Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 18784 Anno 2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data Udienza: 06/05/2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 18784 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Composta da
– Presidente –
NOME
CC – 06/05/2025
R.G.N. 4042/2025
NOME COGNOME
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME nata a Torre Annunziata il 13/01/1972 avverso la sentenza del 11/11/2024 della Corte d’appello di Roma
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso presentato nell’interesse di NOME COGNOME
rilevato in via preliminare che la difesa dell’imputata ha comunicato di aderire alla astensione dalle udienze indetta dalle Camere Penali per la data odierna;
che l’odierna udienza non prevede la possibilità della partecipazione delle parti all’udienza camerale;
che questa Corte di legittimità con un principio dettato in materia di disciplina emergenziale pandemica ma certamente estensibile alla situazione qui in esame ha già avuto modo di chiarire che «Nel giudizio di cassazione celebrato secondo la disciplina emergenziale pandemica, in assenza di tempestive richieste di discussione orale, Ł priva di effetti l’istanza di rinvio presentata dal difensore che dichiari di aderire all’astensione collettiva proclamata dai competenti organismi di categoria, non avendo l’istante diritto di partecipare all’udienza camerale (Sez. 5, n. 26764 del 20/04/2023, COGNOME, Rv. 284786 – 01);
rilevato che con la sentenza qui impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza in data 4 luglio 2024 del Tribunale di Cassino con la quale era stata affermata la penale responsabilità dell’imputata in relazione ai reati di rapina impropria e di lesioni personali volontarie aggravate commessi in Cassino il 26 aprile 2024;
considerato che la difesa dell’imputata con il ricorso qui in esame ha dedotto:
violazione di legge e vizi di motivazione in relazione alla qualificazione giuridica del fatto soffrendo l’imputata di uno stato di depressone e comunque essendo la violenza stata posta in essere quando la merce prelevata dall’imputata era già a terra, con la conseguenza che il reato in contestazione dovrebbe essere derubricato in quello di furto semplice;
b) violazione di legge e vizi di motivazione in relazione al mancato riconoscimento dell’attenuante della tenuità del fatto, al negato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata nonchØ, piø in generale, in relazione al trattamento sanzionatorio riservato all’imputata;
rilevato che , quanto al primo motivo di ricorso nel quale si contesta la correttezza della motivazione posta a base della dichiarazione di responsabilità denunciando sostanzialmente il travisamento del fatto in cui sarebbero incorsi i giudici del merito quale risultato di una diversa ricostruzione storica dei fatti e rilevanza e attendibilità delle prove, non Ł consentito dalla legge, stante la preclusione per la Corte di cassazione di sovrapporre la propria valutazione delle risultanze processuali a quella compiuta nei precedenti gradi di merito;
che , con motivazione esente da vizi logici e giuridici, i giudici di entrambi i gradi di merito con sentenza in cd. ‘doppia conforme’ hanno esplicitato le ragioni del loro convincimento nella ricostruzione dei fatti e spiegato le ragioni per le quali la tesi difensiva dell’imputata Ł del tutto inverosimile (si veda, in particolare, penultima pagina della sentenza di appello) facendo applicazione di corretti argomenti giuridici ai fini della dichiarazione della responsabilità e della sussistenza del reato di rapina che – osserva l’odierno Collegio – Ł stato correttamente qualificato sulla base delle circostanze probatoriamente accertate;
considerato altresì che anche la motivazione adottata dai giudici di merito relativa al mancato riconoscimento dell’attenuante della tenuità del fatto, al negato giudizio di prevalenza delle circostanze attenuanti generiche sulla recidiva contestata nonchØ, piø in generale, in relazione al trattamento sanzionatorio riservato all’imputata, Ł congrua e logica;
che il motivo di ricorso che contesta il giudizio di comparazione fra opposte circostanze non Ł consentito in sede di legittimità ed Ł manifestamente infondato implicando una valutazione discrezionale tipica del giudizio di merito che sfugge al sindacato di legittimità qualora non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico e sia sorretta da sufficiente motivazione, tale dovendo ritenersi quella che, per giustificare la soluzione dell’equivalenza, si sia limitata a ritenerla la piø idonea a realizzare l’adeguatezza della pena irrogata in concreto (Sez. U, n. 10713 del 25/02/2010, COGNOME, Rv. 245931);
che le conclusioni ragionate e argomentate dei giudici del merito in relazione all’invocata circostanza attenuante della tenuità del fatto e piø in generale al trattamento sanzionatorio (si veda ultima pagina della sentenza impugnata) sono incensurabili in quanto sorrette da sufficiente e non illogica motivazione e da adeguato esame delle deduzioni difensive ;
che, tra l’altro , deve ribadirsi come, secondo l’indirizzo consolidato della giurisprudenza di legittimità, la graduazione del trattamento sanzionatorio, anche in relazione agli aumenti e alle diminuzioni previsti per le circostanze aggravanti ed attenuanti e a titolo di continuazione, oltre che per fissare la pena base, rientra nel potere discrezionale del giudice di merito, che lo esercita, in aderenza ai principi enunciati negli artt. 132 e 133 cod. pen., cosicchØ nel giudizio di cassazione non Ł consentita dalla legge la censura che miri ad una nuova valutazione della congruità della pena, la cui determinazione, come nel caso di specie, non sia frutto di arbitrio o di ragionamento illogico;
che, dunque, l’onere argomentativo del giudice di merito in relazione al trattamento sanzionatorio, con specifico riguardo a tutti i suddetti profili di censura, Ł stato adeguatamente assolto, esponendo corrette ed incensurabili ragioni logiche e giuridiche (si veda pag. 7 della impugnata sentenza);
rilevato , pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa
delle ammende.
P.Q.M
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 06/05/2025.
Il Presidente NOME COGNOME