Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 12026 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 12026 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME ( CUI CODICE_FISCALE), nato a TIMISOARA (ROMANIA) il 09/05/1993
avverso la sentenza del 09/09/2024 del TRIBUNALE di Savona udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria della Procura Generale che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 09/09/2024 il Tribunale di Savona, su richiesta dell’imputato, formalizzata alla presenza del difensore di fiducia, ha applicato a NOME COGNOME in relazione ai fatti di rapina impropria a lui ascritti, la pena di
anni 1 e mesi 8 di reclusione ed euro 400 di multa, su cui era stato acquisito il consenso del PM;
ricorre per cassazione il COGNOME tramite il difensore di fiducia che deduce:
2.1 erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 56 e 624 cod. pen. ed erronea qualificazione giuridica del fatto:
rileva che la motivazione della sentenza impugnata non è coerente, quanto all’inquadramento giuridico della vicenda, con l’insegnamento delle SS.UU. 52117 del 2014 che aveva deciso su una condotta di furto su presupposti tuttavia analoghi, ovvero che il proprietario non ha mai effettivamente perso il controllo del bene; aggiunge che la qualificazione in termini di tentato furto si imponeva anche alla luce dell’assoluta inconsistenza della presunta minaccia che il ricorrente avrebbe posto in atto in un luogo diverso da quello in cui era avvenuta la sottrazione; segnala, a tal proposito, che non era stato rinvenuto alcun coltello e che anzi le persone offese non avevano avuto alcuna remora a strappare dalle mani dell’imputato lo zainetto al cui interno era custodito il telefonino intimando la restituzione anche dei pacchetto di sigarette e del power bank;
2.2 erronea applicazione della legge penale in relazione agli artt. 56 e 628 comma 2, cod. pen.: in subordine, rileva che il Tribunale avrebbe comunque dovuto ritenere configurabile l’ipotesi della tentata rapina;
2.3 per l’ipotesi di ritenuta fondatezza del primo o del secondo motivo: violazione degli artt. 133 cod. pen. e 27 Cost. con riferimento all’art. 448, comma 2-bis cod. proc. pen.;
2.4 illegalità della pena ed inosservanza o erronea applicazione dell’art. 628, comma 2, cod. pen.: richiama la sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale segnalando come l’oggetto dell’appropriazione consistesse in uno zainetto al cui interno erano custoditi un telefono cellulare, una power bank, una converse in plastica ed un pacchetto di sigarette e, per altro verso, le stesse modalità della condotta erano state tali da consentire la qualificazione della vicenda nell’ambito della ipotesi “lieve”;
la Procura Generale ha trasmesso la requisitoria scritta concludendo per l’inammissibilità del ricorso;
Con memoria trasmessa in data 20/01/2025 la difesa ha insistito per l’accoglimento del ricorso opponendosi ad ogni contrario avviso del PG nelle rassegnande conclusioni;
in data 27/01/2025 la difesa ha trasmesso una ulteriore memoria contestando le conclusioni del PG ed insistendo, in particolare, sull’applicazione della ipotesi di lieve entità di cui alla sentenza n. 86 del 2024 della Corte Costituzionale.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
La difesa propone, invero, una questione non consentita poiché la possibilità di ricorrere per cassazione deducendo, ai sensi dell’art. 448, comma 2bis, cod. proc. pen., l’erronea qualificazione giuridica del fatto contenuto in sentenza è limitata ai soli casi di errore manifesto, configurabile quando tale qualificazione risulti, con indiscussa immediatezza e senza margini di opinabilità, palesemente eccentrica rispetto al contenuto del capo di imputazione, sicché è inammissibile l’impugnazione che denunci, in modo aspecifico e non autosufficiente, una violazione di legge non immediatamente evincibile dal tenore dei capi di imputazione e dalla motivazione della sentenza (cfr., tra le altre, Sez. 2, n. 14377 del 31/03/2021, COGNOME NOME COGNOME Rv. 281116 COGNOME 01; Sez. 4, n. 13749 del 23/03/2022, COGNOME, Rv. 283023 – 01).
Nel caso di specie, il ricorso evoca una serie di elementi fattuali che non emergono dalla lettura della sentenza e dei quali, pur essendo allegati all’atto di impugnazione, non è possibile una rivalutazione ed una rilettura finalizzata ad un inquadramento giuridico diverso del fatto.
Tanto premesso, è tuttavia opportuno ribadire che nella rapina impropria, la violenza o la minaccia possono realizzarsi anche in luogo diverso da quello della sottrazione della cosa e in pregiudizio di persona diversa dal derubato, sicché, per la configurazione del reato, non è richiesta la contestualità temporale tra sottrazione e uso della violenza o minaccia, essendo sufficiente che tra le due diverse attività intercorra un arco temporale tale da non interrompere l’unitarietà dell’azione volta ad impedire al derubato di tornare in possesso delle cose sottratte o di assicurare al colpevole l’impunità (cfr., Sez. 7, n. 34056 del 29/05/201, Belegrouh, Rv. 273617 – 01; Sez. 2, n. 43764 del 04/10/2013, COGNOME, Rv. 257310 – 01)
Per altro verso, è altrettanto pacifico che la minaccia necessaria ad integrare l’elemento oggettivo della rapina può consistere, con una valutazione da
effettuarsi ex antea, in qualsiasi comportamento deciso, perentorio e univoco dell’agente che sia astrattamente idoneo a produrre l’effetto di turbare o diminuire la libertà psichica e morale del soggetto passivo (cfr., Sez. 2, n. 48955 del 11/09/2019, R., Rv. 277783 – 01).
Né l’episodio poteva essere ricondotto all’ipotesi del tentativo di rapina impropria, atteso che, ai fini della consumazione, non è necessario che l’agente abbia conseguito il possesso della cosa mobile altrui, essendo sufficiente che ne abbia semplicemente compiuto la sottrazione, rispetto alla cui sussistenza non assume rilievo in senso contrario il controllo del personale di vigilanza, siccome idoneo ad eventualmente impedire soltanto la successiva acquisizione di un’autonoma disponibilità (cfr., tra le altre, Sez. 2, n . . 15584 del 12/02/2021, COGNOME, Rv. 281117 – 01; Sez. 2, n. 11135 del 22/02/2017, Tagaswill, Rv. 269858 – 01).
Da ultimo, rileva il collegio che non è deducibile, in questa sede, la riconducibilità del fatto nell’ipotesi “lieve” della rapina frutto della declaratoria di illegittimità costituzionale dell’art. 628 cod. pen. intervenuta con la ormai nota sentenza n. 86 del 2024.
È sufficiente, a tal fine, rilevare che l’accordo processuale è intervenuto in data 09/09/2024; la decisione del giudice delle leggi è stata assunta nella camera di consiglio del 16/04/2024 laddove la sentenza è stata depositata il 13/05/2024 e pubblicata nella G.U. n. 20 del 15/05/2024.
L’imputato, dunque, non può lamentare la mancata considerazione, da parte del giudice, di una circostanza attenuante – quale quella introdotta con la predetta declaratoria di illegittimità costituzionale – che, pur deducibile, non lo sia stato e non abbia in tal modo formato oggetto dell’accordo (cfr., così, Sez. 5, n. 17982 del 18/05/2020, Benjezia, Rv. 279117 – 01, in cui la Corte ha ribadito che è inammissibile, ai sensi dell’art. 448, comma 2-bis, cod. proc. pen., il ricorso per cassazione con cui si deduca l’omessa applicazione di circostanze attenuanti non menzionate nella richiesta di applicazione di pena).
L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., della somma – che si stima equa – di euro 3.000 in favore della Cassa delle Ammende, in difetto di presupposti per l’esonero.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così è deciso, 18/02/2025