Rapina Impropria: L’Importanza dei Motivi d’Appello per Evitare l’Inammissibilità
L’ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Penale, analizza un caso di rapina impropria chiarendo un fondamentale principio processuale: i motivi di ricorso per Cassazione devono essere stati precedentemente sollevati in sede di appello, pena l’inammissibilità. Questa pronuncia offre spunti cruciali sull’importanza della strategia difensiva fin dai primi gradi di giudizio.
I Fatti di Causa
Il caso trae origine da un ricorso presentato alla Corte di Cassazione da un imputato, condannato dalla Corte d’Appello di Brescia per un reato qualificato come tentata rapina impropria. L’unico motivo di ricorso si concentrava sulla presunta violazione di legge in merito, appunto, alla qualificazione giuridica del fatto. L’imputato sosteneva che i fatti contestati non integrassero gli estremi della rapina impropria.
La Decisione della Corte di Cassazione sulla rapina impropria
La Suprema Corte ha emesso una decisione netta: il ricorso è stato dichiarato inammissibile. Di conseguenza, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende. La decisione, pur essendo di natura processuale, ha anche toccato il merito della questione, ribadendo l’orientamento consolidato sul tema della rapina impropria.
Le Motivazioni: Una Duplice Ragione per la Decisione
La Corte ha basato la sua decisione su due pilastri argomentativi, uno di carattere procedurale e l’altro di carattere sostanziale.
Il Vizio Procedurale: La Mancata Deduzione in Appello
Il fulcro della decisione risiede nell’applicazione dell’articolo 606, comma 3, del codice di procedura penale. Questa norma stabilisce che i motivi di ricorso non possono essere proposti per la prima volta in Cassazione se non sono stati precedentemente dedotti come motivi di appello. La Corte ha verificato che, nel caso di specie, la censura relativa alla qualificazione giuridica del fatto come rapina impropria non era stata sollevata nel precedente grado di giudizio. Tale omissione ha reso il motivo di ricorso inammissibile, impedendo ai giudici di legittimità di entrare nel merito della questione sollevata.
Il Principio di Diritto sulla Tentata Rapina Impropria
Pur dichiarando l’inammissibilità per ragioni procedurali, la Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio di diritto consolidato. Citando una precedente sentenza (n. 35134 del 2022), ha ricordato che si configura il tentativo di rapina impropria quando l’agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione di un bene (non portati a compimento per cause indipendenti dalla sua volontà), utilizza violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità. La Corte ha sottolineato che questa dinamica corrispondeva esattamente a quella verificatasi nel caso concreto, rafforzando implicitamente la correttezza della decisione dei giudici di merito.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Pronuncia
Questa ordinanza è un monito sull’importanza della strategia processuale. Dimostra che la difesa penale deve essere completa e articolata sin dal primo grado di impugnazione. Omettere un motivo di appello significa precludersi la possibilità di farlo valere successivamente davanti alla Corte di Cassazione, anche se potenzialmente fondato. La decisione evidenzia come un errore procedurale possa avere conseguenze definitive, impedendo un esame di merito e portando alla conferma della condanna con l’aggiunta di ulteriori spese.
Perché il ricorso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché il motivo presentato, relativo alla qualificazione giuridica del reato di rapina impropria, non era stato sollevato nel precedente grado di appello, come previsto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, del codice di procedura penale.
Cosa si intende per tentativo di rapina impropria secondo la Corte?
Secondo l’orientamento consolidato della Corte, si configura il tentativo di rapina impropria quando un soggetto, dopo aver compiuto atti idonei a sottrarre un bene senza riuscirci per cause esterne alla sua volontà, usa violenza o minaccia per garantirsi la fuga e l’impunità.
Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
Oltre a vedere il suo ricorso respinto, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6893 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6893 Anno 2025
Presidente: IMPERIALI NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 14/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il 24/08/1980
avverso la sentenza del 10/04/2024 della CORTE APPELLO di BRESCIA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Letto il ricorso di NOME COGNOME
considerato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si deduce la violazione di legge in ordine alla qualificazione giuridica del fatto nel reato di rapina impropria contestato, non è consentito in sede di legittimità perché la censura non risulta essere stata previamente dedotta come motivo di appello, secondo quanto è prescritto a pena di inammissibilità dall’art. 606, comma 3, cod. proc. pen., come si evince dal riepilogo dei motivi di gravame riportato nella sentenza impugnata (si vedano pagg. 3 e 4), che il ricorrente avrebbe dovuto contestare specificamente nell’odierno ricorso, se incompleto o comunque non corretto;
che, secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza di questa Corte, è configurabile il tentativo di rapina impropria nel caso in cui l’agente, dopo aver compiuto atti idonei alla sottrazione della cosa altrui, non portati a compimento per cause indipendenti dalla propria volontà, adoperi violenza o minaccia per assicurarsi l’impunità (Sez. 2, n. 35134 del 25/03/2022, COGNOME, Rv. 283847 01), come avvenuto nella specie;
rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso, in data 14 gennaio 2025
Il Con iglier estensore
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Il Preside