Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 24551 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 24551 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 03/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: NOME COGNOME nato il 25/04/2000
avverso la sentenza del 16/10/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di Bright Pius;
ritenuto che il primo motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione degli artt. 530 cod. proc. pen. e dell’art. 628 cod. pen., nonché il vizio di motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza dell’elemento soggettivo del contestato delitto di rapina impropria, non è formulato in termini consentiti dalla legge in questa sede, poiché meramente riproduttivo di profili di censura già dedotti in appello e congruamente esaminati e disattesi dalla Corte territoriale e, dunque, privi di critica argomentata rispetto alle ragioni poste a base della motivazione della sentenza impugnata;
che, infatti, con corrette argomentazioni logiche e giuridiche, i giudici di appello, alla luce della vicenda fattuale accertata, hanno correttamente ritenuto sussistente in capo all’odierno ricorrente il coefficiente doloso richiesto ai fini della configurabilità della fattispecie della rapina impropria, a fronte del contegno violento, funzionale a resistere ai tentativi della vittima di recuperare il cellulare di cui egli si era impossessato, e della non ravvisabilità di condizioni in grado di escludere la capacità del Pius di comprendere il disvalore sotteso a tale condotta (si vedano le pagg. 8 e 9 della impugnata sentenza);
considerato che il secondo motivo di ricorso, con cui si lamenta la mancata riqualificazione del fatto ascritto all’odierno ricorrente nel reato di cui all’art. 61 cod. pen., è manifestamente infondato, alla luce della ricostruzione fattuale operata dalla Corte di appello che ha configurato la condotta dell’imputato come sorretta dall’intenzione di assicurarsi il possesso del bene sottratto;
ritenuto che il terzo motivo di ricorso, con cui si censura il mancato riconoscimento dell’attenuante della lieve entità del delitto di rapina, prevista dalla sentenza della Corte costituzionale pronunciata il 13/05/2024 n. 86 non è consentito poiché l’invocata diminuente, già proponibile nel giudizio di appello celebrato in data 16/10/2024, non è stata prospettata in quella sede con motivi aggiunti ovvero in sede di formulazione delle conclusioni (cfr. in motivazione Sez. 2, n. 44819 del 20/11/2024, Rodi, non massimata);
che, invero, più in generale, va ribadito che il mancato esercizio del poteredovere del giudice di appello di applicare d’ufficio una o più circostanze attenuanti, non accompagnato da alcuna motivazione, non può costituire motivo di ricorso in cassazione per violazione di legge o difetto di motivazione, qualora l’imputato, nell’atto di appello o in sede di conclusioni del giudizio di appello, non abbia formulato una richiesta specifica, con preciso riferimento a dati di fatto astrattamente idonei all’accoglimento della stessa, rispetto alla quale il giudice debba confrontarsi con motivazione sul punto (Sez. 3, n. 10085 del 21/11/2019,
dep. 2020, G., Rv. 279063 – 02; Sez. 7, ord. n. 16746 del 13/01/2015, COGNOME
Rv. 263361);
ritenuto che il quarto motivo di ricorso, con cui si censura violazione di legge
e vizio di motivazione in ordine al mancato riconoscimento del vincolo della continuazione tra il reato oggetto del presente procedimento e quello giudicato
con sentenza divenuta irrevocabile dalla Corte di appello di Brescia, non è
consentito in sede di legittimità, oltre che manifestamente infondato, poiché la valutazione circa la sussistenza dei presupposti per la configurabilità di un
medesimo disegno criminoso tra reati attribuiti al medesimo soggetto agente rientra nella discrezionalità del giudice di merito ed è, dunque, insindacabile
davanti a questa Corte se sorretta, da adeguata e non illogica motivazione;
che, nel caso di specie, la Corte di appello ha esplicato congrue e non
contraddittorie ragioni in ordine alla assenza di una programmazione unitaria tra i due illeciti (si veda pag. 9 della impugnata sentenza);
ritenuto, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso, il 3 giugno 2025.