezza- vengono riportate le dichiarazioni rese dal Maresciallo COGNOME nel corso della sua deposizione testimoniale.
1.2. Vizio di motivazione contraddittoria o manifestamente illogica.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello non ha ben inteso i motivi di doglianza, così decidendo in maniera contraddittoria e illogica soprattutto in punto di determinazione della pena, al cui riguardo si deduce la sproporzione.
Vengono, dunque, esposti i requisiti che deve avere la pena e il contenuto della discrezionalità del giudice, oltre che della funzione rieducativa a essa attribuita dalla Costituzione.
RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
2.1. Violazione di legge e inosservanza di norma processuale in relazione all’art. 143 cod. proc. pen. e all’art. 178, lett. c), cod. proc. pen..
I ricorrenti deducono la nullità della sentenza per omessa traduzione della stessa, mai comunicata nella lingua madre degli imputati o in una lingua da essi conosciuta.
«Nonostante la Corte di appello di Trieste abbia ordinato la traduzione della sentenza gravata in lingua conosciuta agli imputati, essi non sono stati messi in condizione di comprendere il contenuto della stessa con palese violazione del diritto di difesa ».
2.2. Violazione di legge e inosservanza di norma processuale ai sensi dell’art. 499, comma 5, cod. proc. pen..
“La Corte di appello adita -scrive la difesa- ha avallato il giudizio del Tribunale di Primo Grado che ha fondato erroneamente la colpevolezza degli odierni ricorrenti, basandosi sulle dichiarazioni testimoniali rese dagli ufficiali di polizia giudiziaria, testi escussi in dibattimento in palese violazione dell’art. 499, comma 5, cod. proc. pen. il quale prevede, su autorizzazione del presidente, la mera possibilità di consultazione di documenti a firma del teste in aiuto della memoria».
GLYPH
A&-›-
A tale proposito osserva che i testimoni appartenenti alla polizia giudiziaria, «prima ancora di iniziare l’esame, venivano preventivamente autorizzati dal Presidente del Collegio a consultare gli atti a loro firma e durante l’esame venivano indirizzati dal pm a leggere precise pagine delle relazioni a loro firma, il tutto in palese violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa, nonché in violazione delle regole basilari stabilite dal codice di procedura penale».
Vengono dunque riportati stralci dei verbali dibattimentali e delle fonoregistrazioni delle deposizioni e in forza di esse si fa notare come vi sia stata una lettura integrale dei documenti, in violazione dell’art. 499, comma 5, cod. proc. pen., che consente soltanto la loro consultazione.
2.3. “Travisamento inosservanza ed erronea applicazione della legge penale e delle norme processuali in correlazione all’art. 431 lett. b) – 194 – 360 e 148 disp. att. c.p.p.”.
In questo caso si denuncia l’inutilizzabilità della testimonianza del consulente per la violazione dell’art. 194 cod. proc. pen., atteso che i testimoni non possono esprimere apprezzamenti tecnici esulanti dai limiti della prova testimoniale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso NOME COGNOME è inammissibile
1.1. Il primo motivo d’impugnazione si rivolge al fatto contestato al capo V), che secondo il ricorrente andrebbe qualificato come furto, mentre i giudici lo hanno qualificato come rapina impropria.
1.1.1. A tale proposito va premesso che il fatto è stato ricostruito nel senso che nella notte del 25/03/2024, gli imputati, dopo aver sottratto una pala meccanica (originario capo T, assorbito nel capo V), e tentato di sottrarre le colonnine prendisoldi del distributore di benzina marchio RAGIONE_SOCIALE (originario capo U, assorbito nel capo V), nel mentre si davano alla fuga in automobile, diretti verso la Provincia di Pordenone, transitavano nel Comune di Dignano, dove venivano intercettati da una pattuglia dei Carabinieri che, appositamente allertati, si erano specificamente posizionati per bloccare i malviventi ove avessero percorso quella via di fuga. Quindi, i malviventi, al fine di sfuggire alla cattura, ponevano le condotte descritte al capo V), risoltesi in violenza adoperata contro i Carabinieri, per darsi alla fuga e, dunque, per garantirsi l’impunità.
1.1.2. Così ricostruito il fatto, il ricorrente sostiene che nel caso in esame manca il requisito dell’immediatezza tra la sottrazione e la violenza, per come richiesto per ritenere configurata la rapina impropria piuttosto che il furto. Requisito dell’immediatezza che, secondo il ricorrente, si identifica con la quasi flagranza, nella nozione delineata dalle Sezioni Unite con la Sentenza n. 39131 del 24/11/2015 (dep. 2016, COGNOME, Rv. 267591 – 01), che richiede per la sua configurabilità l’autonoma percezione, da parte di chi proceda all’arresto, delle tracce del reato e
del loro collegamento inequivocabile con l’indiziato. Requisito che si assume mancante nel caso in esame, dove l’arresto è avvenuto grazie alla segnalazione delle persone offese.
GLYPH
1.1.3. Ciò premesso, la Corte di appello ha correttamente disatteso le deduzioni difensive, osservando che essa sovrapponTrir c i istituto processuale (la (CM, quasi flagranza) a un requisito richiesto da una norma sostanziale.
Va precisato, infatti, che la nozione di immediatezza richiesta dall’art. 628, comma secondo, cod. pen. non va intesa in senso spazio-temporale, in quanto, per la sua esatta comprensione, occorre fare riferimento alla sua accezione etimologicamente più ampia, che sta a indicare qualcosa che non ha nulla di interposto, di cose che si succedono nel tempo e nello spazio e che sono tra loro in rapporto di causalità, senza che fra l’una e l’altra si interpongano altre persone o cose o fatti.
Tanto vale a dire che il fatto da qualificare deve intendersi in maniera unitaria e complessiva e considerare se vi sia stata una soluzione di continuità tra la sottrazione/impossessamento, l’inizio delle ricerche, il rintraccio dei malviventi nel corso della fuga (anch’essa intesa in senso ampio, potendo protrarsi per un tempo indeterminato e con modalità variabili) e, infine, la violenza adoperata per sottrarsi alla cattura e guadagnarsi l’impunità.
Sulla base di tale nozione di immediatezza, va ribadito il principio di diritto già affermato da questa Corte (correttamente richiamato dai giudici di merito), a mente del quale «nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità. (Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto corretta la qualificazione come rapina impropria di un furto cui erano seguite immediate indagini di P.G. nell’ambito delle quali gli autori dello stesso, dopo circa due ore, venivano individuati ed arrestati, dopo aver tentato di forzare un posto di blocco). (Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310 – 01; Sez. 7, n. 34056 del 29/05/2018, Belegrouh, Rv. 273617 – 01).
Il motivo, dunque, è manifestamente infondato, in quanto contrasta con un pacifico e oramai risalente principio di diritto.
1.2. Il secondo motivo d’impugnazione si rivolge al trattamento sanzionatorio, che si assume sproporzionato.
A tale proposito va rilevato che la Corte di appello ha riformato la sentenza
impugnata in senso favorevole all’imputato in punto di trattamento sanzionatorio, riconoscendo circostanze attenuanti generiche in ragione del comportamento processuale collaborativo e rideterminando il trattamento sanzionatorio.
A fronte di ciò, il ricorrente espone delle argomentazioni generiche che non spiegano quali elementi siano stati eventualmente sottovalutati in senso favorevole ovvero sopravvalutati in senso sfavorevole, con motivazione manifestamente illogica ovvero contraddittoria.
Da ciò discende il difetto di specificità del motivo, perché privo dei requisiti prescritti dall’art. 581, comma 1, lett. c) cod. proc. pen. in quanto, a fronte di una motivazione della sentenza impugnata logicamente corretta, non indica gli elementi che sono alla base della censura formulata, non consentendo al giudice dell’impugnazione di individuare i rilievi mossi ed esercitare il proprio sindacato.
I ricorsi di RAGIONE_SOCIALE e COGNOME sono inammissibili.
2.1. Con il primo motivo d’impugnazione viene dedotta la nullità della sentenza perché non tradotta in una lingua comprensibile agli imputati alloglotti.
Il motivo è manifestamente infondato, atteso che questa Corte ha già spiegato che «in tema di traduzione degli atti, in mancanza di elementi specifici indicativi di un pregiudizio in ordine alla completa esplicazione del diritto di difesa, l’omessa traduzione della sentenza di appello in lingua nota all’imputato alloglotta non integra di per sé causa di nullità della stessa, atteso che, dopo la modifica dell’art. 613 cod. proc. pen., ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103, l’imputato non ha più facoltà di proporre personalmente ricorso per cassazione. (Sez. 5 – , n. 15056 del 11/03/2019, COGNOME, Rv. 275103 – 01; Sez. 5, n. 32878 del 05/02/2019, COGNOME, Rv. 277111 – 02).
2.2. Con il secondo motivo d’impugnazione i ricorrenti deducono la nullità della testimonianza resa dagli operanti della polizia giudiziaria, per violazione dell’art. 499, comma 5, cod. proc. pen., atteso che hanno letto integralmente i documenti a loro firma e non al solo fine di richiamare la memoria.
Anche questo secondo motivo è manifestamente infondato; al 94 riguardo va richiamato il principio generale, a mente del quale «in tema di assunzione ed utilizzazione delle prove, non dà luogo alla sanzione di inutilizzabilità, ai sensi dell’art. 191 cod. proc. pen., la violazione delle regole per l’esame fissate dagli artt. 498, comma primo, e 499 cod. proc. pen., poiché non si tratta di prove assunte in violazione di divieti posti dalla legge, bensì di prove assunte con modalità diverse da quelle prescritte. Deve essere, del pari, esclusa la ricorrenza di nullità, atteso il principio di tassatività vigente in materia e posto che l’inosservanza delle norme indicate non é riconducibile ad alcuna delle previsioni delineate dall’art. 178 cod. proc. pen.», (Sez. 1, Sentenza n. 39996 del 14/07/2005, COGNOME, Rv. 232941 01).
Da ciò la manifesta infondatezza del motivo.
2.3. Il principio da ultimo enucleato -da intendersi qui richiamato- è applicabile anche in relazione all’ultimo motivo di ricorso, con il quale i ricorrenti sostengono l’inutilizzabilità delle dichiarazioni rese dai consulenti (il Commissario COGNOME e il Sovrintendente NOME), in quanto avrebbero reso apprezzamenti tecnici inibiti ai testimoni.
Da ciò l’inammissibilità del motivo per manifesta infondatezza.
Vi sono, tuttavia, ulteriori ragioni d’inammissibilità del motivo in esame.
2.3.1. Una prima ragione si rinviene nella manifesta infondatezza del motivo, in quanto in contrasto con un pacifico principio di diritto affermato da questa Corte, a mente del quale “in tema di prova testimoniale, il divieto di esprimere apprezzamenti personali, posto in via generale dall’art. 194 comma terzo cod. proc. pen., non vale qualora il testimone sia una persona particolarmente qualificata, che riferisca su fatti caduti sotto la sua diretta percezione sensoriale ed inerenti alla sua abituale e particolare attività, giacché in tal caso l’apprezzamento diventa inscindibile dal fatto. (Fattispecie relativa alla deposizione di una testimone, appartenente alla polizia scientifica, che aveva eseguito accertamenti tecnici relativi alla contraffazione di passaporti, visti e timbri).” (Sez. 5, n. 38221 del 12/06/2008, COGNOME, Rv. 241312 – 01; successive conformi: Sez. 2, n. 4128 del 09/10/2019 Ud., dep. 2020, COGNOME, Rv. 278086 – 01; Sez. 3, n. 29891 del 13/05/2015, COGNOME, Rv. 264444 – 01).
2.3.2. In ultimo, il motivo si mostra altresì aspecifico in quanto non illustra l’incidenza della testimonianza sul complessivo impianto probatorio.
Va ricordato, infatti, che «nell’ipotesi in cui con il ricorso per cassazione si deduca l’inutilizzabilità della prova introdotta ai sensi dell’art. 507 cod. proc. pen., il motivo di impugnazione, a pena di inammissibilità per difetto di specificità, deve illustrare l’incidenza della sua eventuale eliminazione sul complessivo compendio probatorio, ai fini della cosiddetta “prova di resistenza”, atteso che in sede di ammissione di nuove prove il giudice formula una mera prognosi di decisività della fonte di cui ordina l’acquisizione, che deve trovare conferma nell’effettivo risultato derivato dalla assunzione della prova stessa», (Sez. 5 – , n. 31823 del 06/10/2020, COGNOME, Rv. 279829 – 01).
Quanto esposto porta alla declaratoria di inammissibilità dei ricorsi, cui segue, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al pagamento in favore della Cassa delle ammende della somma di euro tremila ciascuno, così equitativamente fissata in ragione dei motivi dedotti.
Infine, va disattesa la richiesta avanzata dalla parte civile, di liquidazione
6 GLYPH
delle spese di patrocinio nel giudizio di Cassazione.
A tal proposito va rimarcato che la parte civile ha diritto di ottenere la liquidazione delle spese processuali quando abbia effettivamente esplicato un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione.
Tale attività non si rinviene nel caso in esame, così che la richiesta di liquidazione non può avere alcun seguito.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Rigetta la richiesta di liquidazione delle spese avanzata dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE
Così è deciso, 25/10/2024
GLYPH
Il Consigliere estensore
Il Presidente
NOME COGNOME
GLYPH
NOME COGNOME
n
I
n